mercoledì 31 ottobre 2018


Savona capoluogo della provincia omonima della Liguria. Cattedrale dell’assunta, via Via Ambrogio Aonzo. L’edificio del Duomo di Savona, altrimenti noto come Cattedrale dell'Assunta, è situato nel centro storico della città con le sue imponenti dimensioni. La storia della Cattedrale inizia con i fatti del 1528 quando Savona venne conquistata dai genovesi, i quali decisero di costruire sulla collina occupata del Priamar una fortificazione abbattendo nel 1595 anche la cattedrale del IX secolo. La chiesa di San Francesco divenne, per volere di Papa Paolo IV, eletta a cattedrale nel 1559, però tra il 1584 ed il 1605 fu edificata l’attuale chiesa sul precedente monastero. Su progetto probabilmente di Battista Sormano, il nuovo duomo ha pianta a croce latina divisa in tre navate, quella centrale con volte a botte e quelle laterali a crociera. La torre campanaria all’esterno sul lato destro fu completato solo nel 1929. Il prospetto neo-barocco realizzato a fine Ottocento include anche il portale del 1776 con l’insieme dell'Assunta dell'Abate Giovanni Antonio Cybei. Provenienti dall’antica cattedrale sono il crocefisso di marmo del XV secolo e il fonte battesimale inserito nel capitello bizantino del VI secolo che troviamo subito entrando dal portale principale. Tra le opere principali presenti nelle cappelle delle navate laterali vi sono l'apparizione della Vergine a Savona del Ratti, una pala seicentesca raffigurante San Francesco da Paola e il Sacro Cuore di Paolo Gerolamo Brusco. Del pittore Coghetti ci sono diversi affreschi sulla volta, nel presbiterio e sulla cupola. Nelle cappelle del transetto spiccano un altare barocco della Madonna di Misericordia e un pala risalente al Cinquecento; della stessa epoca il coro in legno decorato a intarsio mentre è del Trecento il timpano sopra una delle porte laterali proveniente dalla cattedrale medioevale.

martedì 30 ottobre 2018


Gaiole in Chianti, località Coltibuono, provincia di Siena, regione Toscana.  Badia di San Lorenzo. Si hanno notizie di una chiesa fin dal X secolo e precedentemente di un oratorio dedicato a San Lorenzo, ma i documenti ci attestano che l’abbazia che oggi vediamo è stata edificata nel 1037 e consacrata solo nel 1049. Costituisce una delle più significative testimonianze del romanico nel Chianti. Essa sorge in una zona strategicamente e politicamente importante, ai confini dei contadi di Firenze, Siena e Arezzo, in un’area dominata a lungo dalla potente consorteria feudale dei Firidolfi Ricasoli, i quali furono fondatori e patroni del monastero. L’edificio religioso, il cui nome in latino significa “buon raccolto”, viene donato a Giovanni Gualberto, monaco che dà vita al movimento dei Benedettini riformati di Vallombrosa, e sin dal 1095 viene inserito nei possedimenti dell’ordine Vallombrosano. Durante il XII secolo, l’abbazia si arricchisce costantemente grazie a lasciti e donazioni e giunge a controllare numerosi altri centri religiosi della zona. Dal 1239 passa sotto la protezione della repubblica di Firenze e nel 1488 viene data in commenda, insieme alla Badia a Passignano, al cardinale Giovanni de’ Medici, il futuro papa Leone X. L’edificio attuale ha una pianta a croce latina e si sviluppa su un’unica navata che termina nell’abside semicircolare. La copertura del tetto non presenta più le originali capriate a vista ma volte a botte, risalenti al XVIII secolo, epoca in cui l’abbazia viene notevolmente modificata. Sopra il transetto è eretta una singolare cupola ottagonale, che all’esterno appare racchiusa da una massiccia struttura cubica, tipo pagoda, accanto al possente campanile merlato dal carattere più militare che religioso. All’interno, sotto l’altare maggiore, sono conservati i resti del Beato Benedetto Ricasoli che, divenuto monaco, visse in realtà in un eremo detto “Castellaccio”, non lontano dalla badia. All’esterno l’edificio risulta privo di qualsiasi elemento scultoreo, come la maggior parte delle fabbriche vallombrosane. Sulla destra della chiesa si sviluppano gli ambienti anticamente adibiti a monastero. Nel 1810, al tempo delle soppressioni napoleoniche, la chiesa viene ridotta a parrocchia e l’intera struttura viene trasformata in villa-fattoria. Da quel momento si registrano numerosi passaggi di proprietà con vicende anche molto rocambolesche fino all’arrivo della famiglia Stucchi Prinetti, attuale proprietaria dei terreni, dell’azienda vinicola e dell’agriturismo Badia a Coltibuono. Da aprile a ottobre vengono organizzate visite guidate pomeridiane all’interno dell’ex monastero e della cantina, mentre la chiesa è aperta tutto l’anno per le funzioni domenicali e dei giorni festivi.

lunedì 29 ottobre 2018


Assisi, provincia di Perugia della regione Umbria. PIAZZA CHIESA NUOVA Già in un documento del 1398, viene citata una piccola chiesa costruita sul luogo che la tradizione identifica come la Casa Paterna di San Francesco d'Assisi che era un'importante tappa dei pellegrinaggi sulle orme di Francesco d'Assisi. Nel 1615, per volere del Re di Spagna Filippo III, fu fatta costruire, su progetto di Rufino da Cerchiara, una nuova chiesa in stile barocco al posto di quella medioevale. All'interno la chiesa si presenta con la pianta a croce greca e con cupola nel vano centrale: questa scelta stilistica non è casuale, poiché l'architetto si ispirò alla struttura della chiesa romana di Sant'Eligio degli Orefici, opera di Raffaello Sanzio. La decorazione interna della chiesa è quasi interamente pittorica, decorato da dipinti che raffigurano gli Evangelisti e Storie della vita di San Francesco. Di fianco alla chiesa, all'interno dell'edificio del convento, sono ancora visibili alcuni vani dell'antica casa di San Francesco, come la sua camera, il sottoscala, detto "carcere", in cui fu rinchiuso dal padre per punirlo della sua decisione di lasciare tutto per vivere da povero ed il magazzino del negozio del padre. Sulla piazza è stato posto un monumento a Pietro Bernardone dei Moriconi, e alla nobile Signora Pica Bourlemont, genitori di San Francesco d’Assisi. Davanti all'edificio religioso si trova un piazzale dove è possibile ammirare la statua in bronzo dedicata ai genitori del Santo fatta da Roberto Joppolo. I genitori, Pietro e Pica, si tengono per mano e guardano davanti a loro. Pica indossa un velo ed una gonna lunga, mentre Pietro è vestito con abiti tradizionali. La statua non è una meta particolarmente turistica, ma si può unire ad una visita della vecchia casa di San Francesco, ora chiesa nuova di Assisi.

domenica 28 ottobre 2018


Torino, capoluogo di provincia del Piemonte. Il SANTUARIO DELLA CONSOLATA  o secondo la denominazione ufficiale, Chiesa di Santa Maria della Consolazione, è una basilica cattolica ubicata a ridosso della via omonima ed è uno dei luoghi di culto più antichi di Torino. Dedicato a Maria, invocata con il titolo di "Consolatrice" è considerata il più importante santuario della città e dell'Arcidiocesi di Torino, oltre che un vero capolavoro del barocco piemontese. Alla sua costruzione si dedicarono i più illustri nomi dell'architettura, quali Guarino Guarini, Filippo Juvarra e Carlo Ceppi. Il santuario fu anche abituale luogo di preghiera di numerosi santi sociali piemontesi e ha la dignità di Basilica minore.

sabato 27 ottobre 2018


Napoli, capoluogo della omonima provincia e della regione Campania. La cattedrale metropolitana di SANTA MARIA ASSUNTA è una basilica monumentale nonché duomo e sede dell'arcidiocesi della città di Napoli. Il duomo sorge lungo il lato est della via omonima, in una piazzetta contornata da portici, e ingloba a mo' di cappelle laterali altri due edifici di culto sorti autonomamente rispetto alla cattedrale: la basilica di Santa Restituta, che custodisce il battistero più antico d'Occidente, quello di San Giovanni in Fonte, e la reale cappella del Tesoro di san Gennaro, che conserva le reliquie del santo patrono della città. Si tratta di una delle più importanti e grandi chiese della città, sia da un punto di vista artistico, essa è di fatto la sovrapposizione di più stili che vanno dal gotico puro del Trecento fino al neogotico ottocentesco, che sotto un profilo culturale, ospitando infatti tre volte l'anno il rito dello scioglimento del sangue di san Gennaro. Secondo la Cronaca di Partenope, risalente al XIV secolo, nell'area in cui insiste il complesso religioso sorse l'oratorio di Santa Maria del Principio dove Aspreno, il primo vescovo della città databile al I secolo, decise di insediare l'episcopato di Napoli. A partire dal IV secolo nacquero diversi edifici di culto nell'insula episcopale e tra queste si ricordano la basilica di Santa Restituta, il battistero di San Giovanni in Fonte e diverse cappelle annesse come quelle di San Lorenzo, Sant'Andrea e Santo Stefano. Per la progettazione e la costruzione della nuova chiesa, per volontà del re Carlo II di Napoli e d'intesa con l'arcivescovo Giacomo da Viterbo, che aveva sollecitato al sovrano tale opera, vennero chiamati architetti di estrazione francese. La seconda parte del cantiere fu eseguita da maestranze locali o italiane: le fonti indicano Masuccio I, Giovanni Pisano e Nicola Pisano. La basilica di Santa Restituta è una chiesa monumentale di Napoli, raggiungibile dall'attuale duomo della città, di cui costituisce la terza cappella della navata sinistra. Di origine paleocristiana, è la più antica basilica napoletana e l'antica chiesa cattedrale della città.

venerdì 26 ottobre 2018

Matera capoluogo di provincia della regione Basilicata. PIAZZA VITTORIO VENETO.


Matera capoluogo di provincia della regione Basilicata. PIAZZA VITTORIO VENETO. Luogo di incontro e di passeggio, la vivace Piazza Vittorio Veneto ospita spesso mercatini, bancarelle e ritrattisti. Ottimo punto di partenza per andare alla scoperta della suggestiva città dei Sassi di Matera, patrimonio mondiale dell’umanità UNESCO. Dalla piazza si  gode il panorama del Sasso Barisano al quale cui si accede passando attraverso la loggia. La Piazza è, inoltre, punto di partenza di un  percorso sotterraneo scavato nella roccia, composto di abitazioni, botteghe, cantine, cisterne, pozzi e “palombari” (grandi strutture scavate per la raccolta di acque piovane). Del quartiere interrato fanno parte, inoltre, la Chiesa rupestre del S. Spirito e la Torre aragonese. La piazza Vittorio Veneto, precedentemente chiamata Piazza Del Plebiscito, era conosciuta anche come “piazza della Fontana” per la presenza in passato della grande “Fontana Ferdinandea”  monumentale, realizzata nel 1832 per raccogliere le acque provenienti dalla soprastante collina del castello “De Montigny” , attualmente spostata poche centinaia di metri più in basso lungo la strada, presso la villa comunale. L’attuale aspetto della piazza è dovuto ai lavori di restauro  del 1993, quando si spostò il monumento ai caduti ( Benedetto d’Amore 1926 ) e si eliminò la strada che attraversava la piazza,  per riportare alla luce il “fondaco di mezzo” , vecchio piano della città, in parte visitabile, a cui si accende scendendo dalla scalinata di ferro  vicino la grande fontana in pietra chiara da cui sgorgano alti zampilli d’acqua. I locali ipogei che lo compongono si estendono sotto tutta la piazza per più di 5000 mq.  fino ad arrivare sotto il Convento dell’Annunziata,  che addirittura ha come basamento nelle fondamenta un torrione appartenente probabilmente alla cinta difensiva del Castello Tramontano , e comprendono neviere, cisterne, negozi, magazzini e  abitazioni.

giovedì 25 ottobre 2018

Bagno Vignoni è una piccolissima frazione di San Quirico d’Orcia in provincia di Siena, regione Toscana.

Bagno Vignoni è una piccolissima frazione di San Quirico d’Orcia in provincia di Siena, regione Toscana. Bagno Vignoni è un piccolo e straordinario borgo nel cuore della Val d’Orcia, tra le verdi colline di Siena. Questo luogo deve la sua fama alla piazza d’acqua alimentata da una sorgente. L’acqua che sgorga dalla fonte a 1000 metri di profondità, risale in superficie e viene raccolta nella piazza del paese. La temperatura dell’acqua, fissa a 52° gradi, crea straordinari effetti scenografici soprattutto d’inverno, quando entra in contatto con l’aria fredda. E poi tutto intorno, case in pietra, balconi fioriti, piazzette, botteghe di artisti e artigiani, creano uno straordinario insieme architettonico che rende Bagno Vignoni uno dei borghi più belli del mondo. L’acqua che della piazza viene incanalata in viottoli che percorrono l’intera città. Fiumiciattoli di acqua fumante disegnano sinuosi sentieri nei quali è possibile immergere mani e piedi per provare sulla propria pelle l’inebriante giovamento dell’acqua termale. Nonostante la zona dei ruscelletti sia molto frequentata, si riesce sempre a trovare un posto dove sedersi. I ruscelletti concludono la loro strada sulla rupe su cui è poggiata Bagno Vignoni, cascando verso la parte bassa della città e finendo in un’altra vasca, all’interno della quale è possibile fare il bagno. In passato, questo naturale dislivello della zona, veniva sfruttato per attivare i mulini presenti nella zona. L’antica storia delle terme di Bagno Vignoni è testimoniata dagli illustri ospiti che l’hanno amata. Prima di tutti, Lorenzo de Medici, detto “Il Magnifico”, uomo di grande cultura umanistica e abilità politica, che gli permise di governare Firenze accrescendo sempre più il prestigio e la forza della sua città. Era solito ritirarsi alle terme di Bagno Vignoni per curarsi e studiare, abbracciato dalle verdi colline che tanto amava. Un’altra illustre personalità del passato amava ritirarsi alle terme di Bagno Vignoni. Si tratta di Santa Caterina da Siena che, molto spesso, si recava in questi posti per raccogliersi in preghiera solitaria. Il loggiato costruito sulla vasca fu dedicato proprio a lei, come testimonianza del legame della Santa con questo luogo. Anche Papa Pio II (Enea Silvio Piccolomini) nato nella vicina Corsignano, su cui fondò Pienza, uno dei più mirabili esempi di urbanistica rinascimentale) e altri personaggi che la sceglievano come sede di villeggiatura e riposo. Le ipotesi sull'etimologia del nome si sprecano, anche se il nome riguarda comunque qualcosa che ha avuto a che fare con i francesi.

mercoledì 24 ottobre 2018

Perugia capoluogo dell’omonima provincia della regione Umbria. La BASILICA DI SAN DOMENICO Piazza Giordano Bruno.

Perugia capoluogo dell’omonima provincia della regione Umbria. La BASILICA DI SAN DOMENICO Piazza Giordano Bruno. Fondata nel 1304 e ampiamente ricostruita su disegno di Maderno nel XVII secolo, è la più grande struttura religiosa di tutta l'Umbria. Autentico capolavoro della scultura del XIV secolo, conservato nella basilica, è il monumento funebre a Benedetto XI. Di notevole pregio è anche il coro ligneo della fine del XV secolo e la vetrata absidale del 1411, la seconda in Italia per grandezza (m 22x8) dopo quella del duomo di Milano. Sopra le volte e sotto le due falde del tetto sussistono le singolari "soffitte di S. Domenico", ampi vani di risulta della ricostruzione Seicentesca, ricche di suggestioni e reperti della originaria struttura gotica, con accesso diretto al poderoso campanile (XVI sec) con vista panoramica estesa dalla Romagna all'Abruzzo, dalle Marche alla Toscana.

martedì 23 ottobre 2018

Orvieto, provincia di Terni, regione Umbria. LA FORTEZZA DELL'ALBORNOZ.

Orvieto, provincia di Terni, regione Umbria. LA FORTEZZA DELL'ALBORNOZ. Nella parte sinistra di Piazza Cahen sorge la Fortezza dell'Albornoz, fondata per ordine del Cardinale Albornoz, sotto l'ordine di Papa Innocenzo VI e su istruzione del condottiero ed ingegnere militare Ugolino di Montemarte. In epoca etrusca, nell'area in cui sarebbe sorta la Rocca si ergeva un tempio detto, dagli archeologi, Augurale. Nell'anno 1359 (1353) il Cardinale Egidio Albornoz, legato di Papa Innocenzo VI e legato del Patrimonio, fece edificare la Rocca di S. Martino, presso S. Lorenzo delle Donne o delle Vigne, ossia presso il Camposanto. Dopo la vittoria militare e diplomatica del Cardinale, i suoi Capitani e i suoi Vicari non si sentivano tranquilli senza strutture fortificate e fu decisa la costruzione di una rocca addossata alla Porta Postierla o Soliana, detta poi Porta Rocca, sul limite orientale della rupe. Di forma quadrilatera, con un palazzotto contiguo alla porta e alle strutture di servizio lungo le mura, la rocca era protetta da un fossato con due ponti levatoi.

lunedì 22 ottobre 2018

Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Altare della Patria, piazza Venezia.

Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Altare della Patria, piazza Venezia. Il Vittoriano o Altare della Patria è un monumento di grandissima valenza simbolica che riunisce in sé tutti i valori dell’Italia risorgimentale e della nostra Costituzione. Questo è uno dei monumenti più emblematici della storia del nostro Paese ed è il simbolo dell’Italia del Risorgimento e della monarchia sabauda. La prima pietra fu posta da Umberto I di Savoia nel 1885, figlio di Vittorio Emanuele II, il primo re d’Italia. La necessità era quella di avere un monumento commemorativo estremamente simbolico per testimoniare i cambiamenti del Paese. La scelta di costruire il Vittoriano sul Campidoglio non è stata certo casuale: si tratta infatti del primo colle su cui, secondo la leggenda, fu fondata Roma nonché dove fu eretto il tempio a Giove Capitolino. Simbolicamente fu deciso di porre il Vittoriano non lontano dal Colosseo, massimo simbolo della Roma imperiale e in contrapposizione a San Pietro, che rappresentava il potere temporale dei Papi. Sempre per fare da contrappeso al potere dei papi, fu costruito pochi anni dopo il palazzo di Giustizia vicino a Castel Sant’Angelo, da sempre prigione sotto il controllo del Vaticano e perciò simbolo di un potere religioso che ormai doveva lasciare il posto all’Italia unita e laica. Per il progetto del Vittoriano fu indetto un concorso pubblico, vinto da Giovanni Sacconi, giovane architetto de Le Marche che aveva un progetto ambizioso e di forte valenza simbolica. Per erigere il monumento molti furono gli espropri e le distruzioni ai danni soprattutto di edifici medievali circostanti per fare largo alla nuova costruzione. Il lavori durarono quasi 25 anni per terminarla. All’inaugurazione dell’altare della patria, risalente al 1911, erano presenti tutte le più grandi personalità dello Stato. Questo edificio rappresenta la Patria: ai due lati, dove sorge e tramonta il sole, vi sono due fontane con i mari Adriatico e Tirreno, come ai lati della Penisola. In alto, sui due propilei, troneggiano le scritte in caratteri cubitali “PATRIAE UNITATI” e “CIVIUM LIBERTATI” ovvero “All’unità della patria” e “Alla libertà dei cittadini” che rappresentano quindi i due principi fondamentali di unità e libertà di cui si faceva promotore il nuovo Stato. L’enorme edificio, che con le quadrighe raggiunge gli 81 metri di altezza, è tutto decorato da gruppi scultorei eseguiti da vari artisti che rappresentano i valori del popolo italiano: troviamo la Forza, il Diritto, l’Azione, la Concordia, il Sacrificio ed il Pensiero. Al centro, accanto alla tomba del Milite Ignoto, posta nel 1921 a monito e memoria dopo la Prima Guerra Mondiale, troneggia la statua di Roma. Sullo sfondo di un mosaico dorato a simboleggiare l’importanza della nuova capitale e la sua centralità geografica e politica; sui due lati troviamo la rappresentazione dell’agricoltura e dell’industria, cioè il lavoro su cui poggia l’economia del Paese e l’amor patrio su cui si fonda la società. Sul piedistallo che sorregge l’enorme statua equestre di Vittorio Emanuele II (Riguardo l’enorme statua equestre in bronzo, fatta nel 1910 da Enrico Chiaradia, c’è una curiosità che sembra incredibile: quando fu terminata ospitò all’interno della pancia del cavallo una cena per venti persone, come testimoniano foto d’epoca) troviamo quattordici città italiane. Sopra, in corrispondenza delle colonne che fanno da quinta al re a cavallo, vi sono invece allegorie delle sedici regioni dell’epoca, frutto del lavoro di artisti provenienti dalla regione che rappresentava. Due alte colonne, sormontate da vittorie alate, coronano quest’esaltazione dell’Italia e dei suoi valori, del suo popolo e della sua storia. L’interno del colonnato che costituisce la terrazza è decorato con marmi e mosaici di Giulio Bargellini. Rappresentano la Fede, il Lavoro, la Forza e la Sapienza da un lato, la Legge, il Valore, la Pace e l’Unione dell’altro. Persino i motivi vegetali che decorano l’altare della patria hanno un significato preciso: l’alloro rappresenta il valore, la palma la vittoria, la quercia la forza, il mirto il sacrificio e l’ulivo la pace. La terrazza delle quadrighe è accessibile e visitabile tramite un suggestivo ascensore a vetri: Ti lascerà a bocca aperta la vista sulla città eterna (prezzo 7 euro, ridotto 3,50). Da qui si gode una delle viste panoramiche più belle di Roma.

domenica 21 ottobre 2018

Rapallo è un comune della città metropolitana di Genova della regione Liguria. Basilica arci presbiteriale dei Santi Gervasio e Protasio.

Rapallo è un comune della città metropolitana di Genova della regione Liguria. Basilica arci presbiteriale dei Santi Gervasio e Protasio è situata nel cuore  centro storico rapallese. Fu edificata, in stile gotico-romanico, probabilmente in epoca medievale e una targa al suo interno indica il 1118 come data della sua intitolazione, anche se gli storici non sono concordi con questa datazione. Nel tempo fu  interessata da diversi rimaneggiamenti e modifiche, fino ai lavori di ricostruzione tra il XVII e XVIII secolo che portarono alla cancellazione del precedente aspetto architettonico gotico-romanico, facendole assumere quello Settecentesco. Il campanile, alto e pendente, è del 1753 e nella seconda metà dell'Ottocento vennero approntate ulteriori e sostanziali modifiche agli interni e alla nuova facciata in stile neoclassico, dell'architetto Gio Batta Olivieri. Nei primi anni del Novecento, grazie al nuovo arciprete monsignor Cesare Boccoleri, ci fu la definitiva riedificazione della Basilica e la costruzione della monumentale cupola, che terminò nel 1920. Anticamente la parrocchia di Rapallo rivestiva grande importanza e la sua giurisdizione si estendeva su un vasto territorio, dagli attuali comuni di Portofino fino a San Pietro di Rovereto, sopra a Zoagli, e fino a Cicagna in val Fontana buona. Al suo interno si tennero importanti riunioni popolari dove furono intraprese decisioni della vita sociale, politica e religiosa della zona. Ancora oggi la comunità parrocchiale rapallese è la più numerosa della diocesi di Chiavari con circa 18.000 abitanti.

sabato 20 ottobre 2018

Messina, capoluogo dell’omonima provincia della regione Sicilia. CHIESA DI S. ANTONIO ABATE, Corso Cavour n° 137.

Messina, capoluogo dell’omonima provincia della regione Sicilia. CHIESA DI S. ANTONIO ABATE, Corso Cavour n° 137. Sul Corso Cavour sorge la chiesa di S. Antonio Abate, progettata dall'ing. Francesco Barbaro e costruita dai f.lli Cardillo tra il 1928 e il 1930. Prima del terremoto del 1908, sullo stesso posto, sorgeva la chiesa dell’Annunziata dei Teatini, eretta nel ‘600 su progetto dell’architetto modenese Guarino Guarini. Esternamente si presenta simile alla Basilica di Superga; il suo ingresso è affiancato da quattro colonne , due per lato, che le danno un' austerità  tipica delle chiese  Romane. Subito dopo l’ingresso, sulla sinistra, in una cappelletta è custodito un Crocefisso in cartapesta con croce in legno dell’800. L’interno, che ha forma circolare articolata su otto colonne centrali sulle quali poggia una grande cupola con lanternino, custodisce una statua della "Madonna con Gesù giovanetto", attribuita alla scuola del Montorsoli;  una statua in marmo di "Maria Addolorata" ed un pregevolissimo fonte battesimale. Le volte absidali furono affrescate dal De Pasquale, con le raffigurazioni dello "Sposalizio della Vergine", l’"Annunziata" e la "Natività.  

giovedì 18 ottobre 2018

Catania capoluogo di provincia della regione Sicilia. Convitto, liceo e collegio Cutelli, via Vittorio Emanuele n° 56 .


Catania capoluogo di provincia della regione Sicilia. Convitto, liceo e collegio Cutelli, via Vittorio Emanuele n° 56 .  Il convitto Cutelli, progettato da Francesco Battaglia e Gian Battista Vaccarini su commissione di Mario Cutelli, è un nuovo esempio di grande architettura settecentesca (1761). Si ha ragione di credere che nel 1756 Vaccarini si recasse a Napoli per scegliere i marmi destinati alla cappella del Palazzo Reale di Caserta, e forse in questa visita prese conoscenza del nuovo e più classico stile che il Vanvitelli e il Fuga andavano introducendo a Napoli. Comunque le sue ultime opere, come il Collegio Cutelli e la Badia piccola di San Benedetto, tradiscono la loro influenza. Nel Collegio Cutelli su via Vittorio Emanuele, imboccato l’ingresso e superato il breve atrio coperto, si raggiunge la corte, elemento di maggior spicco dell’intero edificio. Il piano terra è definito da un portico circolare costituto da sedici archi a tutto sesto, sostenuti da altrettanti pilastri cruciformi, composti da una sezione trapezoidale con delle semicolonne appoggiate. Il dorico romano che caratterizza la trabeazione circolare dell’atrio interno del Collegio Cutelli è severo e monumentale come quello dell’atrio di Caserta, ma la pianta rotonda del cortile impedisce all’insieme di essere troppo solenne. Sull’asse del Collegio, di fronte all’ingresso, sorge uno scalone imponente, racchiuso in un rettangolo dai vertici absidati. Esso porta iscritta la data 1779, undici anni dopo la morte del Vaccarini, e deve quindi essere stato costruito da un suo allievo. Ma molto probabilmente si basa su un disegno dello stesso architetto e si accorda perfettamente con la sua ultima maniera, più severa e classicheggiante. I pilastri della corte sostengono una lunga balconata continua, anch’essa circolare, profonda quanto il portico sottostante, con otto aperture di accesso. La parete del primo piano è costituita da sedici moduli che richiamano le scansione del piano terreno con grandi balconi alternati a finestroni, tutti decorati con elaborate architetture in pietra bianca di Siracusa. Sopra la balconata del primo piano, è presente un attico sagomato come una corona, decorato con vasi e conchiglie, nella tradizione dei chiostri e dei cortili interni catanesi. Solo in piccola parte l’edificio è dotato di un secondo piano, destinato alle abitazioni del Rettore e del Vicerettore e ai vani ad esse annessi. Un solo dettaglio in tutto il complesso mostra le tendenze barocche del Vaccarini: il pavimento a disegni a raggiera in pietra bianca e lava, anche più gaio e leggero di quello del Collegio dei Gesuiti.

mercoledì 17 ottobre 2018

Lucca, capoluogo di provincia della regione Toscana. Chiesa di San Michele in Foro ( Piazza San Michele).

Lucca, capoluogo di provincia della regione Toscana. Chiesa di San Michele in Foro ( Piazza San Michele). A completare il nome della chiesa di San Michele è proprio il luogo in cui fu edificata: il foro, prima centro della vita pubblica, nell'antichità, e poi cuore pulsante della città Comunale. Su questa piazza sorse il Palatium Civitatis, il Palazzo Pubblico, ora scomparso, costruito proprio accanto alla chiesa e poi trasferito nella Fortezza dell'Augusta. La piazza fu lastricata per la prima volta quando nel '400 vi fu costruito il Palazzo Pretorio, ma fra '600 e '700 fu innalzato il piano stradale, venne pavimentata e chiusa da colonnine con catenelle. Le case che delimitano il perimetro della piazza sono tipicamente medievali e da più di ottocento anni stanno lì ad osservare placidamente la vita che scorre nel cuore della città. La chiesa di San Michele, di cui le fonti parlano per la prima volta nel 795, fu edificata proprio qui. Eretta in un luogo centrale, ma obliqua rispetto alla piazza, come molte altre chiese di Lucca, spicca in uno spazio enorme in cui il cielo si apre finalmente dopo il rincorrersi di anguste e tortuose vie medievali, come una meta finalmente raggiunta: tale era per i pellegrini che passavano per la città percorrendo la Francigena. Si fermavano a San Michele per rifocillarsi, cogliendo l'occasione per venerare loro illustri compagni di viaggio, come San Davino, un pellegrino Armeno in viaggio verso Santiago de Compostela, che morì proprio mentre faceva tappa a Lucca e il cui corpo si diceva avesse acquistato poteri taumaturgici dopo la morte. Furono varie le vicende della chiesa di San Michele: cambiò amministrazione più volte prima di divenire privilegio della famiglia Gigli, che contribuì a rinnovarne sia le strutture che le suppellettili. La chiesa, così come appare oggi, frutto della ricostruzione di XI secolo voluta da papa Alessandro, è un palinsesto delle vicende della città: nella sua architettura pisano-lucchese si fondono romanico e gotico, ricordi di età classica e misteriose figure tratte dai bestiari medievali che si affollano sulla facciata dal XII secolo. Nel cantiere di San Michele, fra XIII e XIV secolo lavorarono a Lucca illustri architetti e probabilmente, nonostante lo si deduca solo dallo stile delle decorazioni in facciata, anche Diotisalvi, l'autore del Battistero di Pisa. L'intento originario del progetto era quello di innalzare la chiesa, ma si riuscì solo a creare la facciata, altissima, visibile oggi come una scenografia che si staglia contro il cielo. Fu in questo periodo che vennero create, dalla scuola di Guidetto da Como, che lavorò anche per il Duomo di San Martino, le caratteristiche "loggette", decorate con l'uso di marmi policromi, che iniziano a parlare del gotico e che sono ovviamente influenzate dallo stile lombardo. Infine, nel punto più alto, fu aggiunta la grande statua di San Michele Arcangelo che abbatte il drago, con ali metalliche e due angeli con la funzione di guglie tipicamente gotiche per rendere la chiesa, che già svettava isolata, ancora più protesa verso l'alto.

martedì 16 ottobre 2018

Torino capoluogo della regione Piemonte. Monumento al cavaliere d’Italia, piazza castello.

Torino capoluogo della regione Piemonte. Monumento al cavaliere d’Italia, piazza castello. Per ricordare e onorare il valore dell’Arma, nel 1922 a Roma si istituì il Comitato generale per le onoranze ai Cavalieri d’Italia con l’intento di elevare un monumento equestre. Pochi giorni dopo il comitato, presieduto dal Re e dal senatore Filippo Colonna, propose alla Città di Torino di collocare l’opera in piazza Castello, dove era già ricordato il soldato dell’Esercito Sardo; questa proposta venne accolta con orgoglio ed onore dalla Giunta e dal Consiglio Comunale. La realizzazione del monumento venne affidata a Pietro Canonica che si offrì di lavorare gratuitamente, mentre il bronzo (materiale utilizzato per la costruzione dell’opera) fu offerto dal Ministero della Guerra. Il monumento venne inaugurato, alla presenza di Re Vittorio Emanuele III, il 21 maggio del 1923, con una carosello storico, parate dei militari e delle associazioni. Nel 1937, per fare spazio all’opera dedicata ad Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, la statua venne spostata sul lato destro di Palazzo Madama, dove è situata ancora oggi.  Il monumento equestre ritrae un militare dell’Arma della Cavalleria con le redini in una mano e uno stendardo nell'altra. Eseguita da Pietro Canonica (1869-1959) nel 1923, l'opera fu solennemente inaugurata nello stesso anno alla presenza delle autorità, e poi spostata nella sua attuale posizione nel 1937. Il monumento rappresenta un soldato a cavallo su un piedistallo di granito, che poggia su un basamento a gradoni. Il cavaliere dall’aria vigile, scruta l’orizzonte volgendo lo sguardo alla sua destra mentre con il fucile in spalla, con una mano tiene le redini e con l’altra uno stendardo; la posa del destriero e del suo cavaliere è rilassata, lontana dalle immagini stereotipate di nobili cavalieri che caricano al galoppo. Di contorno al basamento vi sono una serie di alto rilievi con fregi militari. Con il termine Cavalleria si è soliti indicare le unità militari montate a cavallo. Essa ebbe origini molto antiche, venne infatti da sempre impiegata per l’esplorazione dei territori, per azioni in battaglia dove venisse richiesta molta mobilità e velocità nell’attacco e fu anche strategicamente determinante in alcune battaglie. In seguito cominciò ad evidenziare i suoi limiti con il perfezionamento delle armi da fuoco e l’avvento dei treni e degli autoveicoli.

Loreto provincia di Ancona, regione Marche.

LORETO è un comune italiano di 12 791 abitanti della provincia di Ancona nelle Marche. Loreto è famosa per essere la sede della Basilica della Santa Casa, uno dei più importanti e antichi luoghi di pellegrinaggio mariano del mondo cattolico. La città sorge sulla sommità d'una dolce collina, con un'ampia campagna attorno caratterizzata dalla coltivazione dell'ulivo. Svetta per altezza e maestosità la sagoma della cupola e del campanile della Basilica sulla cui cima si trova la figura della Madonna. Il panorama che si gode spazia dal mare a Monte Conero, fino all'Appennino umbro-marchigiano. La città si è sviluppata intorno alla nota Basilica che ospita la celebre reliquia della Santa Casa di Nazaret dove, secondo la tradizione, la Vergine Maria nacque e visse e dove ricevette l'annuncio della nascita miracolosa di Gesù.

lunedì 15 ottobre 2018

Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto.

Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto. La chiesa dei Ss. Domenico e Sisto (papa Sisto II°, venne sorpreso nel cimitero, probabilmente quello di San Callisto, mentre insegnava la parola divina e fu decapitato con sei dei sette diaconi di Roma), situata in largo Angelicum ( prospetta sulla Via salita del Grillo), s'innalza con la sua ampia e caratteristica scalinata a due rampe, terminante in una terrazza ellittica, sull'area precedentemente occupata dalla chiesa di "S. Maria a Magnanapoli". La chiesa, dedicata al fondatore dell'Ordine dei Domenicani, S. Domenico, ed a papa S. Sisto II, fu costruita per volere di Pio V, insieme all'annesso convento, a seguito delle insistenti suppliche delle Suore Domenicane, desiderose di lasciare il monastero di S. Sisto situato in un luogo infestato dalla malaria. Finalmente nel 1575 le Suore si trasferirono in questa chiesa, anche se non ancora ultimata, denominata poi S. Sisto Nuovo perché sostitutiva dell'abbandonata chiesa a sua volta detta S. Sisto Vecchio. Gli artefici di quest'opera furono Giacomo Della Porta, Nicola Torriani, Orazio Torriani e Vincenzo Della Greca, che terminò la facciata nel 1655. Questa, divisa in due ordini e spartita da lesene, presenta un bel portale, inquadrato da due colonne e due lesene che sorreggono un timpano spezzato, al centro del quale vi è posta un'Immagine della Madonna. Sull'architrave del portale, invece, vi è posto lo stemma dei Domenicani: un cane con una torcia accesa tra i denti. Il cane rappresenta la fedeltà al messaggio evangelico dei Domenicani, mentre la fiaccola simboleggia la diffusione della Parola di Dio tra i fedeli e gli infedeli. Il cane, inoltre, è il simbolo per eccellenza dei Domenicani perché essi vennero soprannominati, con un gioco di parole, "Domini canes", ovvero i "cani del Signore", probabilmente per l'ardore dimostrato, nel corso della loro storia, nel difendere il Messaggio di Dio, "azzannando" gli eretici. Un bel finestrone centrale nell'ordine superiore e quattro nicchie con le statue di S. Domenico, S. Sisto, S. Tommaso d'Aquino e S. Pietro completano la facciata, conclusa da un grande timpano triangolare sormontato da una croce e da una serie di candelabri marmorei. Lavori di ampliamento e di restauro dell'intero complesso furono effettuati durante i pontificati di Gregorio XIII, Urbano VIII ed Innocenzo X. Nel 1870 lo Stato Italiano confiscò parte del convento e lo destinò inizialmente a sede della Corte dei Conti e poi del Fondo per il Culto. Nel 1928 il Governo Italiano autorizzò il Collegio S. Tommaso d'Aquino ad acquistare l'ex Convento dei Ss. Domenico e Sisto, nel quale, dopo opportuni restauri ed ampliamenti ad opera dell'architetto Tullio Passarelli, si insediò, nel 1932, il Pontificio Collegio dell'Angelicum, proveniente dalla sede originaria presso S. Maria sopra Minerva.

domenica 14 ottobre 2018


Orvieto, provincia di Terni, regione Umbria. DUOMO. La cattedrale di Santa Maria Assunta è il principale luogo di culto cattolico di Orvieto, in provincia di Terni, chiesa madre della diocesi di Orvieto-Todi e capolavoro dell'architettura gotica dell'Italia Centrale. Nel gennaio del 1889 papa Leone XIII l'ha elevata alla dignità di basilica minore. La costruzione della chiesa fu avviata nel 1290 per volontà di papa Niccolò IV, allo scopo di dare degna collocazione al Corporale del miracolo di Bolsena. Disegnato in stile romanico da un artista sconosciuto (probabilmente Arnolfo di Cambio), in principio la direzione dei lavori fu affidata a fra Bevignate da Perugia a cui succedette ben presto, prima della fine del secolo, Giovanni di Uguccione, che introdusse le prime forme gotiche. Ai primi anni del Trecento lo scultore e architetto senese Lorenzo Maitani assunse il ruolo di capomastro dell'opera. Questi ampliò in forme gotiche l'abside e il transetto e determinò, pur non terminandola, l'aspetto della facciata che vediamo ancora oggi. Alla morte del Maitani, avvenuta nel 1330, i lavori erano tutt'altro che conclusi. Il ruolo di capomastro venne assunto da vari architetti-scultori che si succedettero nel corso degli anni, spesso per brevi periodi. Nel 1350-1356 venne costruita la Cappella del Corporale. Nel 1408-1444 venne costruita la Cappella di San Brizio, affrescata però solo più tardi (1447-1504). Anche i lavori della facciata si protrassero negli anni, fino ad essere completati solo nella seconda metà del 1500 da Ippolito Scalza, che costruì 3 delle 4 guglie della facciata. Il Duomo è da sempre intitolato alla Madonna Assunta, ed è provvisto di cinque campane rinascimentali in tonalità di Mi bemolle.

sabato 13 ottobre 2018

Loreto provincia di Ancona, regione Marche. Basilica della Santa Casa.

Loreto provincia di Ancona, regione Marche. Basilica della Santa Casa. Entrando nella Piazza della Madonna di Loreto rimarrete estasiati da una delle piazze più belle, sicuramente, delle Marche. La Basilica è stata realizzata dal 1468 alla metà del ‘700 e “il tempo impiegato per l’erezione e i diversi artisti che vi hanno lavorato hanno privato l’edificio di unità stilistica, compensata però dal pittoresco, imponente effetto dell’insieme.” Gli artisti sono del calibro di Marino di Marco Cedrino, Giuliano da Maiano, Baccio Pontelli, Giuliano da Sangallo, Francesco di Giorgio Martini, Bramante, Andrea Sansovino, Antonio da Sangallo il Giovane. Per non parlare degli affreschi all’interno: anche lì sarete rapiti nel guardare le minuziose opere che hanno realizzato i pittori delle diverse epoche storiche, tra i quali possiamo citare il Pomarancio o Maccari, per dirne alcuni. "La Santa Casa di Loreto è il primo Santuario di portata internazionale dedicato alla Vergine e vero cuore mariano della cristianità" (Giovanni Paolo lI). Il Santuario di Loreto conserva infatti, secondo un'antica tradizione, oggi comprovata dalle ricerche storiche e archeologiche, la casa nazaretana della Madonna. La dimora terrena di Maria a Nazaret era costituita da due parti: da una Grotta scavata nella roccia, tuttora venerata nella basilica dell'Annunciazione a Nazaret, e da una camera in muratura antistante, composta da tre pareti di pietre poste a chiusura della grotta. Secondo la tradizione, nel 1291, quando i crociati furono espulsi definitivamente dalla Palestina, le pareti in muratura della casa della Madonna furono trasportate "per ministero angelico", prima in Illiria (a Tersatto, nell'odierna Croazia) e poi nel territorio di Loreto (10 dicembre 1294). Oggi, in base a nuove indicazioni documentali, ai risultati degli scavi archeologici a Nazaret e nel sottosuolo della Santa Casa (1962-65) e a studi filologici e iconografici, si va sempre più confermando l'ipotesi secondo cui le pietre della Santa Casa sono state trasportate a Loreto su nave, per iniziativa della nobile famiglia Angeli, che regnava sull'Epiro. Infatti, un documento del settembre 1294, scoperto di recente, attesta che Niceforo Angeli, despota dell'Epiro, nel dare la propria figlia Ithamar in sposa a Filippo di Taranto, quartogenito di Carlo II d'Angiò, re di Napoli, trasmise a lui una serie di beni dotali, fra i quali compaiono con spiccata evidenza: "le sante pietre portate via dalla Casa della Nostra Signora la Vergine Madre di Dio". Murate tra le pietre della Santa Casa sono state trovate cinque croci di stoffa rossa di crociati o, più probabilmente, di cavalieri di un ordine militare che nel medioevo difendevano i luoghi santi e le reliquie. Vi sono stati trovati anche alcuni resti di un uovo di struzzo, il quale subito richiama la Palestina e una simbologia riferentesi al mistero dell'Incarnazione. La Santa Casa inoltre, per la sua struttura e per il materiale in pietra non reperibile in zona, è un manufatto estraneo alla cultura e agli usi edilizi marchigiani. D'altra parte i raffronti tecnici della Santa Casa con la Grotta di Nazaret hanno messo in luce la coesistenza e la contiguità delle due parti. A conferma della tradizione è di grande importanza un recente studio sul modo in cui sono lavorate le pietre, cioè secondo l'uso dei Nabatei, diffuso nella Galilea ai tempi di Gesù. Di grande interesse risultano anche numerosi graffiti incisi sulle pietre della Santa Casa, giudicati dagli esperti di chiara origine giudeo-cristiana e assai simili a quelli riscontrati a Nazaret. La Santa Casa, nel suo nucleo originario è costituita solo da tre pareti perché la parte orientale, ove sorge l'altare, era aperta verso la Grotta. Le tre pareti originarie - senza fondamenta proprie e poggianti su un'antica via - si innalzano da terra per tre metri appena. Il materiale sovrastante, costituito da mattoni locali, è stato aggiunto in seguito, compresa la volta (1536), per rendere l'ambiente più adatto al culto. Il rivestimento marmoreo, che avvolge le pareti della Santa Casa, fu voluto da Giulio II e fu realizzato su disegno del Bramante (1507 c). da rinomati artisti del Rinascimento italiano. La statua della Vergine col Bambino, in legno di cedro del Libano, sostituisce quella del sec. XIV, distrutta da un incendio nel 1921. Grandi artisti si sono succeduti lungo i secoli per abbellire il Santuario la cui fama si è diffusa rapidamente in tutto il mondo divenendo meta privilegiata di milioni di pellegrini. L'insigne reliquia della Santa Casa di Maria è per il pellegrino occasione e invito per meditare gli alti messaggi teologici e spirituali legati al mistero dell'Incarnazione e all'annuncio della Salvezza.

venerdì 12 ottobre 2018


Bergamo, Capoluogo della omonima provincia, della regione Lombardia. Basilica di Santa Maria Maggiore, Piazza Duomo.  E’ l’edificio sacro che, più d’ogni altro, i padri della Chiesa vollero fosse come una Biblia Pauperum, una Bibbia dei poveri, un luogo in cui, chiunque, potesse comprendere attraverso l’arte il significato della parola di Dio, i contenuti spirituali della letteratura sacra. La Basilica di Santa Maria Maggiore, definita “Cappella votiva della città”,  è formata da un insieme di stili e d’arti eterogenee, dei periodi compresi fra il XII e il XIX secolo, dove, temi religiosi convivono con presenze di matrice pagana o laica. In questa chiesa tutto ciò che vedete ha una funzione didattica, tutte le immagini e tutti i capolavori artistici hanno lo scopo di stimolare il visitatore a ricercare in quella dimensione spirituale che dimora in ognuno di noi. La storia racconta che, nel 1133, una forte siccità colpì le terre bergamasche e che a questa seguì una carestia e la peste. La popolazione di Bergamo, stremata, invocò l’aiuto della Maria Vergine e promise la costruzione di una bellissima chiesa in segno di ringraziamento. Nel 1137, davanti al vescovo Gregorio e a tutta la cittadinanza, fu posata la prima pietra della Basilica di Santa Maria Maggiore. Mentre l’esterno della chiesa ha conservato l’originale architettura romanica, l’interno ha subito, nel tempo, notevoli cambiamenti: la Basilica ha un tiburio ottagonale e pianta a croce greca arricchita, in origine, da 5 absidi: una grande centrale e quattro piccole ai lati del transetto. Nel 1472 però l’absidiola di nord-ovest fu abbattuta per ordine di Bartolomeo Colleoni, che in quel luogo fece costruire la propria cappella funeraria. La CAPPELLA DEL VOTO, fu la prima ad essere interessata dai lavori decorativi che mutarono radicalmente l’interno della chiesa a partire dalla prima metà del Cinquecento. Dall’austero stile Romanico, si passò all’ornamentale Barocco, che, oggi ammiriamo. La Cappella ospita La Madonna col Bambino, San Rocco e San Sebastiano, un pala d’altare del 1584 opera di Gian Paolo Lolmo. Il quadro fu commissionato, dal Consiglio della Misericordia, per rispettare il solenne voto popolare. La Vergine, con in braccio il Bambino Gesù, appare seduta all’interno di un’aura luminosa, tra nubi abitate da cherubini.In basso San Rocco e San Sebastiano supplicano la Vergine di guarire i fedeli dalla peste. Per concludere la sua opera, Gian Paolo Lolmo, dipinse sullo sfondo il profilo della città protetta dalle mura venete.

giovedì 11 ottobre 2018

Palermo, capoluogo della regione Sicilia. Galleria d'Arte Moderna Empedocle Restivo, piazza Croce dei Vespri.

Palermo, capoluogo della regione Sicilia. Galleria d'Arte Moderna Empedocle Restivo, piazza Croce dei Vespri. Complesso Monumentale di Sant’Anna la Misericordia (o alla Misericordia o della Misericordia), che si erge nel cuore del centro storico palermitano, su piazza Croce dei Vespri, delimitato a monte da piazza Borsa e da via Roma, vicino all’antico mercato dei Lattarini. Il complesso, formato dall’ex convento francescano della chiesa di Sant’Anna (meraviglioso esempio di Barocco palermitano) e dall’attiguo palazzo Bonet, presenta ancora oggi le caratteristiche dell’architettura residenziale di fine ’400, in stile gotico-catalano, e di una residenza conventuale risalente al ‘600, costruita attorno ad un magnifico chiostro con colonne di marmo e archi a tutto sesto, con un bel portale d’ingresso di chiara origine manierista. Il magnifico chiostro-porticato del convento, realizzato a partire dal XVII secolo, è a pianta quadrata con una sequenza di ventotto archi per lato, che saltano all’occhio per la loro bicromia conferitagli dal colore grigio della pietra di Billiemi del plinto, utilizzata per le colonne e i capitelli, e dal giallo dorato della pietra calcarenitica utilizzata per gli archi. Istituita nel 1910 per iniziativa di Empedocle Restivo, la galleria ha sede nel quattrocentesco complesso monumentale di S. Anna, appena restaurato e sito nel cuore del centro storico della città. La galleria, con il nuovo ordinamento scientifico delle collezioni, mostra le sue opere d'arte in un viaggio che si snoda tra i temi emergenti della cultura e della storia dell'Ottocento e del Novecento. Tra gli artisti presenti, gli scultori Mario Rutelli, Domenico Trentacoste, Ettore Ximenes; i pittori, Domenico Morelli, Francesco Lojacono, Ettore De Maria Bergler, Franz von Stuck (Il Peccato), e ancora Carlo Carrà (Paesaggio) , Renato Guttuso (Autoritratto) , Felice Casorati (Gli scolari), Fausto Pirandello, Mario Sironi.

mercoledì 10 ottobre 2018

Catania capoluogo di provincia della regione Sicilia. Convitto, liceo e collegio Cutelli, via Vittorio Emanuele n° 56 .


Catania capoluogo di provincia della regione Sicilia. Convitto, liceo e collegio Cutelli, via Vittorio Emanuele n° 56 .  Il convitto Cutelli, progettato da Francesco Battaglia e Gian Battista Vaccarini su commissione di Mario Cutelli, è un nuovo esempio di grande architettura settecentesca (1761). Si ha ragione di credere che nel 1756 Vaccarini si recasse a Napoli per scegliere i marmi destinati alla cappella del Palazzo Reale di Caserta, e forse in questa visita prese conoscenza del nuovo e più classico stile che il Vanvitelli e il Fuga andavano introducendo a Napoli. Comunque le sue ultime opere, come il Collegio Cutelli e la Badia piccola di San Benedetto, tradiscono la loro influenza. Nel Collegio Cutelli su via Vittorio Emanuele, imboccato l’ingresso e superato il breve atrio coperto, si raggiunge la corte, elemento di maggior spicco dell’intero edificio. Il piano terra è definito da un portico circolare costituto da sedici archi a tutto sesto, sostenuti da altrettanti pilastri cruciformi, composti da una sezione trapezoidale con delle semicolonne appoggiate. Il dorico romano che caratterizza la trabeazione circolare dell’atrio interno del Collegio Cutelli è severo e monumentale come quello dell’atrio di Caserta, ma la pianta rotonda del cortile impedisce all’insieme di essere troppo solenne. Sull’asse del Collegio, di fronte all’ingresso, sorge uno scalone imponente, racchiuso in un rettangolo dai vertici absidati. Esso porta iscritta la data 1779, undici anni dopo la morte del Vaccarini, e deve quindi essere stato costruito da un suo allievo. Ma molto probabilmente si basa su un disegno dello stesso architetto e si accorda perfettamente con la sua ultima maniera, più severa e classicheggiante. I pilastri della corte sostengono una lunga balconata continua, anch’essa circolare, profonda quanto il portico sottostante, con otto aperture di accesso. La parete del primo piano è costituita da sedici moduli che richiamano le scansione del piano terreno con grandi balconi alternati a finestroni, tutti decorati con elaborate architetture in pietra bianca di Siracusa. Sopra la balconata del primo piano, è presente un attico sagomato come una corona, decorato con vasi e conchiglie, nella tradizione dei chiostri e dei cortili interni catanesi. Solo in piccola parte l’edificio è dotato di un secondo piano, destinato alle abitazioni del Rettore e del Vicerettore e ai vani ad esse annessi. Un solo dettaglio in tutto il complesso mostra le tendenze barocche del Vaccarini: il pavimento a disegni a raggiera in pietra bianca e lava, anche più gaio e leggero di quello del Collegio dei Gesuiti.

martedì 9 ottobre 2018

Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto.

Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto. La chiesa dei Ss. Domenico e Sisto (papa Sisto II°, venne sorpreso nel cimitero, probabilmente quello di San Callisto, mentre insegnava la parola divina e fu decapitato con sei dei sette diaconi di Roma), situata in largo Angelicum ( prospetta sulla Via salita del Grillo), s'innalza con la sua ampia e caratteristica scalinata a due rampe, terminante in una terrazza ellittica, sull'area precedentemente occupata dalla chiesa di "S. Maria a Magnanapoli". La chiesa, dedicata al fondatore dell'Ordine dei Domenicani, S. Domenico, ed a papa S. Sisto II, fu costruita per volere di Pio V, insieme all'annesso convento, a seguito delle insistenti suppliche delle Suore Domenicane, desiderose di lasciare il monastero di S. Sisto situato in un luogo infestato dalla malaria. Finalmente nel 1575 le Suore si trasferirono in questa chiesa, anche se non ancora ultimata, denominata poi S. Sisto Nuovo perché sostitutiva dell'abbandonata chiesa a sua volta detta S. Sisto Vecchio. Gli artefici di quest'opera furono Giacomo Della Porta, Nicola Torriani, Orazio Torriani e Vincenzo Della Greca, che terminò la facciata nel 1655. Questa, divisa in due ordini e spartita da lesene, presenta un bel portale, inquadrato da due colonne e due lesene che sorreggono un timpano spezzato, al centro del quale vi è posta un'Immagine della Madonna. Sull'architrave del portale, invece, vi è posto lo stemma dei Domenicani: un cane con una torcia accesa tra i denti. Il cane rappresenta la fedeltà al messaggio evangelico dei Domenicani, mentre la fiaccola simboleggia la diffusione della Parola di Dio tra i fedeli e gli infedeli. Il cane, inoltre, è il simbolo per eccellenza dei Domenicani perché essi vennero soprannominati, con un gioco di parole, "Domini canes", ovvero i "cani del Signore", probabilmente per l'ardore dimostrato, nel corso della loro storia, nel difendere il Messaggio di Dio, "azzannando" gli eretici. Un bel finestrone centrale nell'ordine superiore e quattro nicchie con le statue di S. Domenico, S. Sisto, S. Tommaso d'Aquino e S. Pietro completano la facciata, conclusa da un grande timpano triangolare sormontato da una croce e da una serie di candelabri marmorei. Lavori di ampliamento e di restauro dell'intero complesso furono effettuati durante i pontificati di Gregorio XIII, Urbano VIII ed Innocenzo X. Nel 1870 lo Stato Italiano confiscò parte del convento e lo destinò inizialmente a sede della Corte dei Conti e poi del Fondo per il Culto. Nel 1928 il Governo Italiano autorizzò il Collegio S. Tommaso d'Aquino ad acquistare l'ex Convento dei Ss. Domenico e Sisto, nel quale, dopo opportuni restauri ed ampliamenti ad opera dell'architetto Tullio Passarelli, si insediò, nel 1932, il Pontificio Collegio dell'Angelicum, proveniente dalla sede originaria presso S. Maria sopra Minerva.

lunedì 8 ottobre 2018

Perugia capoluogo dell’omonima provincia della regione Umbria. La BASILICA DI SAN DOMENICO Piazza Giordano Bruno.

Perugia capoluogo dell’omonima provincia della regione Umbria. La BASILICA DI SAN DOMENICO Piazza Giordano Bruno. Fondata nel 1304 e ampiamente ricostruita su disegno di Maderno nel XVII secolo, è la più grande struttura religiosa di tutta l'Umbria. Autentico capolavoro della scultura del XIV secolo, conservato nella basilica, è il monumento funebre a Benedetto XI. Di notevole pregio è anche il coro ligneo della fine del XV secolo e la vetrata absidale del 1411, la seconda in Italia per grandezza (m 22x8) dopo quella del duomo di Milano. Sopra le volte e sotto le due falde del tetto sussistono le singolari "soffitte di S. Domenico", ampi vani di risulta della ricostruzione Seicentesca, ricche di suggestioni e reperti della originaria struttura gotica, con accesso diretto al poderoso campanile (XVI sec) con vista panoramica estesa dalla Romagna all'Abruzzo, dalle Marche alla Toscana.

domenica 7 ottobre 2018

Abbazia di San Lorenzo a Coltibuono in Chianti, Loc. Badia a Coltibuono, Gaiole In Chianti, provincia di Siena, regione Toscana.

Abbazia di San Lorenzo a Coltibuono in Chianti, Loc. Badia a Coltibuono, Gaiole In Chianti, provincia di Siena, regione Toscana. Siamo in Chianti nelle vicinanze di Montegrossi, dove nel 770 il fiorentino Geremia de' Firidolfi costruì il nucleo primigenio di quello che fu l'Abbazia di San Lorenzo a Coltibuono (oggi badia). La chiesa di Coltibuono, dedicata a San Lorenzo, fu fondata, secondo la leggenda, da Geremia dei Firidolfi. Esisteva già nel X secolo ed é sempre stata legata alla famiglia dei Firidolfi, che nel 1049 vi istituì una comunità di canonici regolari sotto il suo patronato. Coltibuono, trasformato in monastero, si arrricchì con un cospicuo patrimonio immobiliare, come testimoniato da numerose carte del convento e dal 1095 fu inserito nella congregazione di Vallombrosa; nel 1160 Ugo Ricasoli fece costruire il campanile della chiesa. Dopo il 1239, anno in cui l'abbazia fu presa sotto la protezione di Firenze, iniziò un lungo periodo di decadenza. Nel XV secolo la crisi di Coltibuono si accentuò e, secondo l'uso del tempo, il patrimonio ecclesiastico fu amministrato da laici tramite un commenda. Alla fine del 1400 Lorenzo il Magnifico, nonostante le resistenze dei patroni Ricasoli, ottenne per il figlio Giovanni, futuro papa Leone X, la commenda di San Lorenzo a Coltibuono. Con la cacciata dei Medici e l'elezione di papa Alessandro VI, i Ricasoli sperarono di recuperare il privilegio, ma nel 1502 l'abate di Vallombrosa, appoggiato dalla repubblica fiorentina, riuscì ad espellerli definitivamente riconoscendo all'antica casata solo uno "Jus Honorificum". Successivamente l'Abbazia fu donata a San Giovanni Gualberto passando sotto i possedimenti dell'Ordine Vallombrosiano. La chiesa ha pianta a croce latina con abside semicircolare. Il campanile merlato fu costruito nel 1160. La navata conserva la falsa volta settecentesca mentre le volte a botte dei bracci del transetto sono originali. All'interno della chiesa sono presenti diversi affreschi e stucchi di origine settecentesca (barocca). Nel 1810 in seguito al deleterio editto emesso da Napoleone, il convento venne chiuso e trasformato in fattoria!, mentre la badia fu declassata a semplice chiesa parrocchiale.

sabato 6 ottobre 2018

Bologna, capoluogo della regione Emilia e Romagna. BASILICA SAN GIACOMO MAGGIORE ( Piazza Gioacchino Rossini)

Bologna, capoluogo della regione Emilia e Romagna. BASILICA SAN GIACOMO MAGGIORE ( Piazza Gioacchino Rossini) è una basilica della città di Bologna. Fu fondata nel 1267 come chiesa dell'ordine degli Agostiniani. Al suo interno si trova la cappella Bentivoglio, splendida architettura di metà Quattrocento, ricca di opere d'arte rinascimentale. Già dal 1247 la comunità di eremiti del beato Giovanni Bono da Mantova, detti Giamboniti, si era stabilita a ridosso delle mura di Bologna lungo il corso del Savena, dove fondarono il loro monastero e la chiesa dedicata a San Giacomo. Gli eremiti di San Giacomo di Savena vennero a far parte del nuovo grande organismo detto "Ordine Eremitano di Sant'Agostino", voluto nel 1256 da papa Alessandro IV, il cui primo generale fu Lanfranco Settala da Milano, giambonita proveniente dalla comunità bolognese. La facciata, é la parte più antica di San Giacomo, a due spioventi, con slanciate proporzioni tardo-romaniche. Gli ornati in pietra d'Istria sulle finestre ogivali, di gusto veneziano, furono eseguiti da maestri lombardi nel 1295[1]. Forse ai primi del Trecento furono aggiunte in facciata le quattro celle sepolcrali archiacute, di poco successive a quelle sotto il portico, e il protiro originale fu modificato riadattando i leoni stilofori che originariamente erano rivolti verso l'esterno. Sulla destra, l'entrata dell'antico convento, ora Conservatorio "G. B. Martini", e la tomba cinquecentesca di Annibale Coltelli. L'interno della basilica, é arioso e imponente nel suo assetto rinascimentale, con sovrastrutture barocche. Le grandi volte a vela recano gli affreschi con i Santi Nicola da Tolentino, Agostino e Giacomo Maggiore, eseguiti nel 1495 dalla bottega del Francia e del Costa.

giovedì 4 ottobre 2018

Cagliari capoluogo della Regione Sardegna. Cattedrale di Santa Maria.

Cagliari capoluogo della Regione Sardegna. Cattedrale di Santa Maria. Costruita nel XIII sec. in stile romanico-pisano, subì nel corso dei secoli varie trasformazioni in stile gotico, barocco e neoromanico. L'interno della chiesa, con pianta a croce latina, si presenta a tre navate con transetto e cappelle laterali. Nel braccio destro, all'interno della cappella aragonese, è custodita una preziosa reliquia: una spina che si vuole appartenesse alla corona di Gesù, che giunse a Cagliari nel 1527 insieme ad altre reliquie ed opere d'arte trafugate da varie chiese di Roma e dallo stesso appartamento pontificio. Poco prima di giungere in porto, la nave si imbatté in una tempesta, e chi era a conoscenza della presenza del prezioso carico, spinto forse dalla convinzione che la tempesta fosse espressione della collera divina per i furti sacrileghi, confessò il fatto ad alcuni religiosi presenti sulla nave, che giunti a Cagliari informarono l'arcivescovo dell'accaduto. Il papa Clemente VII, venuto a conoscenza dei fatti, decise comunque di lasciare in dono alla Cattedrale di Cagliari alcune reliquie, tra cui la Sacra Spina e un trittico fiammingo del XV secolo attribuito al pittore Rogier Van der Weyden; entrambi vengono esposti durante la festa dell'Assunzione.

mercoledì 3 ottobre 2018

Messina, capoluogo dell’omonima provincia della regione Sicilia. CHIESA DI S. ANTONIO ABATE, Corso Cavour n° 137.

Messina, capoluogo dell’omonima provincia della regione Sicilia. CHIESA DI S. ANTONIO ABATE, Corso Cavour n° 137. Sul Corso Cavour sorge la chiesa di S. Antonio Abate, progettata dall'ing. Francesco Barbaro e costruita dai f.lli Cardillo tra il 1928 e il 1930. Prima del terremoto del 1908, sullo stesso posto, sorgeva la chiesa dell’Annunziata dei Teatini, eretta nel ‘600 su progetto dell’architetto modenese Guarino Guarini. Esternamente si presenta simile alla Basilica di Superga; il suo ingresso è affiancato da quattro colonne , due per lato, che le danno un' austerità  tipica delle chiese  Romane. Subito dopo l’ingresso, sulla sinistra, in una cappelletta è custodito un Crocefisso in cartapesta con croce in legno dell’800. L’interno, che ha forma circolare articolata su otto colonne centrali sulle quali poggia una grande cupola con lanternino, custodisce una statua della "Madonna con Gesù giovanetto", attribuita alla scuola del Montorsoli;  una statua in marmo di "Maria Addolorata" ed un pregevolissimo fonte battesimale. Le volte absidali furono affrescate dal De Pasquale, con le raffigurazioni dello "Sposalizio della Vergine", l’"Annunziata" e la "Natività.  

martedì 2 ottobre 2018

.Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Altare della Patria, piazza Venezia.

Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Altare della Patria, piazza Venezia. Il Vittoriano o Altare della Patria è un monumento di grandissima valenza simbolica che riunisce in sé tutti i valori dell’Italia risorgimentale e della nostra Costituzione. Questo è uno dei monumenti più emblematici della storia del nostro Paese ed è il simbolo dell’Italia del Risorgimento e della monarchia sabauda. La prima pietra fu posta da Umberto I di Savoia nel 1885, figlio di Vittorio Emanuele II, il primo re d’Italia. La necessità era quella di avere un monumento commemorativo estremamente simbolico per testimoniare i cambiamenti del Paese. La scelta di costruire il Vittoriano sul Campidoglio non è stata certo casuale: si tratta infatti del primo colle su cui, secondo la leggenda, fu fondata Roma nonché dove fu eretto il tempio a Giove Capitolino. Simbolicamente fu deciso di porre il Vittoriano non lontano dal Colosseo, massimo simbolo della Roma imperiale e in contrapposizione a San Pietro, che rappresentava il potere temporale dei Papi. Sempre per fare da contrappeso al potere dei papi, fu costruito pochi anni dopo il palazzo di Giustizia vicino a Castel Sant’Angelo, da sempre prigione sotto il controllo del Vaticano e perciò simbolo di un potere religioso che ormai doveva lasciare il posto all’Italia unita e laica. Per il progetto del Vittoriano fu indetto un concorso pubblico, vinto da Giovanni Sacconi, giovane architetto de Le Marche che aveva un progetto ambizioso e di forte valenza simbolica. Per erigere il monumento molti furono gli espropri e le distruzioni ai danni soprattutto di edifici medievali circostanti per fare largo alla nuova costruzione. Il lavori durarono quasi 25 anni per terminarla. All’inaugurazione dell’altare della patria, risalente al 1911, erano presenti tutte le più grandi personalità dello Stato. Questo edificio rappresenta la Patria: ai due lati, dove sorge e tramonta il sole, vi sono due fontane con i mari Adriatico e Tirreno, come ai lati della Penisola. In alto, sui due propilei, troneggiano le scritte in caratteri cubitali “PATRIAE UNITATI” e “CIVIUM LIBERTATI” ovvero “All’unità della patria” e “Alla libertà dei cittadini” che rappresentano quindi i due principi fondamentali di unità e libertà di cui si faceva promotore il nuovo Stato. L’enorme edificio, che con le quadrighe raggiunge gli 81 metri di altezza, è tutto decorato da gruppi scultorei eseguiti da vari artisti che rappresentano i valori del popolo italiano: troviamo la Forza, il Diritto, l’Azione, la Concordia, il Sacrificio ed il Pensiero. Al centro, accanto alla tomba del Milite Ignoto, posta nel 1921 a monito e memoria dopo la Prima Guerra Mondiale, troneggia la statua di Roma. Sullo sfondo di un mosaico dorato a simboleggiare l’importanza della nuova capitale e la sua centralità geografica e politica; sui due lati troviamo la rappresentazione dell’agricoltura e dell’industria, cioè il lavoro su cui poggia l’economia del Paese e l’amor patrio su cui si fonda la società. Sul piedistallo che sorregge l’enorme statua equestre di Vittorio Emanuele II (Riguardo l’enorme statua equestre in bronzo, fatta nel 1910 da Enrico Chiaradia, c’è una curiosità che sembra incredibile: quando fu terminata ospitò all’interno della pancia del cavallo una cena per venti persone, come testimoniano foto d’epoca) troviamo quattordici città italiane. Sopra, in corrispondenza delle colonne che fanno da quinta al re a cavallo, vi sono invece allegorie delle sedici regioni dell’epoca, frutto del lavoro di artisti provenienti dalla regione che rappresentava. Due alte colonne, sormontate da vittorie alate, coronano quest’esaltazione dell’Italia e dei suoi valori, del suo popolo e della sua storia. L’interno del colonnato che costituisce la terrazza è decorato con marmi e mosaici di Giulio Bargellini. Rappresentano la Fede, il Lavoro, la Forza e la Sapienza da un lato, la Legge, il Valore, la Pace e l’Unione dell’altro. Persino i motivi vegetali che decorano l’altare della patria hanno un significato preciso: l’alloro rappresenta il valore, la palma la vittoria, la quercia la forza, il mirto il sacrificio e l’ulivo la pace. La terrazza delle quadrighe è accessibile e visitabile tramite un suggestivo ascensore a vetri: Ti lascerà a bocca aperta la vista sulla città eterna (prezzo 7 euro, ridotto 3,50). Da qui si gode una delle viste panoramiche più belle di Roma.

lunedì 1 ottobre 2018

Palermo capoluogo di provincia e della regione Sicilia. Il Real Teatro Santa Cecilia.

Palermo capoluogo di provincia e della regione Sicilia. Il Real Teatro Santa Cecilia, più comunemente noto come Teatro di Santa Cecilia, è un teatro di Palermo del XVII secolo. Ubicato nell'omonima piazzetta nel centro storico cittadino, lo stabile venne fondato nel 1692 dall'Unione dei musici, una corporazione che univa musicisti ed uomini dello spettacolo, con il concorso della nobiltà e dello stesso Viceré Uzeda, e inaugurato il 28 ottobre 1693. Per l'inaugurazione venne rappresentata "L'Innocenza Penitente o la S. Rosalia" di Vincenzo Giattini e musica di Ignazio Pulicò: fino ad allora le commedie e le tragedie venivano rappresentate nella chiesa dello Spasimo e nella chiesa della Pinta. Il teatro venne edificato nel 1692-93 e venne ristrutturato nel 1853 secondo il gusto neoclassico. In seguito l’edificazione dei nuovi teatri in città il S. Cecilia chiuse i battenti nel 1888 per poi essere convertito a destinazione industriale nel 1906. Il teatro è  oggi sede della fondazione "The Brass Group", che ha sede a Palermo, in due siti monumentali tra i più prestigiosi della città, il Santa Cecilia e il Complesso Monumentale di S. Maria dello Spasimo. La fondazione persegue senza fini di lucro, la diffusione dell'arte e della cultura musicale del ventesimo secolo.Tornato a nuova luce dopo i lavori di restauro e rivalutazione, attualmente lo stabile ospita concerti jazz e spettacoli organizzati e promossi dalla stessa Fondazione.