Cagliari capoluogo della Regione
Sardegna. Cattedrale di Santa Maria. Costruita nel XIII sec. in stile romanico-pisano, subì
nel corso dei secoli varie trasformazioni in stile gotico, barocco e
neoromanico. L'interno della chiesa, con pianta a croce latina, si presenta a
tre navate con transetto e cappelle laterali. Nel braccio destro, all'interno
della cappella aragonese, è custodita una preziosa reliquia: una spina che si
vuole appartenesse alla corona di Gesù, che giunse a Cagliari nel 1527 insieme
ad altre reliquie ed opere d'arte trafugate da varie chiese di Roma e dallo
stesso appartamento pontificio. Poco prima di giungere in porto, la nave si
imbatté in una tempesta, e chi era a conoscenza della presenza del prezioso
carico, spinto forse dalla convinzione che la tempesta fosse espressione della
collera divina per i furti sacrileghi, confessò il fatto ad alcuni religiosi
presenti sulla nave, che giunti a Cagliari informarono l'arcivescovo
dell'accaduto. Il papa Clemente VII, venuto a conoscenza dei fatti, decise
comunque di lasciare in dono alla Cattedrale di Cagliari alcune reliquie, tra
cui la Sacra Spina e un trittico fiammingo del XV secolo attribuito al pittore
Rogier Van der Weyden; entrambi vengono esposti durante la festa
dell'Assunzione.
venerdì 31 agosto 2018
giovedì 30 agosto 2018
Viareggio, provincia di Lucca in Toscana. Chiesa di Sant'Andrea, via Sant’Andrea 55.
Viareggio, provincia
di Lucca in Toscana. Chiesa di Sant'Andrea, via Sant’Andrea 55. La chiesa
di Sant'Andrea si trova nella parte vecchia di Viareggio, in via Sant'Andrea
55. Nel 1836 il Duca di Lucca Carlo Ludovico di Borbone decretò la costruzione
di una nuova parrocchia a Viareggio, che venne dedicata a Sant'Andrea. Nel 1839
la parrocchia venne assegnata ai Servi di Maria; l'anno successivo Papa Gregorio
XVI emanava un breve pontificio con il quale assegnava in perpetuo la chiesa e
la parrocchia ai Serviti. L'edificio venne costruito insieme all'annessa
canonica nel 1842 su disegno dell'ingegnere Michele Cervelli di Lucca. In
quell'anno l'arcivescovo di Lucca Gian Domenico Stefanelli emanò il decreto per
istituire la nuova parrocchia scorporando da quella della chiesa di
Sant'Antonio. L'ingegnere Cervelli, nella spoglia composizione dell'edificio,
improntata al severo classicismo della Restaurazione, realizzò perfettamente un
linguaggio architettonico decoroso e funzionale a un tempo: quel linguaggio che
nelle intenzioni della committenza pubblica doveva contraddistinguere
l'edilizia di neonato centro marittimo di Viareggio. All'interno della chiesa
si trovano interessanti opere d'arte e numerose reliquie. Qui operò ed è sepolto
sant'Antonio Maria Pucci. Nel giugno del 1963 è stata elevata alla dignità di
basilica minore.
mercoledì 29 agosto 2018
Bologna, capoluogo della regione Emilia e Romagna. La CHIESA DEI SANTI BARTOLOMEO E GAETANO.
Bologna, capoluogo della regione
Emilia e Romagna. La
CHIESA DEI SANTI BARTOLOMEO E GAETANO.
Si trova a Bologna, nelle immediate adiacenze delle Due torri. Nell'ottobre del
1924 papa Pio XI l'ha elevata alla dignità di basilica minore. La tradizione
parla di una chiesa dedicata a san Bartolomeo già nel V secolo, eretta da san
Petronio sulle fondazioni di una chiesa paleocristiana. Nel luogo in cui sorge
la basilica odierna, esisteva nel XIII invece una chiesa di modeste dimensioni,
con la facciata rivolta a Piazza di Porta Ravegnana. Nel 1599 i padri Teatini
subentrarono nella reggenza della chiesa, e diedero l'avvio, dal 1627, ad una
completa ristrutturazione del complesso. Il disegno fu affidato a Giovanni
Battista Natali, detto il Falzetta, rivisto da Agostino Barelli, architetto del
Senato bolognese: inglobando il portico del palazzo Gozzadini, il nuovo
edificio risultava di maggiori dimensioni e con un diverso orientamento, con la
facciata rivolta su Strada Maggiore. Nel 1671 venne canonizzato San Gaetano,
fondatore dell'ordine dei Teatini, ed i Padri ne unirono il titolo a quello
dell'apostolo Bartolomeo. Le lunette del portico vennero quindi decorate con
scene della vita di San Gaetano. Venne conservato, della precedente chiesa, il
portale quattrocentesco posto sul lato rivolto alle Due Torri, e nel 1694
vennero completati il campanile e la cupola. La cuspide del campanile venne
aggiunta mezzo secolo dopo. Nella scalinata si trova un'opera a olio
dell'importante incisore bolognese Ludovico Mattioli. Sopra la porta d'ingresso
è conservato l'organo costruito da Giuseppe Colonna e restaurato negli anni '70
da Formentelli. Possiede una tastiera di 45 tasti (Do1-Do5) con ottava corta e
pedaliera di 18 tasti (Do1-La2) costantemente unita al manuale. I registri sono
azionati da manette ad incastro poste su due file parallele a destra della
tastiera a scorrimento verticale con incastro.
martedì 28 agosto 2018
Orvieto, provincia di Terni, regione Umbria. LA CHIESA DI SANT'ANDREA (E BARTOLOMEO).
Orvieto, provincia di
Terni, regione Umbria. LA CHIESA DI SANT'ANDREA (E BARTOLOMEO). La chiesa
ha una struttura a croce romana, articolata in tre navate con transetto e
abside semicircolare. La copertura delle navate è a capriate lignee, mentre
l'incrocio fra il corpo centrale e il transetto è coperto da volte a crociera
sorrette da pilastri a fascio. I muri perimetrali sono realizzati in tufo, il
pavimento in marmo. Appartiene alla chiesa la torre dodecagonale che è molto
simile a quella presente nell'Abbazia di San Severo e Martirio. All'interno vi
sono un pulpito cosmatesco, un'edicola tombale, i resti di un corpus di
affreschi che comprendono opere risalenti al ‘300, al '600, alla fine dell'800.Nella
cripta sono visibili resti delle precedenti fasi di utilizzo del complesso, che
costituisce un luogo di culto già dal periodo villanoviano. Lo strato più
notevole è quello superiore, in cui sono conservati estesi resti di mosaici
pavimentali appartenenti al XII secolo.
lunedì 27 agosto 2018
Pisa. Capoluogo di provincia della regione Toscana. Il Battistero.
Pisa. Capoluogo di
provincia della regione Toscana. Il Battistero. I lavori per la realizzazione del Battistero, il più
grande in Italia, iniziarono nel 1152 sotto le direttive dell’architetto
Diotislavi, la struttura posizionata davanti la Cattedrale, fu interamente
rivisitata da Nicola Pisano con il figlio Giovanni intorno a metà del Duecento;
i due la modificarono in stile gotico e aggiunsero una loggia e una cupola
emisferica. Al centro del Battistero di trova il Fonte Battesimale di Guido
Bigarelli da Arogno, inizialmente illuminato da una luce proveniente da
un’apertura sul soffitto, oggi coperta dalla Cupola. Il Pulpito di Nicola
Pisano (1255-1260) racconta scene della Vita di Cristo sui 5 pannelli, mentre
le colonne rappresentano le Virtù. Possiamo chiaramente percepire uno stile
classicheggiante nell’opera, non a caso Nicola Pisano viene definito un
precursore del Rinascimento.
domenica 26 agosto 2018
Messina, capoluogo dell’omonima provincia della regione Sicilia. CHIESA DI S. ANTONIO ABATE, Corso Cavour n° 137.
Messina, capoluogo dell’omonima
provincia della regione Sicilia. CHIESA DI S. ANTONIO ABATE, Corso Cavour n°
137. Sul Corso Cavour sorge la chiesa di S. Antonio Abate,
progettata dall'ing. Francesco Barbaro e costruita dai f.lli Cardillo tra il
1928 e il 1930. Prima del terremoto del 1908, sullo stesso posto, sorgeva la
chiesa dell’Annunziata dei Teatini, eretta nel ‘600 su progetto dell’architetto
modenese Guarino Guarini. Esternamente si presenta simile alla Basilica di
Superga; il suo ingresso è affiancato da quattro colonne , due per lato, che le
danno un' austerità tipica delle chiese Romane. Subito dopo
l’ingresso, sulla sinistra, in una cappelletta è custodito un Crocefisso in
cartapesta con croce in legno dell’800. L’interno, che ha
forma circolare articolata su otto colonne centrali sulle quali poggia una
grande cupola con lanternino, custodisce una statua della "Madonna con
Gesù giovanetto", attribuita alla scuola del Montorsoli; una statua
in marmo di "Maria Addolorata" ed un pregevolissimo fonte
battesimale. Le volte absidali furono affrescate dal De Pasquale, con le
raffigurazioni dello "Sposalizio della Vergine",
l’"Annunziata" e la "Natività.
sabato 25 agosto 2018
Catania capoluogo di provincia della regione Sicilia. Convitto, liceo e collegio Cutelli, via Vittorio Emanuele n° 56 .
Catania capoluogo di
provincia della regione Sicilia. Convitto, liceo e collegio Cutelli, via
Vittorio Emanuele n° 56 . Il convitto Cutelli, progettato da Francesco Battaglia e
Gian Battista Vaccarini su commissione di Mario Cutelli, è un nuovo esempio di
grande architettura settecentesca (1761). Si ha ragione di credere che nel 1756
Vaccarini si recasse a Napoli per scegliere i marmi destinati alla cappella del
Palazzo Reale di Caserta, e forse in questa visita prese conoscenza del nuovo e
più classico stile che il Vanvitelli e il Fuga andavano introducendo a Napoli.
Comunque le sue ultime opere, come il Collegio Cutelli e la Badia piccola di
San Benedetto, tradiscono la loro influenza. Nel Collegio Cutelli su via
Vittorio Emanuele, imboccato l’ingresso e superato il breve atrio coperto, si
raggiunge la corte, elemento di maggior spicco dell’intero edificio. Il piano
terra è definito da un portico circolare costituto da sedici archi a tutto
sesto, sostenuti da altrettanti pilastri cruciformi, composti da una sezione
trapezoidale con delle semicolonne appoggiate. Il dorico romano che
caratterizza la trabeazione circolare dell’atrio interno del Collegio Cutelli è
severo e monumentale come quello dell’atrio di Caserta, ma la pianta rotonda
del cortile impedisce all’insieme di essere troppo solenne. Sull’asse del
Collegio, di fronte all’ingresso, sorge uno scalone imponente, racchiuso in un
rettangolo dai vertici absidati. Esso porta iscritta la data 1779, undici anni
dopo la morte del Vaccarini, e deve quindi essere stato costruito da un suo
allievo. Ma molto probabilmente si basa su un disegno dello stesso architetto e
si accorda perfettamente con la sua ultima maniera,
più severa e classicheggiante. I pilastri della corte sostengono una lunga
balconata continua, anch’essa circolare, profonda quanto il portico
sottostante, con otto aperture di accesso. La parete del primo piano è
costituita da sedici moduli che richiamano le scansione del piano terreno con
grandi balconi alternati a finestroni, tutti decorati con elaborate
architetture in pietra bianca di Siracusa. Sopra la balconata del primo piano,
è presente un attico sagomato come una corona, decorato con vasi e conchiglie,
nella tradizione dei chiostri e dei cortili interni catanesi. Solo in piccola
parte l’edificio è dotato di un secondo piano, destinato alle abitazioni del
Rettore e del Vicerettore e ai vani ad esse annessi. Un solo dettaglio in tutto
il complesso mostra le tendenze barocche del Vaccarini: il pavimento a disegni
a raggiera in pietra bianca e lava, anche più gaio e leggero di quello del
Collegio dei Gesuiti.
venerdì 24 agosto 2018
Agrigento capoluogo dell’omonima provincia della regione Sicilia. IL TEMPIO DI ERCOLE.
Agrigento capoluogo dell’omonima provincia della regione
Sicilia. IL TEMPIO DI ERCOLE. Il
più antico tra i templi agrigentini è il Tempio di Ercole. Risalente
presumibilmente al VI secolo a. C. di esso parla Cicerone descrivendolo come
molto vicino all’agorà (oggi il piazzale del posto di ristoro). Ercole era
molto venerato dagli akragantini tanto che questi erano soliti dedicargli anche
delle feste dette “Eraclee”. Al suo interno vi era una statua di bronzo
raffigurante Ercole, venerato come eroe nazionale, il cui mento era divenuto lucido
perché veniva baciato dai fedeli. Il tempio venne distrutto, come molti altri,
a causa di un terremoto e solo intorno al 1920 si è provveduto ad innalzare le
otto colonne che oggi si possono ammirare. Costruito verso il 510 a.C., il
Tempio di Eracle/Ercole, il cosiddetto Herakleion, sorge nelle vicinanze di
Villa Aurea. E’ uno dei più antichi templi dorici della Sicilia e sicuramente
il più antico dei templi agrigentini, anteriore perfino a quello di Giove
Polieo, che ornava l’Acropoli. Il Tempio di Eracle/Ercole è famosissimo nella
storia agrigentina, per I'imponenza delle sue proporzioni e per le ricchezze
che lo adornavano. Fra queste si ricordano la celebre Alcmena dipinta da Zeusi,
e la statua in bronzo di Eracle/Ercole, che invano Verre – al dire di Cicerone
– tentò di rapire, per fonderla e farne moneta, com'era suo costume. Della
struttura originaria si conservano otto colonne del lato sud-ovest, rialzate
nel 1924. Come quasi tutti i primitivi templi dorici, anche questo era
periptero-esastilo-hipetras, cioè a colonnati e scoperto, ma aveva quindici
colonne, anziché quattordici, sui lati lunghi. Le rovine della cella mostrano
chiaramente che la sua distruzione fu causata da un terremoto. Il Tempio
misurava in lunghezza metri 73,42 e in larghezza metri 27,56, con colonne alte
più di dieci metri. Si nota la presenza, tra il pronao e la cella, di torri
scalarie per l’accesso al tetto, caratteristica poi di tutti i templi edificati
ad Akràgas, e in Sicilia. In epoca romana, la parte occidentale della cella fu
tripartita, forse perché l’edificio fu destinato al culto di una Triade Divina.
giovedì 23 agosto 2018
Savona capoluogo della provincia omonima della Liguria. La torre del Brandale.
Savona capoluogo della provincia omonima della Liguria. La
torre del Brandale. Si trova nell'area antistante la
parte più antica del porto di Savona, come le torri Corsi e Guarnieri, i resti
di una loggia privata e il Palazzo degli Anziani. Quest'ultimo risale al XIV
secolo, mentre le torri sono tutte riferibili al XII secolo. Sembra che fosse
la principale delle cinquanta torri della città sulla cima delle quali venivano
accesi fuochi, con la funzione di fari; il nome "Brandale" può
infatti derivare da "Brand", corrispondente a "luce, falò",
oppure dalla famiglia Aldobrandeschi. Nella torre, acquistata dal Comune nel
1305, è stata installata la prima campana per richiamare il popolo a
Parlamento, nel 1349. La torre è stata abbassata, nel XVI secolo, e rialzata
nel 1931. In quest'occasione, con una sottoscrizione popolare è stata
acquistata la nuova campana. La torre ha un basamento ad arcate aperte ed è
oggi alta quasi cinquanta metri. Sul primo cornicione si trovano i dodici stemmi
in ceramica delle signorie che si sono avvicendate al comando della citta dal
XII secolo. Dalla torre si accede al Palazzo degli Anziani, che costituisce,
proprio assieme alla torre, una sorta di museo lapidario con resti di affreschi
medievali, iscrizioni, rilievi marmorei, fregi che provengono da distrutti
edifici del centro storico e che risalgono a un periodo compreso tra il XIV e
il XIX secolo. Il nucleo iniziale delle collezioni è stato ordinato da Poggio
Poggi negli anni Trenta del Novecento. Completano la raccolta statuine
presepiali di pastori, mentre nell'atrio è custodita anche la parte superiore
della campana civica del 1669.
mercoledì 22 agosto 2018
Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Altare della Patria, piazza Venezia.
Roma,
regione Lazio e capitale d’Italia. Altare della Patria, piazza Venezia.
Il
Vittoriano o Altare della Patria è un monumento di grandissima valenza
simbolica che riunisce in sé tutti i valori dell’Italia risorgimentale e della
nostra Costituzione. Questo è uno dei monumenti più emblematici della storia
del nostro Paese ed è il simbolo dell’Italia del Risorgimento e della monarchia
sabauda. La prima pietra fu posta da Umberto I di Savoia nel
1885, figlio di Vittorio Emanuele II, il primo re d’Italia. La necessità era
quella di avere un monumento commemorativo estremamente simbolico per testimoniare
i cambiamenti del Paese. La scelta di costruire il Vittoriano sul Campidoglio
non è stata certo casuale: si tratta infatti del primo colle su cui, secondo la
leggenda, fu fondata Roma nonché dove fu eretto il tempio a Giove Capitolino.
Simbolicamente
fu deciso di porre il Vittoriano non lontano dal Colosseo, massimo simbolo
della Roma imperiale e in contrapposizione a San Pietro, che rappresentava il
potere temporale dei Papi. Sempre per fare da contrappeso al potere dei papi,
fu costruito pochi anni dopo il palazzo di Giustizia vicino a Castel
Sant’Angelo, da sempre prigione sotto il controllo del Vaticano e perciò
simbolo di un potere religioso che ormai doveva lasciare il posto all’Italia
unita e laica. Per il progetto del Vittoriano fu indetto un concorso pubblico,
vinto da Giovanni Sacconi, giovane architetto de Le Marche che aveva un
progetto ambizioso e di forte valenza simbolica. Per erigere il monumento molti
furono gli espropri e le distruzioni ai danni soprattutto di edifici medievali
circostanti per fare largo alla nuova costruzione. Il lavori durarono quasi 25
anni per terminarla. All’inaugurazione dell’altare della patria, risalente al
1911, erano presenti tutte le più grandi personalità dello Stato. Questo
edificio rappresenta la Patria: ai due lati, dove sorge e tramonta il sole, vi
sono due fontane con i mari Adriatico e Tirreno, come ai lati della Penisola. In
alto, sui due propilei, troneggiano le scritte in caratteri cubitali “PATRIAE
UNITATI” e “CIVIUM LIBERTATI” ovvero “All’unità della patria” e “Alla libertà
dei cittadini” che rappresentano quindi i due principi fondamentali di unità e
libertà di cui si faceva promotore il nuovo Stato. L’enorme edificio, che con
le quadrighe raggiunge gli 81 metri di altezza, è tutto decorato da gruppi
scultorei eseguiti da vari artisti che rappresentano i valori del popolo
italiano: troviamo la Forza, il Diritto, l’Azione, la Concordia, il Sacrificio
ed il Pensiero. Al centro, accanto alla tomba del Milite Ignoto, posta nel 1921
a monito e memoria dopo la Prima Guerra Mondiale, troneggia la statua di Roma.
Sullo sfondo di un mosaico dorato a simboleggiare l’importanza della nuova
capitale e la sua centralità geografica e politica; sui due lati troviamo la
rappresentazione dell’agricoltura e dell’industria, cioè il lavoro su cui
poggia l’economia del Paese e l’amor patrio su cui si fonda la società. Sul
piedistallo che sorregge l’enorme statua equestre di Vittorio Emanuele II (Riguardo
l’enorme statua equestre in bronzo, fatta nel 1910 da Enrico Chiaradia, c’è una
curiosità che sembra incredibile: quando fu terminata ospitò all’interno della
pancia del cavallo una cena per venti persone, come testimoniano foto d’epoca) troviamo
quattordici città italiane. Sopra, in corrispondenza delle colonne che fanno da
quinta al re a cavallo, vi sono invece allegorie delle sedici regioni
dell’epoca, frutto del lavoro di artisti provenienti dalla regione che
rappresentava. Due alte colonne, sormontate da vittorie alate, coronano
quest’esaltazione dell’Italia e dei suoi valori, del suo popolo e della sua
storia. L’interno del colonnato che costituisce la terrazza è decorato con
marmi e mosaici di Giulio Bargellini. Rappresentano la Fede, il Lavoro, la
Forza e la Sapienza da un lato, la Legge, il Valore, la Pace e l’Unione
dell’altro. Persino i motivi vegetali che decorano l’altare della patria hanno
un significato preciso: l’alloro rappresenta il valore, la palma la vittoria,
la quercia la forza, il mirto il sacrificio e l’ulivo la pace. La terrazza
delle quadrighe è accessibile e visitabile tramite un suggestivo ascensore a
vetri: Ti lascerà a bocca aperta la vista sulla città eterna (prezzo 7 euro,
ridotto 3,50). Da qui si gode una delle viste panoramiche più belle di Roma.
martedì 21 agosto 2018
Lucca, capoluogo di provincia della regione Toscana. Chiesa di San Michele in Foro ( Piazza San Michele).
Lucca, capoluogo di
provincia della regione Toscana. Chiesa di San Michele in Foro ( Piazza San
Michele). A completare
il nome della chiesa di San Michele è proprio il luogo in cui fu edificata: il
foro, prima centro della vita pubblica, nell'antichità, e poi cuore pulsante
della città Comunale. Su questa piazza sorse il Palatium Civitatis, il Palazzo
Pubblico, ora scomparso, costruito proprio accanto alla chiesa e poi trasferito
nella Fortezza dell'Augusta. La piazza fu lastricata per la prima volta quando
nel '400 vi fu costruito il Palazzo Pretorio, ma fra '600 e '700 fu innalzato
il piano stradale, venne pavimentata e chiusa da colonnine con catenelle. Le
case che delimitano il perimetro della piazza sono tipicamente medievali e da
più di ottocento anni stanno lì ad osservare placidamente la vita che scorre
nel cuore della città. La chiesa di San Michele, di cui le fonti parlano per la
prima volta nel 795, fu edificata proprio qui. Eretta in un luogo centrale, ma
obliqua rispetto alla piazza, come molte altre chiese di Lucca, spicca in uno
spazio enorme in cui il cielo si apre finalmente dopo il rincorrersi di anguste
e tortuose vie medievali, come una meta finalmente raggiunta: tale era per i pellegrini
che passavano per la città percorrendo la Francigena. Si fermavano a San Michele per rifocillarsi, cogliendo l'occasione per
venerare loro illustri compagni di viaggio, come San Davino, un pellegrino
Armeno in viaggio verso Santiago de Compostela, che morì proprio mentre faceva
tappa a Lucca e il cui corpo si diceva avesse acquistato poteri taumaturgici
dopo la morte. Furono varie le vicende della
chiesa di San Michele: cambiò amministrazione più volte prima di divenire
privilegio della famiglia Gigli, che contribuì a rinnovarne sia le strutture
che le suppellettili. La chiesa, così come appare oggi,
frutto della ricostruzione di XI secolo voluta da papa Alessandro, è un
palinsesto delle vicende della città: nella sua architettura pisano-lucchese si
fondono romanico e gotico, ricordi di età classica e misteriose figure tratte
dai bestiari medievali che si affollano sulla facciata dal XII secolo. Nel cantiere di San Michele, fra XIII e XIV secolo lavorarono a Lucca
illustri architetti e probabilmente, nonostante lo si deduca solo dallo stile
delle decorazioni in facciata, anche Diotisalvi, l'autore del Battistero di
Pisa. L'intento originario del progetto era quello di innalzare la chiesa, ma
si riuscì solo a creare la facciata, altissima, visibile oggi come una
scenografia che si staglia contro il cielo. Fu in questo
periodo che vennero create, dalla scuola di Guidetto da Como, che lavorò anche
per il Duomo di San Martino, le caratteristiche "loggette", decorate
con l'uso di marmi policromi, che iniziano a parlare del gotico e che sono
ovviamente influenzate dallo stile lombardo. Infine, nel
punto più alto, fu aggiunta la grande statua di San Michele Arcangelo che
abbatte il drago, con ali metalliche e due angeli con la funzione di guglie
tipicamente gotiche per rendere la chiesa, che già svettava isolata, ancora più
protesa verso l'alto.
Torino,
capoluogo di provincia del Piemonte. Il SANTUARIO DELLA CONSOLATA o
secondo la denominazione ufficiale, Chiesa di Santa Maria della Consolazione, è
una basilica cattolica ubicata a ridosso della via omonima ed è uno dei luoghi
di culto più antichi di Torino. Dedicato a Maria, invocata con il titolo di
"Consolatrice" è considerata il più importante santuario della città
e dell'Arcidiocesi di Torino, oltre che un vero capolavoro del barocco
piemontese. Alla sua costruzione si dedicarono i più illustri nomi
dell'architettura, quali Guarino Guarini, Filippo Juvarra e Carlo Ceppi. Il
santuario fu anche abituale luogo di preghiera di numerosi santi sociali
piemontesi e ha la dignità di Basilica minore.
lunedì 20 agosto 2018
Perugia capoluogo dell’omonima provincia della regione Umbria. GALLERIA NAZIONALE DELL'UMBRIA, Corso Vannucci, 19.
Perugia capoluogo dell’omonima
provincia della regione Umbria. GALLERIA NAZIONALE DELL'UMBRIA, Corso Vannucci, 19. Le collezioni della Galleria
Nazionale dell’Umbria sono ospitate dal 1878 ai piani superiori di Palazzo dei
Priori, uno dei più interessanti esempi di edilizia civile gotica in Italia. La
raccolta museale è la più esaustiva e completa della regione, per la varietà e
la molteplicità delle testimonianze artistiche pertinenti ad un arco
cronologico compreso tra il XIII e il XIX secolo. Parte dei lavori qui
conservati costituivano il ricco patrimonio ad uso didattico dell’Accademia di
Perugia, fondata nel 1573. Ad esse si aggiunsero opere donate da privati e
quelle demanializzate dopo i provvedimenti di soppressione degli ordini e delle
corporazioni religiose, emanati prima dal governo napoleonico e in seguito
dallo Stato italiano. La consistenza numerica e il valore della raccolta
portarono nel 1863 all’istituzione di una Pinacoteca Civica, intitolata a
Pietro Vannucci. Nel 1918 fu ceduta allo Stato e assunse il nome di Regia
Galleria Vannucci, poi Galleria Nazionale dell’Umbria. L’ordinamento
museografico, presentato nella sua veste definitiva nel dicembre 2006, propone
le opere in sequenza cronologica. Le testimonianze dal XIII al XV secolo sono
esposte al terzo piano, quelle dal XVI al XIX secolo sono presentate al
secondo; il percorso è intervallato da sezioni monografiche dedicate ai tessuti
umbri, all’oreficeria, alle ceramiche, alla grafica antica, alla topografia.
domenica 19 agosto 2018
Assisi, provincia di Perugia della regione Umbria. La BASILICA DI SAN FRANCESCO AD ASSISI.
Assisi, provincia di Perugia della
regione Umbria. La BASILICA DI SAN FRANCESCO AD ASSISI. La Basilica di San Francesco sorge oggi là dove il Santo
aveva scelto di essere sepolto, nella zona di Assisi che nel medioevo era nota
come "colle dell'inferno", ovvero il luogo che in quell'epoca era
destinato alle esecuzioni pubbliche. Il cantiere della Basilica di San
Francesco fu aperto nel 1228 per volontà di Papa Gregorio IX e grazie
all'attività di frate Elia, vicario dell' ordine scelto dallo stesso San
Francesco. Furono sufficienti solo due anni per
terminare la struttura architettonica della Basilica inferiore di Assisi e solo
altri sei per inaugurare la Basilica superiore di San Francesco. L'aspetto
attuale della basilica di San Francesco è tuttavia il frutto di vari interventi
fra cui è bene ricordare la realizzazione del campanile con cuspidi (1239), la
costruzione di un portico antistante la Basilica inferiore ('400) e di un atrio
in pietra ancora per il portale della Basilica inferiore (1445), l'eliminazione
delle cuspidi dal campanile (1518). L'edificio è oggi composto da due chiese
sovrapposte, quella superiore ha aspetto gotico, luminoso e slanciato , quella
inferiore invece, a cui si accede attraverso un portale gotico del 200, è bassa
ed austera. Qui l'interno ad una navata con transetto ospita gli straordinari
"affreschi allegorici" di Giotto, la "Madonna Angeli e San
Francesco" e i "Cinque Santi" di Simone Martini, gli
"Episodi della vita e della passione di Cristo", la "Madonna e
Santi" e le "Stigmate" di Lorenzetti. Ancora
opere di Simone Martini e Giotto sono rispettivamente nella prima cappella
destra con la "Vita di San Martino" e nella terza con "Santi e
storie della Madonna". Nel 1818 in seguito agli scavi sotto l'altare
furono riportate alla luce e, dopo attento esame ufficialmente riconosciute, le
spoglia del Santo; solo due anni più tardi, per volontà del Papa Pio IX, fu
avviata la costruzione della cripta in stile neoclassico nella Basilica
inferiore. L'aspetto attuale è tuttavia il frutto di un'opera di
semplificazione avvenuta intorno al 1920. La chiesa superiore ad una sola
navata con abside e raffinate vetrate del 1200 è affrescata con il ciclo
"La vita del Santo" di Giotto realizzato fra il 1296 e il 1300, con
le "Storie del Vecchio e Nuovo Testamento" della scuola del Cimabue e
nel transetto, nella crociera e nell' abside con affreschi dello stesso Cimabue
risalenti al 1277 oltre ad opere di altri maestri quali Cavallini e Torriti.
Orvieto, provincia di
Terni, regione Umbria. Orvieto è un comune italiano di 20 594 abitanti della provincia di Terni in Umbria. Orvieto
sorge su una rupe di tufo (ignimbrite di Orvieto - Bagnoregio), tra i 280
(Piazza Cahen) - 325 (S. Francesco) m s.l.m., che domina la valle del fiume
Paglia, affluente di destra del Tevere e che proprio sotto la città riceve da
sinistra il Chiani, la Chiana Romana proveniente dalla Val di chiana. Questa
enorme mesa tufacea, che si erge dai venti ai cinquanta metri dal piano della
campagna, si deve al collasso di ground sourge (nubi e valanghe ardenti)
dall'attività quaternaria dei vulcani del sistema Volsinio, relitto nella
caldera che ospita il lago vulcanico maggiore d'Europa, quello di Bolsena. Con
281 km² di superficie, è uno dei cinquanta comuni più estesi d'Italia. Il punto
più alto è il monte Peglia (837 m s.l.m.), al confine con il comune di San
Venanzo. Il territorio di Orvieto è parte della Comunità Montana Monte Peglia e
Selva di Meana e parte di esso insiste nel Parco fluviale del Tevere. Santo
Patrono: San Giuseppe. Etimologia (origine del nome): Deriva dal latino Urbs
vetus e significa "città vecchia". Alcuni ritengono che per lungo
tempo la città fu denominata Volsinii veteres.
Orvieto, provincia di
Terni, regione Umbria. PALAZZO SOLIANO. È adiacente al precedente. Viene
detto anche Palazzo di Bonifacio VIII. Contrastanti sono le notizie
sull'edificazione. Secondo alcuni è stato costruito per iniziativa di Bonifacio
stesso, secondo altri è stato costruito dagli abitanti di Orvieto in onore al
pontefice. È costituito da due grandi saloni sovrapposti, la sala inferiore è
sede del Museo Emilio Greco, la sala superiore è sede del Museo dell'Opera del
Duomo. Le due sale sono collegate da una vasta scala addossata a uno dei muri
perimetrali del palazzo.
sabato 18 agosto 2018
Perugia capoluogo dell’omonima provincia della regione Umbria. La BASILICA DI SAN DOMENICO Piazza Giordano Bruno.
Perugia capoluogo dell’omonima
provincia della regione Umbria. La BASILICA DI SAN
DOMENICO Piazza Giordano Bruno. Fondata nel 1304 e ampiamente
ricostruita su disegno di Maderno nel XVII secolo, è la più grande struttura
religiosa di tutta l'Umbria. Autentico capolavoro della scultura del XIV
secolo, conservato nella basilica, è il monumento funebre a Benedetto XI. Di
notevole pregio è anche il coro ligneo della fine del XV secolo e la vetrata
absidale del 1411, la seconda in Italia per grandezza (m 22x8) dopo quella del
duomo di Milano. Sopra le volte e sotto le due falde del tetto sussistono le
singolari "soffitte di S. Domenico", ampi vani di risulta della ricostruzione
Seicentesca, ricche di suggestioni e reperti della originaria struttura gotica,
con accesso diretto al poderoso campanile (XVI sec) con vista panoramica estesa
dalla Romagna all'Abruzzo, dalle Marche alla Toscana.
venerdì 17 agosto 2018
Torino capoluogo della regione Piemonte. Monumento al cavaliere d’Italia, piazza castello.
Torino
capoluogo della regione Piemonte. Monumento al cavaliere d’Italia, piazza
castello. Per ricordare e onorare il valore dell’Arma, nel 1922
a Roma si istituì il Comitato generale per le onoranze ai Cavalieri d’Italia
con l’intento di elevare un monumento equestre. Pochi giorni dopo il comitato,
presieduto dal Re e dal senatore Filippo Colonna, propose alla Città di Torino
di collocare l’opera in piazza Castello, dove era già ricordato il soldato
dell’Esercito Sardo; questa proposta venne accolta con orgoglio ed onore dalla Giunta
e dal Consiglio Comunale. La realizzazione del monumento venne affidata a
Pietro Canonica che si offrì di lavorare gratuitamente, mentre il bronzo
(materiale utilizzato per la costruzione dell’opera) fu offerto dal Ministero
della Guerra. Il monumento venne inaugurato, alla presenza di Re Vittorio Emanuele III,
il 21 maggio del 1923, con una carosello storico, parate dei militari e delle
associazioni. Nel 1937, per fare spazio all’opera dedicata ad Emanuele
Filiberto Duca d’Aosta, la statua venne spostata sul lato destro di Palazzo
Madama, dove è situata ancora oggi. Il
monumento equestre ritrae un militare dell’Arma della Cavalleria con le redini
in una mano e uno stendardo nell'altra. Eseguita da Pietro Canonica (1869-1959)
nel 1923, l'opera fu solennemente inaugurata nello stesso anno alla presenza
delle autorità, e poi spostata nella sua attuale posizione nel 1937. Il monumento rappresenta un soldato a cavallo su un piedistallo di granito,
che poggia su un basamento a gradoni. Il cavaliere dall’aria vigile, scruta
l’orizzonte volgendo lo sguardo alla sua destra mentre con il fucile in spalla,
con una mano tiene le redini e con l’altra uno stendardo; la posa del destriero
e del suo cavaliere è rilassata, lontana dalle immagini stereotipate di nobili
cavalieri che caricano al galoppo. Di contorno al basamento vi sono una serie
di alto rilievi con fregi militari. Con il termine Cavalleria si è soliti
indicare le unità militari montate a cavallo. Essa ebbe origini molto antiche,
venne infatti da sempre impiegata per l’esplorazione dei territori, per azioni
in battaglia dove venisse richiesta molta mobilità e velocità nell’attacco e fu
anche strategicamente determinante in alcune battaglie. In seguito cominciò ad
evidenziare i suoi limiti con il perfezionamento delle armi da fuoco e
l’avvento dei treni e degli autoveicoli.
giovedì 16 agosto 2018
Abbazia di San Lorenzo a Coltibuono in Chianti, Loc. Badia a Coltibuono, Gaiole In Chianti, provincia di Siena, regione Toscana.
Abbazia di
San Lorenzo a Coltibuono in Chianti, Loc. Badia a Coltibuono, Gaiole In Chianti,
provincia di Siena, regione Toscana. Siamo in Chianti nelle vicinanze di Montegrossi, dove nel 770 il
fiorentino Geremia de' Firidolfi costruì il nucleo primigenio di quello che fu
l'Abbazia di San Lorenzo a Coltibuono (oggi badia). La chiesa di Coltibuono,
dedicata a San Lorenzo, fu fondata, secondo la leggenda, da Geremia dei
Firidolfi. Esisteva già nel X secolo ed é sempre stata legata alla famiglia dei
Firidolfi, che nel 1049 vi istituì una comunità di canonici regolari sotto il suo
patronato. Coltibuono, trasformato in monastero, si arrricchì con un cospicuo
patrimonio immobiliare, come testimoniato da numerose carte del convento e dal
1095 fu inserito nella congregazione di Vallombrosa; nel 1160 Ugo Ricasoli fece
costruire il campanile della chiesa. Dopo il 1239, anno in cui l'abbazia fu
presa sotto la protezione di Firenze, iniziò un lungo periodo di decadenza. Nel
XV secolo la crisi di Coltibuono si accentuò e, secondo l'uso del tempo, il patrimonio
ecclesiastico fu amministrato da laici tramite un commenda. Alla fine del 1400
Lorenzo il Magnifico, nonostante le resistenze dei patroni Ricasoli, ottenne
per il figlio Giovanni, futuro papa Leone X, la commenda di San Lorenzo a
Coltibuono. Con la cacciata dei Medici e l'elezione di papa Alessandro VI, i
Ricasoli sperarono di recuperare il privilegio, ma nel 1502 l'abate di
Vallombrosa, appoggiato dalla repubblica fiorentina, riuscì ad espellerli
definitivamente riconoscendo all'antica casata solo uno "Jus
Honorificum". Successivamente l'Abbazia fu donata a San Giovanni Gualberto
passando sotto i possedimenti dell'Ordine Vallombrosiano. La chiesa ha
pianta a croce latina con abside semicircolare. Il campanile merlato fu
costruito nel 1160. La navata conserva la falsa volta settecentesca mentre le
volte a botte dei bracci del transetto sono originali. All'interno della
chiesa sono presenti diversi affreschi e stucchi di origine settecentesca
(barocca). Nel 1810 in seguito al deleterio editto emesso da Napoleone, il
convento venne chiuso e trasformato in fattoria!, mentre la badia fu declassata
a semplice chiesa parrocchiale.
mercoledì 15 agosto 2018
Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Altare della Patria, piazza Venezia.
Roma,
regione Lazio e capitale d’Italia. Altare della Patria, piazza Venezia.
Il
Vittoriano o Altare della Patria è un monumento di grandissima valenza
simbolica che riunisce in sé tutti i valori dell’Italia risorgimentale e della
nostra Costituzione. Questo è uno dei monumenti più emblematici della storia
del nostro Paese ed è il simbolo dell’Italia del Risorgimento e della monarchia
sabauda. La prima pietra fu posta da Umberto I di Savoia nel
1885, figlio di Vittorio Emanuele II, il primo re d’Italia. La necessità era
quella di avere un monumento commemorativo estremamente simbolico per testimoniare
i cambiamenti del Paese. La scelta di costruire il Vittoriano sul Campidoglio
non è stata certo casuale: si tratta infatti del primo colle su cui, secondo la
leggenda, fu fondata Roma nonché dove fu eretto il tempio a Giove Capitolino.
Simbolicamente
fu deciso di porre il Vittoriano non lontano dal Colosseo, massimo simbolo
della Roma imperiale e in contrapposizione a San Pietro, che rappresentava il
potere temporale dei Papi. Sempre per fare da contrappeso al potere dei papi,
fu costruito pochi anni dopo il palazzo di Giustizia vicino a Castel
Sant’Angelo, da sempre prigione sotto il controllo del Vaticano e perciò
simbolo di un potere religioso che ormai doveva lasciare il posto all’Italia
unita e laica. Per il progetto del Vittoriano fu indetto un concorso pubblico,
vinto da Giovanni Sacconi, giovane architetto de Le Marche che aveva un
progetto ambizioso e di forte valenza simbolica. Per erigere il monumento molti
furono gli espropri e le distruzioni ai danni soprattutto di edifici medievali
circostanti per fare largo alla nuova costruzione. Il lavori durarono quasi 25
anni per terminarla. All’inaugurazione dell’altare della patria, risalente al
1911, erano presenti tutte le più grandi personalità dello Stato. Questo
edificio rappresenta la Patria: ai due lati, dove sorge e tramonta il sole, vi
sono due fontane con i mari Adriatico e Tirreno, come ai lati della Penisola. In
alto, sui due propilei, troneggiano le scritte in caratteri cubitali “PATRIAE
UNITATI” e “CIVIUM LIBERTATI” ovvero “All’unità della patria” e “Alla libertà
dei cittadini” che rappresentano quindi i due principi fondamentali di unità e
libertà di cui si faceva promotore il nuovo Stato. L’enorme edificio, che con
le quadrighe raggiunge gli 81 metri di altezza, è tutto decorato da gruppi
scultorei eseguiti da vari artisti che rappresentano i valori del popolo
italiano: troviamo la Forza, il Diritto, l’Azione, la Concordia, il Sacrificio
ed il Pensiero. Al centro, accanto alla tomba del Milite Ignoto, posta nel 1921
a monito e memoria dopo la Prima Guerra Mondiale, troneggia la statua di Roma.
Sullo sfondo di un mosaico dorato a simboleggiare l’importanza della nuova
capitale e la sua centralità geografica e politica; sui due lati troviamo la
rappresentazione dell’agricoltura e dell’industria, cioè il lavoro su cui
poggia l’economia del Paese e l’amor patrio su cui si fonda la società. Sul
piedistallo che sorregge l’enorme statua equestre di Vittorio Emanuele II (Riguardo
l’enorme statua equestre in bronzo, fatta nel 1910 da Enrico Chiaradia, c’è una
curiosità che sembra incredibile: quando fu terminata ospitò all’interno della
pancia del cavallo una cena per venti persone, come testimoniano foto d’epoca) troviamo
quattordici città italiane. Sopra, in corrispondenza delle colonne che fanno da
quinta al re a cavallo, vi sono invece allegorie delle sedici regioni
dell’epoca, frutto del lavoro di artisti provenienti dalla regione che
rappresentava. Due alte colonne, sormontate da vittorie alate, coronano
quest’esaltazione dell’Italia e dei suoi valori, del suo popolo e della sua
storia. L’interno del colonnato che costituisce la terrazza è decorato con
marmi e mosaici di Giulio Bargellini. Rappresentano la Fede, il Lavoro, la
Forza e la Sapienza da un lato, la Legge, il Valore, la Pace e l’Unione
dell’altro. Persino i motivi vegetali che decorano l’altare della patria hanno
un significato preciso: l’alloro rappresenta il valore, la palma la vittoria,
la quercia la forza, il mirto il sacrificio e l’ulivo la pace. La terrazza
delle quadrighe è accessibile e visitabile tramite un suggestivo ascensore a
vetri: Ti lascerà a bocca aperta la vista sulla città eterna (prezzo 7 euro,
ridotto 3,50). Da qui si gode una delle viste panoramiche più belle di Roma.
martedì 14 agosto 2018
Messina, capoluogo dell’omonima provincia della regione Sicilia. CHIESA DI S. ANTONIO ABATE, Corso Cavour n° 137.
Messina, capoluogo dell’omonima
provincia della regione Sicilia. CHIESA DI S. ANTONIO ABATE, Corso Cavour n°
137. Sul Corso Cavour sorge la chiesa di S. Antonio Abate,
progettata dall'ing. Francesco Barbaro e costruita dai f.lli Cardillo tra il
1928 e il 1930. Prima del terremoto del 1908, sullo stesso posto, sorgeva la
chiesa dell’Annunziata dei Teatini, eretta nel ‘600 su progetto dell’architetto
modenese Guarino Guarini. Esternamente si presenta simile alla Basilica di
Superga; il suo ingresso è affiancato da quattro colonne , due per lato, che le
danno un' austerità tipica delle chiese Romane. Subito dopo
l’ingresso, sulla sinistra, in una cappelletta è custodito un Crocefisso in
cartapesta con croce in legno dell’800. L’interno, che ha
forma circolare articolata su otto colonne centrali sulle quali poggia una
grande cupola con lanternino, custodisce una statua della "Madonna con
Gesù giovanetto", attribuita alla scuola del Montorsoli; una statua
in marmo di "Maria Addolorata" ed un pregevolissimo fonte
battesimale. Le volte absidali furono affrescate dal De Pasquale, con le
raffigurazioni dello "Sposalizio della Vergine",
l’"Annunziata" e la "Natività. Sul Corso Cavour sorge la chiesa di S. Antonio Abate,
progettata dall'ing. Francesco Barbaro e costruita dai f.lli Cardillo tra il
1928 e il 1930. Prima del terremoto del 1908, sullo stesso posto, sorgeva la
chiesa dell’Annunziata dei Teatini, eretta nel ‘600 su progetto dell’architetto
modenese Guarino Guarini. Esternamente si presenta simile alla Basilica di
Superga; il suo ingresso è affiancato da quattro colonne , due per lato, che le
danno un' austerità tipica delle chiese Romane. Subito dopo
l’ingresso, sulla sinistra, in una cappelletta è custodito un Crocefisso in
cartapesta con croce in legno dell’800. L’interno, che ha
forma circolare articolata su otto colonne centrali sulle quali poggia una
grande cupola con lanternino, custodisce una statua della "Madonna con
Gesù giovanetto", attribuita alla scuola del Montorsoli; una statua
in marmo di "Maria Addolorata" ed un pregevolissimo fonte
battesimale. Le volte absidali furono affrescate dal De Pasquale, con le
raffigurazioni dello "Sposalizio della Vergine",
l’"Annunziata" e la "Natività.
lunedì 13 agosto 2018
Pisa. Capoluogo di provincia della regione Toscana. Il Battistero.
Pisa. Capoluogo di
provincia della regione Toscana. Il Battistero. I lavori per la realizzazione del Battistero, il più
grande in Italia, iniziarono nel 1152 sotto le direttive dell’architetto
Diotislavi, la struttura posizionata davanti la Cattedrale, fu interamente
rivisitata da Nicola Pisano con il figlio Giovanni intorno a metà del Duecento;
i due la modificarono in stile gotico e aggiunsero una loggia e una cupola
emisferica. Al centro del Battistero di trova il Fonte Battesimale di Guido
Bigarelli da Arogno, inizialmente illuminato da una luce proveniente da
un’apertura sul soffitto, oggi coperta dalla Cupola. Il Pulpito di Nicola
Pisano (1255-1260) racconta scene della Vita di Cristo sui 5 pannelli, mentre
le colonne rappresentano le Virtù. Possiamo chiaramente percepire uno stile
classicheggiante nell’opera, non a caso Nicola Pisano viene definito un
precursore del Rinascimento.
domenica 12 agosto 2018
Rapallo è un comune della città metropolitana di Genova della regione Liguria. Basilica arci presbiteriale dei Santi Gervasio e Protasio.
Rapallo è un comune della città metropolitana di Genova
della regione Liguria. Basilica arci presbiteriale dei Santi Gervasio e
Protasio è situata nel cuore centro storico rapallese. Fu
edificata, in stile gotico-romanico, probabilmente in epoca medievale e una
targa al suo interno indica il 1118 come data della sua intitolazione, anche se
gli storici non sono concordi con questa datazione. Nel tempo fu
interessata da diversi rimaneggiamenti e modifiche, fino ai lavori di
ricostruzione tra il XVII e XVIII secolo che portarono alla cancellazione
del precedente aspetto architettonico gotico-romanico, facendole assumere
quello Settecentesco. Il campanile, alto e pendente, è del 1753 e nella seconda
metà dell'Ottocento vennero approntate ulteriori e sostanziali modifiche agli
interni e alla nuova facciata in stile neoclassico, dell'architetto Gio Batta
Olivieri. Nei primi anni del Novecento, grazie al nuovo arciprete monsignor
Cesare Boccoleri, ci fu la definitiva riedificazione della Basilica e la
costruzione della monumentale cupola, che terminò nel 1920. Anticamente
la parrocchia di Rapallo rivestiva grande importanza e la sua giurisdizione si
estendeva su un vasto territorio, dagli attuali comuni di Portofino fino a San
Pietro di Rovereto, sopra a Zoagli, e fino a Cicagna in val Fontana buona. Al
suo interno si tennero importanti riunioni popolari dove furono intraprese
decisioni della vita sociale, politica e religiosa della zona. Ancora oggi la
comunità parrocchiale rapallese è la più numerosa della diocesi di Chiavari con
circa 18.000 abitanti.
sabato 11 agosto 2018
Agrigento capoluogo dell’omonima provincia della regione Sicilia. IL TEMPIO DI ERCOLE.
.Agrigento capoluogo dell’omonima provincia della regione
Sicilia. IL TEMPIO DI ERCOLE. Il
più antico tra i templi agrigentini è il Tempio di Ercole. Risalente
presumibilmente al VI secolo a. C. di esso parla Cicerone descrivendolo come
molto vicino all’agorà (oggi il piazzale del posto di ristoro). Ercole era
molto venerato dagli akragantini tanto che questi erano soliti dedicargli anche
delle feste dette “Eraclee”. Al suo interno vi era una statua di bronzo
raffigurante Ercole, venerato come eroe nazionale, il cui mento era divenuto lucido
perché veniva baciato dai fedeli. Il tempio venne distrutto, come molti altri,
a causa di un terremoto e solo intorno al 1920 si è provveduto ad innalzare le
otto colonne che oggi si possono ammirare. Costruito verso il 510 a.C., il
Tempio di Eracle/Ercole, il cosiddetto Herakleion, sorge nelle vicinanze di
Villa Aurea. E’ uno dei più antichi templi dorici della Sicilia e sicuramente
il più antico dei templi agrigentini, anteriore perfino a quello di Giove
Polieo, che ornava l’Acropoli. Il Tempio di Eracle/Ercole è famosissimo nella
storia agrigentina, per I'imponenza delle sue proporzioni e per le ricchezze
che lo adornavano. Fra queste si ricordano la celebre Alcmena dipinta da Zeusi,
e la statua in bronzo di Eracle/Ercole, che invano Verre – al dire di Cicerone
– tentò di rapire, per fonderla e farne moneta, com'era suo costume. Della
struttura originaria si conservano otto colonne del lato sud-ovest, rialzate
nel 1924. Come quasi tutti i primitivi templi dorici, anche questo era
periptero-esastilo-hipetras, cioè a colonnati e scoperto, ma aveva quindici
colonne, anziché quattordici, sui lati lunghi. Le rovine della cella mostrano
chiaramente che la sua distruzione fu causata da un terremoto. Il Tempio
misurava in lunghezza metri 73,42 e in larghezza metri 27,56, con colonne alte
più di dieci metri. Si nota la presenza, tra il pronao e la cella, di torri
scalarie per l’accesso al tetto, caratteristica poi di tutti i templi edificati
ad Akràgas, e in Sicilia. In epoca romana, la parte occidentale della cella fu
tripartita, forse perché l’edificio fu destinato al culto di una Triade Divina.
venerdì 10 agosto 2018
Viareggio, provincia di Lucca in Toscana. Chiesa di Sant'Andrea, via Sant’Andrea 55.
Viareggio, provincia
di Lucca in Toscana. Chiesa di Sant'Andrea, via Sant’Andrea 55. La chiesa
di Sant'Andrea si trova nella parte vecchia di Viareggio, in via Sant'Andrea
55. Nel 1836 il Duca di Lucca Carlo Ludovico di Borbone decretò la costruzione
di una nuova parrocchia a Viareggio, che venne dedicata a Sant'Andrea. Nel 1839
la parrocchia venne assegnata ai Servi di Maria; l'anno successivo Papa Gregorio
XVI emanava un breve pontificio con il quale assegnava in perpetuo la chiesa e
la parrocchia ai Serviti. L'edificio venne costruito insieme all'annessa
canonica nel 1842 su disegno dell'ingegnere Michele Cervelli di Lucca. In
quell'anno l'arcivescovo di Lucca Gian Domenico Stefanelli emanò il decreto per
istituire la nuova parrocchia scorporando da quella della chiesa di
Sant'Antonio. L'ingegnere Cervelli, nella spoglia composizione dell'edificio,
improntata al severo classicismo della Restaurazione, realizzò perfettamente un
linguaggio architettonico decoroso e funzionale a un tempo: quel linguaggio che
nelle intenzioni della committenza pubblica doveva contraddistinguere
l'edilizia di neonato centro marittimo di Viareggio. All'interno della chiesa
si trovano interessanti opere d'arte e numerose reliquie. Qui operò ed è sepolto
sant'Antonio Maria Pucci. Nel giugno del 1963 è stata elevata alla dignità di
basilica minore.
giovedì 9 agosto 2018
Vizzini, provincia di Catania, regione Sicilia. Chiesa di Sant’Agata.
Vizzini, provincia di Catania, regione Sicilia. Chiesa di Sant’Agata. Fu fondata nel 1390 ma venne ricostruita dopo il terremoto del 1693 ed il prospetto a due campanili è un’aggiuntiva opera realizzata da un capomastro vizzinese. L’interno del XVIII sec. è a 3 navate, abbiamo una pala d’altare del Bonino, un Crocifisso in stile bizantino e una ricchissima cappella del sacramento in stile rococò. In quest’ultima il Verga volle celebrato il matrimonio tra bianca Trao e Mastro don Gesualdo e si conserva l’urna della confraternita a cui era affiliata bianca.
mercoledì 8 agosto 2018
Cagliari capoluogo della Regione Sardegna. Cattedrale di Santa Maria.
Cagliari capoluogo della Regione
Sardegna. Cattedrale di Santa Maria. Costruita nel XIII sec. in stile romanico-pisano, subì
nel corso dei secoli varie trasformazioni in stile gotico, barocco e
neoromanico. L'interno della chiesa, con pianta a croce latina, si presenta a
tre navate con transetto e cappelle laterali. Nel braccio destro, all'interno
della cappella aragonese, è custodita una preziosa reliquia: una spina che si
vuole appartenesse alla corona di Gesù, che giunse a Cagliari nel 1527 insieme
ad altre reliquie ed opere d'arte trafugate da varie chiese di Roma e dallo
stesso appartamento pontificio. Poco prima di giungere in porto, la nave si
imbatté in una tempesta, e chi era a conoscenza della presenza del prezioso
carico, spinto forse dalla convinzione che la tempesta fosse espressione della
collera divina per i furti sacrileghi, confessò il fatto ad alcuni religiosi
presenti sulla nave, che giunti a Cagliari informarono l'arcivescovo
dell'accaduto. Il papa Clemente VII, venuto a conoscenza dei fatti, decise
comunque di lasciare in dono alla Cattedrale di Cagliari alcune reliquie, tra
cui la Sacra Spina e un trittico fiammingo del XV secolo attribuito al pittore
Rogier Van der Weyden; entrambi vengono esposti durante la festa
dell'Assunzione.
martedì 7 agosto 2018
Savona capoluogo della provincia omonima della Liguria. La torre del Brandale.
Savona capoluogo della provincia omonima della Liguria. La
torre del Brandale. Si trova nell'area antistante la
parte più antica del porto di Savona, come le torri Corsi e Guarnieri, i resti
di una loggia privata e il Palazzo degli Anziani. Quest'ultimo risale al XIV
secolo, mentre le torri sono tutte riferibili al XII secolo. Sembra che fosse
la principale delle cinquanta torri della città sulla cima delle quali venivano
accesi fuochi, con la funzione di fari; il nome "Brandale" può
infatti derivare da "Brand", corrispondente a "luce, falò",
oppure dalla famiglia Aldobrandeschi. Nella torre, acquistata dal Comune nel
1305, è stata installata la prima campana per richiamare il popolo a
Parlamento, nel 1349. La torre è stata abbassata, nel XVI secolo, e rialzata
nel 1931. In quest'occasione, con una sottoscrizione popolare è stata
acquistata la nuova campana. La torre ha un basamento ad arcate aperte ed è
oggi alta quasi cinquanta metri. Sul primo cornicione si trovano i dodici stemmi
in ceramica delle signorie che si sono avvicendate al comando della citta dal
XII secolo. Dalla torre si accede al Palazzo degli Anziani, che costituisce,
proprio assieme alla torre, una sorta di museo lapidario con resti di affreschi
medievali, iscrizioni, rilievi marmorei, fregi che provengono da distrutti
edifici del centro storico e che risalgono a un periodo compreso tra il XIV e
il XIX secolo. Il nucleo iniziale delle collezioni è stato ordinato da Poggio
Poggi negli anni Trenta del Novecento. Completano la raccolta statuine
presepiali di pastori, mentre nell'atrio è custodita anche la parte superiore
della campana civica del 1669.
lunedì 6 agosto 2018
Perugia capoluogo dell’omonima provincia della regione Umbria. Nobile Collegio del Cambio, Corso Vannucci, 25.
Perugia
capoluogo dell’omonima provincia della regione Umbria. Nobile Collegio del
Cambio, Corso Vannucci, 25. Antica sede della corporazione dei cambiatori di moneta.
L’Arte del Cambio trovò sede nei fondachi di Palazzo dei Priori tra il
1452 ed il 1457. Si accede dalla Sala dei Legisti, dove si trovano dei banconi
intagliati e intarsiati da Giampiero Zuccari (1615-1621), passando attraverso
la Sala delle Udienze, destinata alle riunioni e al ricevimento del pubblico.
Gli arredi lignei intagliati sono di Antonio da Mercatello e Domenico del Tasso
(1490-1501). Le pareti ospitano un ciclo di affreschi tra i più grandi esempi
di arte rinascimentale, realizzati da Pietro Vannucci detto il Perugino (e
aiuti) tra il 1498 e il 1500, ispirati a un programma iconografico in sintonia
con le tendenze filosofiche neoplatoniche. Questi affreschi sono stati definiti
da Edith Wharton, nel suo La decorazione della casa, come uno dei "tre
soffitti perfetti del mondo" insieme a quelli del Mantegna a Mantova e
dell'Araldi a Parma. Completa l’opera l’autoritratto del Perugino posto in una
finta cornice. Adiacente alla sala è la Cappella di San Giovanni Battista con
dipinti di Giannicola di Paolo, allievo del Perugino (1513-1528) ricca in
lapislazzuli e oro. Antica sede della corporazione dei cambiatori di moneta.
L’Arte del Cambio trovò sede nei fondachi di Palazzo dei Priori tra il
1452 ed il 1457. Si accede dalla Sala dei Legisti, dove si trovano dei banconi
intagliati e intarsiati da Giampiero Zuccari (1615-1621), passando attraverso
la Sala delle Udienze, destinata alle riunioni e al ricevimento del pubblico.
Gli arredi lignei intagliati sono di Antonio da Mercatello e Domenico del Tasso
(1490-1501). Le pareti ospitano un ciclo di affreschi tra i più grandi esempi
di arte rinascimentale, realizzati da Pietro Vannucci detto il Perugino (e
aiuti) tra il 1498 e il 1500, ispirati a un programma iconografico in sintonia
con le tendenze filosofiche neoplatoniche. Questi affreschi sono stati definiti
da Edith Wharton, nel suo La decorazione della casa, come uno dei "tre
soffitti perfetti del mondo" insieme a quelli del Mantegna a Mantova e
dell'Araldi a Parma. Completa l’opera l’autoritratto del Perugino posto in una
finta cornice. Adiacente alla sala è la Cappella di San Giovanni Battista con
dipinti di Giannicola di Paolo, allievo del Perugino (1513-1528) ricca in
lapislazzuli e oro.
domenica 5 agosto 2018
Lucca, capoluogo di provincia della regione Toscana. Chiesa di San Michele in Foro ( Piazza San Michele).
Lucca, capoluogo di
provincia della regione Toscana. Chiesa di San Michele in Foro ( Piazza San
Michele). A completare
il nome della chiesa di San Michele è proprio il luogo in cui fu edificata: il
foro, prima centro della vita pubblica, nell'antichità, e poi cuore pulsante
della città Comunale. Su questa piazza sorse il Palatium Civitatis, il Palazzo
Pubblico, ora scomparso, costruito proprio accanto alla chiesa e poi trasferito
nella Fortezza dell'Augusta. La piazza fu lastricata per la prima volta quando
nel '400 vi fu costruito il Palazzo Pretorio, ma fra '600 e '700 fu innalzato
il piano stradale, venne pavimentata e chiusa da colonnine con catenelle. Le
case che delimitano il perimetro della piazza sono tipicamente medievali e da
più di ottocento anni stanno lì ad osservare placidamente la vita che scorre
nel cuore della città. La chiesa di San Michele, di cui le fonti parlano per la
prima volta nel 795, fu edificata proprio qui. Eretta in un luogo centrale, ma
obliqua rispetto alla piazza, come molte altre chiese di Lucca, spicca in uno
spazio enorme in cui il cielo si apre finalmente dopo il rincorrersi di anguste
e tortuose vie medievali, come una meta finalmente raggiunta: tale era per i pellegrini
che passavano per la città percorrendo la Francigena. Si fermavano a San Michele per rifocillarsi, cogliendo l'occasione per
venerare loro illustri compagni di viaggio, come San Davino, un pellegrino
Armeno in viaggio verso Santiago de Compostela, che morì proprio mentre faceva
tappa a Lucca e il cui corpo si diceva avesse acquistato poteri taumaturgici
dopo la morte. Furono varie le vicende della
chiesa di San Michele: cambiò amministrazione più volte prima di divenire
privilegio della famiglia Gigli, che contribuì a rinnovarne sia le strutture
che le suppellettili. La chiesa, così come appare oggi,
frutto della ricostruzione di XI secolo voluta da papa Alessandro, è un
palinsesto delle vicende della città: nella sua architettura pisano-lucchese si
fondono romanico e gotico, ricordi di età classica e misteriose figure tratte
dai bestiari medievali che si affollano sulla facciata dal XII secolo. Nel cantiere di San Michele, fra XIII e XIV secolo lavorarono a Lucca
illustri architetti e probabilmente, nonostante lo si deduca solo dallo stile
delle decorazioni in facciata, anche Diotisalvi, l'autore del Battistero di
Pisa. L'intento originario del progetto era quello di innalzare la chiesa, ma
si riuscì solo a creare la facciata, altissima, visibile oggi come una
scenografia che si staglia contro il cielo. Fu in questo
periodo che vennero create, dalla scuola di Guidetto da Como, che lavorò anche
per il Duomo di San Martino, le caratteristiche "loggette", decorate
con l'uso di marmi policromi, che iniziano a parlare del gotico e che sono
ovviamente influenzate dallo stile lombardo. Infine, nel
punto più alto, fu aggiunta la grande statua di San Michele Arcangelo che
abbatte il drago, con ali metalliche e due angeli con la funzione di guglie
tipicamente gotiche per rendere la chiesa, che già svettava isolata, ancora più
protesa verso l'alto.
sabato 4 agosto 2018
Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto.
Roma,
regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto. La chiesa dei Ss. Domenico e Sisto
(papa Sisto II°, venne sorpreso nel cimitero, probabilmente quello di San
Callisto, mentre insegnava la parola divina e fu decapitato con sei dei sette
diaconi di Roma), situata in largo Angelicum ( prospetta sulla Via salita del
Grillo), s'innalza con la sua ampia e caratteristica scalinata a due rampe,
terminante in una terrazza ellittica, sull'area precedentemente occupata dalla
chiesa di "S. Maria a Magnanapoli". La chiesa, dedicata al fondatore
dell'Ordine dei Domenicani, S. Domenico, ed a papa S. Sisto II, fu costruita
per volere di Pio V, insieme all'annesso convento, a seguito delle insistenti
suppliche delle Suore Domenicane, desiderose di lasciare il monastero di S. Sisto
situato in un luogo infestato dalla malaria. Finalmente nel 1575 le Suore si
trasferirono in questa chiesa, anche se non ancora ultimata, denominata poi S. Sisto
Nuovo perché sostitutiva dell'abbandonata chiesa a sua volta detta S. Sisto
Vecchio. Gli artefici di quest'opera furono Giacomo Della Porta, Nicola
Torriani, Orazio Torriani e Vincenzo Della Greca, che terminò la facciata nel
1655. Questa, divisa in due ordini e spartita da lesene,
presenta un bel portale, inquadrato da due colonne e due lesene che sorreggono
un timpano spezzato, al centro del quale vi è posta un'Immagine della Madonna.
Sull'architrave del portale, invece, vi è posto lo stemma dei Domenicani: un
cane con una torcia accesa tra i denti. Il cane rappresenta la fedeltà al
messaggio evangelico dei Domenicani, mentre la fiaccola simboleggia la
diffusione della Parola di Dio tra i fedeli e gli infedeli. Il cane, inoltre, è
il simbolo per eccellenza dei Domenicani perché essi vennero soprannominati,
con un gioco di parole, "Domini canes", ovvero i "cani del
Signore", probabilmente per l'ardore dimostrato, nel corso della loro
storia, nel difendere il Messaggio di Dio, "azzannando" gli eretici.
Un bel finestrone centrale nell'ordine superiore e quattro nicchie con le
statue di S. Domenico, S. Sisto, S. Tommaso d'Aquino e S. Pietro completano la
facciata, conclusa da un grande timpano triangolare sormontato da una croce e
da una serie di candelabri marmorei. Lavori di ampliamento e di restauro
dell'intero complesso furono effettuati durante i pontificati di Gregorio XIII,
Urbano VIII ed Innocenzo X. Nel 1870 lo Stato Italiano confiscò parte del
convento e lo destinò inizialmente a sede della Corte dei Conti e poi del Fondo
per il Culto. Nel 1928 il Governo Italiano autorizzò il Collegio S. Tommaso
d'Aquino ad acquistare l'ex Convento dei Ss. Domenico e Sisto, nel quale, dopo
opportuni restauri ed ampliamenti ad opera dell'architetto Tullio Passarelli,
si insediò, nel 1932, il Pontificio Collegio dell'Angelicum, proveniente dalla
sede originaria presso S. Maria sopra Minerva.
venerdì 3 agosto 2018
Catania capoluogo di provincia della regione Sicilia. Convitto, liceo e collegio Cutelli, via Vittorio Emanuele n° 56 .
Catania capoluogo di
provincia della regione Sicilia. Convitto, liceo e collegio Cutelli, via
Vittorio Emanuele n° 56 . Il convitto Cutelli, progettato da Francesco Battaglia e
Gian Battista Vaccarini su commissione di Mario Cutelli, è un nuovo esempio di
grande architettura settecentesca (1761). Si ha ragione di credere che nel 1756
Vaccarini si recasse a Napoli per scegliere i marmi destinati alla cappella del
Palazzo Reale di Caserta, e forse in questa visita prese conoscenza del nuovo e
più classico stile che il Vanvitelli e il Fuga andavano introducendo a Napoli.
Comunque le sue ultime opere, come il Collegio Cutelli e la Badia piccola di
San Benedetto, tradiscono la loro influenza. Nel Collegio Cutelli su via
Vittorio Emanuele, imboccato l’ingresso e superato il breve atrio coperto, si
raggiunge la corte, elemento di maggior spicco dell’intero edificio. Il piano
terra è definito da un portico circolare costituto da sedici archi a tutto
sesto, sostenuti da altrettanti pilastri cruciformi, composti da una sezione
trapezoidale con delle semicolonne appoggiate. Il dorico romano che
caratterizza la trabeazione circolare dell’atrio interno del Collegio Cutelli è
severo e monumentale come quello dell’atrio di Caserta, ma la pianta rotonda
del cortile impedisce all’insieme di essere troppo solenne. Sull’asse del
Collegio, di fronte all’ingresso, sorge uno scalone imponente, racchiuso in un
rettangolo dai vertici absidati. Esso porta iscritta la data 1779, undici anni
dopo la morte del Vaccarini, e deve quindi essere stato costruito da un suo
allievo. Ma molto probabilmente si basa su un disegno dello stesso architetto e
si accorda perfettamente con la sua ultima maniera,
più severa e classicheggiante. I pilastri della corte sostengono una lunga
balconata continua, anch’essa circolare, profonda quanto il portico
sottostante, con otto aperture di accesso. La parete del primo piano è
costituita da sedici moduli che richiamano le scansione del piano terreno con
grandi balconi alternati a finestroni, tutti decorati con elaborate
architetture in pietra bianca di Siracusa. Sopra la balconata del primo piano,
è presente un attico sagomato come una corona, decorato con vasi e conchiglie,
nella tradizione dei chiostri e dei cortili interni catanesi. Solo in piccola
parte l’edificio è dotato di un secondo piano, destinato alle abitazioni del
Rettore e del Vicerettore e ai vani ad esse annessi. Un solo dettaglio in tutto
il complesso mostra le tendenze barocche del Vaccarini: il pavimento a disegni
a raggiera in pietra bianca e lava, anche più gaio e leggero di quello del
Collegio dei Gesuiti.
giovedì 2 agosto 2018
Loreto provincia di Ancona, regione Marche. Basilica della Santa Casa.
Loreto provincia di
Ancona, regione Marche. Basilica della Santa Casa. Entrando nella Piazza della Madonna di Loreto rimarrete
estasiati da una delle piazze più belle, sicuramente, delle Marche. La Basilica
è stata realizzata dal 1468 alla metà del ‘700 e “il tempo impiegato per
l’erezione e i diversi artisti che vi hanno lavorato hanno privato l’edificio
di unità stilistica, compensata però dal pittoresco, imponente effetto
dell’insieme.” Gli artisti sono del calibro di Marino di Marco Cedrino,
Giuliano da Maiano, Baccio Pontelli, Giuliano da Sangallo, Francesco di Giorgio
Martini, Bramante, Andrea Sansovino, Antonio da Sangallo il Giovane. Per non
parlare degli affreschi all’interno: anche lì sarete rapiti nel guardare le
minuziose opere che hanno realizzato i pittori delle diverse epoche storiche,
tra i quali possiamo citare il Pomarancio o Maccari, per dirne alcuni. "La
Santa Casa di Loreto è il primo Santuario di portata internazionale dedicato
alla Vergine e vero cuore mariano della cristianità" (Giovanni Paolo lI).
Il Santuario di Loreto conserva infatti, secondo un'antica tradizione, oggi
comprovata dalle ricerche storiche e archeologiche, la casa nazaretana della
Madonna. La dimora terrena di Maria a Nazaret era costituita da due parti: da
una Grotta scavata nella roccia, tuttora venerata nella basilica
dell'Annunciazione a Nazaret, e da una camera in muratura antistante, composta
da tre pareti di pietre poste a chiusura della grotta. Secondo la tradizione,
nel 1291, quando i crociati furono espulsi definitivamente dalla Palestina, le
pareti in muratura della casa della Madonna furono trasportate "per
ministero angelico", prima in Illiria (a Tersatto, nell'odierna Croazia) e
poi nel territorio di Loreto (10 dicembre 1294). Oggi, in base a nuove
indicazioni documentali, ai risultati degli scavi archeologici a Nazaret e nel
sottosuolo della Santa Casa (1962-65) e a studi filologici e iconografici, si
va sempre più confermando l'ipotesi secondo cui le pietre della Santa Casa sono
state trasportate a Loreto su nave, per iniziativa della nobile famiglia
Angeli, che regnava sull'Epiro. Infatti, un documento del settembre 1294,
scoperto di recente, attesta che Niceforo Angeli, despota dell'Epiro, nel dare
la propria figlia Ithamar in sposa a Filippo di Taranto, quartogenito di Carlo
II d'Angiò, re di Napoli, trasmise a lui una serie di beni dotali, fra i quali
compaiono con spiccata evidenza: "le sante pietre portate via dalla Casa
della Nostra Signora la Vergine Madre di Dio". Murate tra le pietre della
Santa Casa sono state trovate cinque croci di stoffa rossa di crociati o, più
probabilmente, di cavalieri di un ordine militare che nel medioevo difendevano
i luoghi santi e le reliquie. Vi sono stati trovati anche alcuni resti di un
uovo di struzzo, il quale subito richiama la Palestina e una simbologia
riferentesi al mistero dell'Incarnazione. La Santa Casa inoltre, per la sua
struttura e per il materiale in pietra non reperibile in zona, è un manufatto
estraneo alla cultura e agli usi edilizi marchigiani. D'altra parte i raffronti
tecnici della Santa Casa con la Grotta di Nazaret hanno messo in luce la
coesistenza e la contiguità delle due parti. A conferma della tradizione è di
grande importanza un recente studio sul modo in cui sono lavorate le pietre,
cioè secondo l'uso dei Nabatei, diffuso nella Galilea ai tempi di Gesù. Di
grande interesse risultano anche numerosi graffiti incisi sulle pietre della
Santa Casa, giudicati dagli esperti di chiara origine giudeo-cristiana e assai
simili a quelli riscontrati a Nazaret. La Santa Casa, nel suo nucleo originario
è costituita solo da tre pareti perché la parte orientale, ove sorge l'altare,
era aperta verso la Grotta. Le tre pareti originarie - senza fondamenta proprie
e poggianti su un'antica via - si innalzano da terra per tre metri appena. Il
materiale sovrastante, costituito da mattoni locali, è stato aggiunto in
seguito, compresa la volta (1536), per rendere l'ambiente più adatto al culto.
Il rivestimento marmoreo, che avvolge le pareti della Santa Casa, fu voluto da
Giulio II e fu realizzato su disegno del Bramante (1507 c). da rinomati artisti
del Rinascimento italiano. La statua della Vergine col Bambino, in legno di
cedro del Libano, sostituisce quella del sec. XIV, distrutta da un incendio nel
1921. Grandi artisti si sono succeduti lungo i secoli per abbellire il
Santuario la cui fama si è diffusa rapidamente in tutto il mondo divenendo meta
privilegiata di milioni di pellegrini. L'insigne reliquia della Santa Casa di
Maria è per il pellegrino occasione e invito per meditare gli alti messaggi
teologici e spirituali legati al mistero dell'Incarnazione e all'annuncio della
Salvezza.
mercoledì 1 agosto 2018
Palermo capoluogo di provincia e della regione Sicilia. Il Real Teatro Santa Cecilia,
Palermo capoluogo di provincia e della regione Sicilia. Il Real Teatro Santa Cecilia, più
comunemente noto come Teatro di Santa Cecilia, è un teatro di Palermo del XVII
secolo. Ubicato nell'omonima piazzetta nel centro storico cittadino, lo stabile
venne fondato nel 1692 dall'Unione dei musici, una corporazione che univa
musicisti ed uomini dello spettacolo, con il concorso della nobiltà e dello
stesso Viceré Uzeda, e inaugurato il 28 ottobre 1693. Per l'inaugurazione venne
rappresentata "L'Innocenza Penitente o la S. Rosalia" di Vincenzo
Giattini e musica di Ignazio Pulicò: fino ad allora le commedie e le tragedie
venivano rappresentate nella chiesa dello Spasimo e nella chiesa della Pinta.
Il teatro venne edificato
nel 1692-93 e venne ristrutturato nel 1853 secondo il gusto neoclassico. In
seguito l’edificazione dei nuovi teatri in città il S. Cecilia chiuse i
battenti nel 1888 per poi essere convertito a destinazione industriale nel
1906. Il teatro è oggi sede della
fondazione "The Brass Group", che ha sede a Palermo, in due siti
monumentali tra i più prestigiosi della città, il Santa Cecilia e il Complesso
Monumentale di S. Maria dello Spasimo. La fondazione persegue senza fini di
lucro, la diffusione dell'arte e della cultura musicale del ventesimo secolo.Tornato
a nuova luce dopo i lavori di restauro e rivalutazione, attualmente lo stabile
ospita concerti jazz e spettacoli organizzati e promossi dalla stessa
Fondazione.
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