Lucca, capoluogo di
provincia della regione Toscana. Chiesa di San Michele in Foro ( Piazza San
Michele). A completare
il nome della chiesa di San Michele è proprio il luogo in cui fu edificata: il
foro, prima centro della vita pubblica, nell'antichità, e poi cuore pulsante
della città Comunale. Su questa piazza sorse il Palatium Civitatis, il Palazzo
Pubblico, ora scomparso, costruito proprio accanto alla chiesa e poi trasferito
nella Fortezza dell'Augusta. La piazza fu lastricata per la prima volta quando
nel '400 vi fu costruito il Palazzo Pretorio, ma fra '600 e '700 fu innalzato
il piano stradale, venne pavimentata e chiusa da colonnine con catenelle. Le
case che delimitano il perimetro della piazza sono tipicamente medievali e da
più di ottocento anni stanno lì ad osservare placidamente la vita che scorre
nel cuore della città. La chiesa di San Michele, di cui le fonti parlano per la
prima volta nel 795, fu edificata proprio qui. Eretta in un luogo centrale, ma
obliqua rispetto alla piazza, come molte altre chiese di Lucca, spicca in uno
spazio enorme in cui il cielo si apre finalmente dopo il rincorrersi di anguste
e tortuose vie medievali, come una meta finalmente raggiunta: tale era per i pellegrini
che passavano per la città percorrendo la Francigena. Si fermavano a San Michele per rifocillarsi, cogliendo l'occasione per
venerare loro illustri compagni di viaggio, come San Davino, un pellegrino
Armeno in viaggio verso Santiago de Compostela, che morì proprio mentre faceva
tappa a Lucca e il cui corpo si diceva avesse acquistato poteri taumaturgici
dopo la morte. Furono varie le vicende della
chiesa di San Michele: cambiò amministrazione più volte prima di divenire
privilegio della famiglia Gigli, che contribuì a rinnovarne sia le strutture
che le suppellettili. La chiesa, così come appare oggi,
frutto della ricostruzione di XI secolo voluta da papa Alessandro, è un
palinsesto delle vicende della città: nella sua architettura pisano-lucchese si
fondono romanico e gotico, ricordi di età classica e misteriose figure tratte
dai bestiari medievali che si affollano sulla facciata dal XII secolo. Nel cantiere di San Michele, fra XIII e XIV secolo lavorarono a Lucca
illustri architetti e probabilmente, nonostante lo si deduca solo dallo stile
delle decorazioni in facciata, anche Diotisalvi, l'autore del Battistero di
Pisa. L'intento originario del progetto era quello di innalzare la chiesa, ma
si riuscì solo a creare la facciata, altissima, visibile oggi come una
scenografia che si staglia contro il cielo. Fu in questo
periodo che vennero create, dalla scuola di Guidetto da Como, che lavorò anche
per il Duomo di San Martino, le caratteristiche "loggette", decorate
con l'uso di marmi policromi, che iniziano a parlare del gotico e che sono
ovviamente influenzate dallo stile lombardo. Infine, nel
punto più alto, fu aggiunta la grande statua di San Michele Arcangelo che
abbatte il drago, con ali metalliche e due angeli con la funzione di guglie
tipicamente gotiche per rendere la chiesa, che già svettava isolata, ancora più
protesa verso l'alto.
sabato 30 giugno 2018
venerdì 29 giugno 2018
Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto.
Roma,
regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto. La chiesa dei Ss. Domenico e Sisto
(papa Sisto II°, venne sorpreso nel cimitero, probabilmente quello di San
Callisto, mentre insegnava la parola divina e fu decapitato con sei dei sette
diaconi di Roma), situata in largo Angelicum ( prospetta sulla Via salita del
Grillo), s'innalza con la sua ampia e caratteristica scalinata a due rampe,
terminante in una terrazza ellittica, sull'area precedentemente occupata dalla
chiesa di "S. Maria a Magnanapoli". La chiesa, dedicata al fondatore
dell'Ordine dei Domenicani, S. Domenico, ed a papa S. Sisto II, fu costruita
per volere di Pio V, insieme all'annesso convento, a seguito delle insistenti
suppliche delle Suore Domenicane, desiderose di lasciare il monastero di S. Sisto
situato in un luogo infestato dalla malaria. Finalmente nel 1575 le Suore si
trasferirono in questa chiesa, anche se non ancora ultimata, denominata poi S. Sisto
Nuovo perché sostitutiva dell'abbandonata chiesa a sua volta detta S. Sisto
Vecchio. Gli artefici di quest'opera furono Giacomo Della Porta, Nicola
Torriani, Orazio Torriani e Vincenzo Della Greca, che terminò la facciata nel
1655. Questa, divisa in due ordini e spartita da lesene,
presenta un bel portale, inquadrato da due colonne e due lesene che sorreggono
un timpano spezzato, al centro del quale vi è posta un'Immagine della Madonna.
Sull'architrave del portale, invece, vi è posto lo stemma dei Domenicani: un
cane con una torcia accesa tra i denti. Il cane rappresenta la fedeltà al
messaggio evangelico dei Domenicani, mentre la fiaccola simboleggia la
diffusione della Parola di Dio tra i fedeli e gli infedeli. Il cane, inoltre, è
il simbolo per eccellenza dei Domenicani perché essi vennero soprannominati,
con un gioco di parole, "Domini canes", ovvero i "cani del
Signore", probabilmente per l'ardore dimostrato, nel corso della loro
storia, nel difendere il Messaggio di Dio, "azzannando" gli eretici.
Un bel finestrone centrale nell'ordine superiore e quattro nicchie con le
statue di S. Domenico, S. Sisto, S. Tommaso d'Aquino e S. Pietro completano la
facciata, conclusa da un grande timpano triangolare sormontato da una croce e
da una serie di candelabri marmorei. Lavori di ampliamento e di restauro
dell'intero complesso furono effettuati durante i pontificati di Gregorio XIII,
Urbano VIII ed Innocenzo X. Nel 1870 lo Stato Italiano confiscò parte del
convento e lo destinò inizialmente a sede della Corte dei Conti e poi del Fondo
per il Culto. Nel 1928 il Governo Italiano autorizzò il Collegio S. Tommaso
d'Aquino ad acquistare l'ex Convento dei Ss. Domenico e Sisto, nel quale, dopo
opportuni restauri ed ampliamenti ad opera dell'architetto Tullio Passarelli,
si insediò, nel 1932, il Pontificio Collegio dell'Angelicum, proveniente dalla
sede originaria presso S. Maria sopra Minerva.
giovedì 28 giugno 2018
Abbazia di San Lorenzo a Coltibuono in Chianti, Loc. Badia a Coltibuono, Gaiole In Chianti, provincia di Siena, regione Toscana.
Abbazia di
San Lorenzo a Coltibuono in Chianti, Loc. Badia a Coltibuono, Gaiole In Chianti,
provincia di Siena, regione Toscana. Siamo in Chianti nelle vicinanze di Montegrossi, dove nel 770 il
fiorentino Geremia de' Firidolfi costruì il nucleo primigenio di quello che fu
l'Abbazia di San Lorenzo a Coltibuono (oggi badia). La chiesa di Coltibuono,
dedicata a San Lorenzo, fu fondata, secondo la leggenda, da Geremia dei
Firidolfi. Esisteva già nel X secolo ed é sempre stata legata alla famiglia dei
Firidolfi, che nel 1049 vi istituì una comunità di canonici regolari sotto il suo
patronato. Coltibuono, trasformato in monastero, si arrricchì con un cospicuo
patrimonio immobiliare, come testimoniato da numerose carte del convento e dal
1095 fu inserito nella congregazione di Vallombrosa; nel 1160 Ugo Ricasoli fece
costruire il campanile della chiesa. Dopo il 1239, anno in cui l'abbazia fu
presa sotto la protezione di Firenze, iniziò un lungo periodo di decadenza. Nel
XV secolo la crisi di Coltibuono si accentuò e, secondo l'uso del tempo, il patrimonio
ecclesiastico fu amministrato da laici tramite un commenda. Alla fine del 1400
Lorenzo il Magnifico, nonostante le resistenze dei patroni Ricasoli, ottenne
per il figlio Giovanni, futuro papa Leone X, la commenda di San Lorenzo a
Coltibuono. Con la cacciata dei Medici e l'elezione di papa Alessandro VI, i
Ricasoli sperarono di recuperare il privilegio, ma nel 1502 l'abate di
Vallombrosa, appoggiato dalla repubblica fiorentina, riuscì ad espellerli
definitivamente riconoscendo all'antica casata solo uno "Jus
Honorificum". Successivamente l'Abbazia fu donata a San Giovanni Gualberto
passando sotto i possedimenti dell'Ordine Vallombrosiano. La chiesa ha
pianta a croce latina con abside semicircolare. Il campanile merlato fu
costruito nel 1160. La navata conserva la falsa volta settecentesca mentre le
volte a botte dei bracci del transetto sono originali. All'interno della
chiesa sono presenti diversi affreschi e stucchi di origine settecentesca
(barocca). Nel 1810 in seguito al deleterio editto emesso da Napoleone, il
convento venne chiuso e trasformato in fattoria!, mentre la badia fu declassata
a semplice chiesa parrocchiale.
mercoledì 27 giugno 2018
Palermo, capoluogo della regione Sicilia. Galleria d'Arte Moderna Empedocle Restivo, piazza Croce dei Vespri.
Palermo, capoluogo della regione Sicilia. Galleria d'Arte
Moderna Empedocle Restivo, piazza Croce dei Vespri. Complesso Monumentale di Sant’Anna la Misericordia (o
alla Misericordia o della Misericordia), che si erge nel cuore del centro
storico palermitano, su piazza Croce dei Vespri, delimitato a monte da piazza
Borsa e da via Roma, vicino all’antico mercato dei Lattarini. Il complesso,
formato dall’ex convento francescano della chiesa di Sant’Anna (meraviglioso
esempio di Barocco palermitano) e dall’attiguo palazzo Bonet, presenta ancora
oggi le caratteristiche dell’architettura residenziale di fine ’400, in stile
gotico-catalano, e di una residenza conventuale risalente al ‘600, costruita
attorno ad un magnifico chiostro con colonne di marmo e archi a tutto sesto,
con un bel portale d’ingresso di chiara origine manierista. Il magnifico
chiostro-porticato del convento, realizzato a partire dal XVII secolo, è a
pianta quadrata con una sequenza di ventotto archi per lato, che saltano
all’occhio per la loro bicromia conferitagli dal colore grigio della pietra di
Billiemi del plinto, utilizzata per le colonne e i capitelli, e dal giallo
dorato della pietra calcarenitica utilizzata per gli archi. Istituita nel 1910
per iniziativa di Empedocle Restivo, la galleria ha sede nel quattrocentesco complesso
monumentale di S. Anna, appena restaurato e sito nel cuore del centro storico
della città. La galleria, con il nuovo ordinamento scientifico delle
collezioni, mostra le sue opere d'arte in un viaggio che si snoda tra i temi
emergenti della cultura e della storia dell'Ottocento e del Novecento. Tra gli
artisti presenti, gli scultori Mario Rutelli, Domenico Trentacoste, Ettore
Ximenes; i pittori, Domenico Morelli, Francesco Lojacono, Ettore De Maria
Bergler, Franz von Stuck (Il Peccato), e ancora Carlo Carrà (Paesaggio) ,
Renato Guttuso (Autoritratto) , Felice Casorati (Gli scolari), Fausto
Pirandello, Mario Sironi.
martedì 26 giugno 2018
Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto.
Roma,
regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto. La chiesa dei Ss. Domenico e Sisto
(papa Sisto II°, venne sorpreso nel cimitero, probabilmente quello di San
Callisto, mentre insegnava la parola divina e fu decapitato con sei dei sette
diaconi di Roma), situata in largo Angelicum ( prospetta sulla Via salita del
Grillo), s'innalza con la sua ampia e caratteristica scalinata a due rampe,
terminante in una terrazza ellittica, sull'area precedentemente occupata dalla
chiesa di "S. Maria a Magnanapoli". La chiesa, dedicata al fondatore
dell'Ordine dei Domenicani, S. Domenico, ed a papa S. Sisto II, fu costruita
per volere di Pio V, insieme all'annesso convento, a seguito delle insistenti
suppliche delle Suore Domenicane, desiderose di lasciare il monastero di S. Sisto
situato in un luogo infestato dalla malaria. Finalmente nel 1575 le Suore si
trasferirono in questa chiesa, anche se non ancora ultimata, denominata poi S. Sisto
Nuovo perché sostitutiva dell'abbandonata chiesa a sua volta detta S. Sisto
Vecchio. Gli artefici di quest'opera furono Giacomo Della Porta, Nicola
Torriani, Orazio Torriani e Vincenzo Della Greca, che terminò la facciata nel
1655. Questa, divisa in due ordini e spartita da lesene,
presenta un bel portale, inquadrato da due colonne e due lesene che sorreggono
un timpano spezzato, al centro del quale vi è posta un'Immagine della Madonna.
Sull'architrave del portale, invece, vi è posto lo stemma dei Domenicani: un
cane con una torcia accesa tra i denti. Il cane rappresenta la fedeltà al
messaggio evangelico dei Domenicani, mentre la fiaccola simboleggia la
diffusione della Parola di Dio tra i fedeli e gli infedeli. Il cane, inoltre, è
il simbolo per eccellenza dei Domenicani perché essi vennero soprannominati,
con un gioco di parole, "Domini canes", ovvero i "cani del
Signore", probabilmente per l'ardore dimostrato, nel corso della loro
storia, nel difendere il Messaggio di Dio, "azzannando" gli eretici.
Un bel finestrone centrale nell'ordine superiore e quattro nicchie con le
statue di S. Domenico, S. Sisto, S. Tommaso d'Aquino e S. Pietro completano la
facciata, conclusa da un grande timpano triangolare sormontato da una croce e
da una serie di candelabri marmorei. Lavori di ampliamento e di restauro
dell'intero complesso furono effettuati durante i pontificati di Gregorio XIII,
Urbano VIII ed Innocenzo X. Nel 1870 lo Stato Italiano confiscò parte del
convento e lo destinò inizialmente a sede della Corte dei Conti e poi del Fondo
per il Culto. Nel 1928 il Governo Italiano autorizzò il Collegio S. Tommaso
d'Aquino ad acquistare l'ex Convento dei Ss. Domenico e Sisto, nel quale, dopo
opportuni restauri ed ampliamenti ad opera dell'architetto Tullio Passarelli,
si insediò, nel 1932, il Pontificio Collegio dell'Angelicum, proveniente dalla
sede originaria presso S. Maria sopra Minerva.
lunedì 25 giugno 2018
Paternò, provincia di Catania, della regione Sicilia. La Chiesa di Cristo al Monte
Paternò,
provincia di Catania, della regione Sicilia. La Chiesa di Cristo al Monte. Si trova sulla “collina storica”
della città e fu costruita nel XVI secolo, per poi terminare nel
XVIII, dalla compagnia dei Bianchi, di cui ancora si vede l’emblema
all’ingresso. La chiesa ha stile Rococò, presenta una pianta rettangolare che
si collega alla sacrestia attraverso una volta a crociera, la facciata, invece
è molto semplice e l’elemento che spicca di più è il portone d’ingresso. Al suo
interno viene conservata la statua del Cristo alla Colonna e per il Venerdì
Santo la chiesa viene aperta quando si svolge la processione del Cristo Morto. L’edificio sacro
presenta forma rettangolare con volta a botte contenente dalle notevoli
decorazioni e affreschi.
domenica 24 giugno 2018
Cagliari capoluogo della Regione Sardegna. Cattedrale di Santa Maria.
Cagliari capoluogo della Regione
Sardegna. Cattedrale di Santa Maria. Costruita nel XIII sec. in stile romanico-pisano, subì
nel corso dei secoli varie trasformazioni in stile gotico, barocco e
neoromanico. L'interno della chiesa, con pianta a croce latina, si presenta a
tre navate con transetto e cappelle laterali. Nel braccio destro, all'interno
della cappella aragonese, è custodita una preziosa reliquia: una spina che si
vuole appartenesse alla corona di Gesù, che giunse a Cagliari nel 1527 insieme
ad altre reliquie ed opere d'arte trafugate da varie chiese di Roma e dallo
stesso appartamento pontificio. Poco prima di giungere in porto, la nave si
imbatté in una tempesta, e chi era a conoscenza della presenza del prezioso
carico, spinto forse dalla convinzione che la tempesta fosse espressione della
collera divina per i furti sacrileghi, confessò il fatto ad alcuni religiosi
presenti sulla nave, che giunti a Cagliari informarono l'arcivescovo
dell'accaduto. Il papa Clemente VII, venuto a conoscenza dei fatti, decise
comunque di lasciare in dono alla Cattedrale di Cagliari alcune reliquie, tra
cui la Sacra Spina e un trittico fiammingo del XV secolo attribuito al pittore
Rogier Van der Weyden; entrambi vengono esposti durante la festa
dell'Assunzione.
sabato 23 giugno 2018
Cagliari capoluogo della Regione Sardegna. Cattedrale di Santa Maria.
Cagliari capoluogo della Regione
Sardegna. Cattedrale di Santa Maria. Costruita nel XIII sec. in stile romanico-pisano, subì
nel corso dei secoli varie trasformazioni in stile gotico, barocco e
neoromanico. L'interno della chiesa, con pianta a croce latina, si presenta a
tre navate con transetto e cappelle laterali. Nel braccio destro, all'interno
della cappella aragonese, è custodita una preziosa reliquia: una spina che si
vuole appartenesse alla corona di Gesù, che giunse a Cagliari nel 1527 insieme
ad altre reliquie ed opere d'arte trafugate da varie chiese di Roma e dallo
stesso appartamento pontificio. Poco prima di giungere in porto, la nave si
imbatté in una tempesta, e chi era a conoscenza della presenza del prezioso
carico, spinto forse dalla convinzione che la tempesta fosse espressione della
collera divina per i furti sacrileghi, confessò il fatto ad alcuni religiosi
presenti sulla nave, che giunti a Cagliari informarono l'arcivescovo
dell'accaduto. Il papa Clemente VII, venuto a conoscenza dei fatti, decise
comunque di lasciare in dono alla Cattedrale di Cagliari alcune reliquie, tra
cui la Sacra Spina e un trittico fiammingo del XV secolo attribuito al pittore
Rogier Van der Weyden; entrambi vengono esposti durante la festa
dell'Assunzione.
venerdì 22 giugno 2018
Agrigento capoluogo dell’omonima provincia della regione Sicilia. IL TEMPIO DI ERCOLE.
Agrigento capoluogo dell’omonima provincia della regione
Sicilia. IL TEMPIO DI ERCOLE. Il
più antico tra i templi agrigentini è il Tempio di Ercole. Risalente
presumibilmente al VI secolo a. C. di esso parla Cicerone descrivendolo come
molto vicino all’agorà (oggi il piazzale del posto di ristoro). Ercole era
molto venerato dagli akragantini tanto che questi erano soliti dedicargli anche
delle feste dette “Eraclee”. Al suo interno vi era una statua di bronzo
raffigurante Ercole, venerato come eroe nazionale, il cui mento era divenuto lucido
perché veniva baciato dai fedeli. Il tempio venne distrutto, come molti altri,
a causa di un terremoto e solo intorno al 1920 si è provveduto ad innalzare le
otto colonne che oggi si possono ammirare. Costruito verso il 510 a.C., il
Tempio di Eracle/Ercole, il cosiddetto Herakleion, sorge nelle vicinanze di
Villa Aurea. E’ uno dei più antichi templi dorici della Sicilia e sicuramente
il più antico dei templi agrigentini, anteriore perfino a quello di Giove
Polieo, che ornava l’Acropoli. Il Tempio di Eracle/Ercole è famosissimo nella
storia agrigentina, per I'imponenza delle sue proporzioni e per le ricchezze
che lo adornavano. Fra queste si ricordano la celebre Alcmena dipinta da Zeusi,
e la statua in bronzo di Eracle/Ercole, che invano Verre – al dire di Cicerone
– tentò di rapire, per fonderla e farne moneta, com'era suo costume. Della
struttura originaria si conservano otto colonne del lato sud-ovest, rialzate
nel 1924. Come quasi tutti i primitivi templi dorici, anche questo era
periptero-esastilo-hipetras, cioè a colonnati e scoperto, ma aveva quindici
colonne, anziché quattordici, sui lati lunghi. Le rovine della cella mostrano
chiaramente che la sua distruzione fu causata da un terremoto. Il Tempio
misurava in lunghezza metri 73,42 e in larghezza metri 27,56, con colonne alte
più di dieci metri. Si nota la presenza, tra il pronao e la cella, di torri
scalarie per l’accesso al tetto, caratteristica poi di tutti i templi edificati
ad Akràgas, e in Sicilia. In epoca romana, la parte occidentale della cella fu
tripartita, forse perché l’edificio fu destinato al culto di una Triade Divina.
giovedì 21 giugno 2018
Viareggio, provincia di Lucca in Toscana. Chiesa di Sant'Andrea, via Sant’Andrea 55.
Viareggio, provincia
di Lucca in Toscana. Chiesa di Sant'Andrea, via Sant’Andrea 55. La chiesa
di Sant'Andrea si trova nella parte vecchia di Viareggio, in via Sant'Andrea
55. Nel 1836 il Duca di Lucca Carlo Ludovico di Borbone decretò la costruzione
di una nuova parrocchia a Viareggio, che venne dedicata a Sant'Andrea. Nel 1839
la parrocchia venne assegnata ai Servi di Maria; l'anno successivo Papa Gregorio
XVI emanava un breve pontificio con il quale assegnava in perpetuo la chiesa e
la parrocchia ai Serviti. L'edificio venne costruito insieme all'annessa
canonica nel 1842 su disegno dell'ingegnere Michele Cervelli di Lucca. In
quell'anno l'arcivescovo di Lucca Gian Domenico Stefanelli emanò il decreto per
istituire la nuova parrocchia scorporando da quella della chiesa di
Sant'Antonio. L'ingegnere Cervelli, nella spoglia composizione dell'edificio,
improntata al severo classicismo della Restaurazione, realizzò perfettamente un
linguaggio architettonico decoroso e funzionale a un tempo: quel linguaggio che
nelle intenzioni della committenza pubblica doveva contraddistinguere
l'edilizia di neonato centro marittimo di Viareggio. All'interno della chiesa
si trovano interessanti opere d'arte e numerose reliquie. Qui operò ed è sepolto
sant'Antonio Maria Pucci. Nel giugno del 1963 è stata elevata alla dignità di
basilica minore.
mercoledì 20 giugno 2018
Orvieto, provincia di Terni, regione Umbria.
Orvieto, provincia di
Terni, regione Umbria. Orvieto è un comune italiano di 20 594 abitanti della provincia di Terni in Umbria. Orvieto
sorge su una rupe di tufo (ignimbrite di Orvieto - Bagnoregio), tra i 280
(Piazza Cahen) - 325 (S. Francesco) m s.l.m., che domina la valle del fiume
Paglia, affluente di destra del Tevere e che proprio sotto la città riceve da
sinistra il Chiani, la Chiana Romana proveniente dalla Val di chiana. Questa
enorme mesa tufacea, che si erge dai venti ai cinquanta metri dal piano della
campagna, si deve al collasso di ground sourge (nubi e valanghe ardenti)
dall'attività quaternaria dei vulcani del sistema Volsinio, relitto nella
caldera che ospita il lago vulcanico maggiore d'Europa, quello di Bolsena. Con
281 km² di superficie, è uno dei cinquanta comuni più estesi d'Italia. Il punto
più alto è il monte Peglia (837 m s.l.m.), al confine con il comune di San
Venanzo. Il territorio di Orvieto è parte della Comunità Montana Monte Peglia e
Selva di Meana e parte di esso insiste nel Parco fluviale del Tevere. Santo
Patrono: San Giuseppe. Etimologia (origine del nome): Deriva dal latino Urbs
vetus e significa "città vecchia". Alcuni ritengono che per lungo
tempo la città fu denominata Volsinii veteres.
martedì 19 giugno 2018
Pisa. Capoluogo di provincia della regione Toscana. Il Battistero.
Pisa. Capoluogo di
provincia della regione Toscana. Il Battistero. I lavori per la realizzazione del Battistero, il più
grande in Italia, iniziarono nel 1152 sotto le direttive dell’architetto
Diotislavi, la struttura posizionata davanti la Cattedrale, fu interamente
rivisitata da Nicola Pisano con il figlio Giovanni intorno a metà del Duecento;
i due la modificarono in stile gotico e aggiunsero una loggia e una cupola
emisferica. Al centro del Battistero di trova il Fonte Battesimale di Guido
Bigarelli da Arogno, inizialmente illuminato da una luce proveniente da
un’apertura sul soffitto, oggi coperta dalla Cupola. Il Pulpito di Nicola
Pisano (1255-1260) racconta scene della Vita di Cristo sui 5 pannelli, mentre
le colonne rappresentano le Virtù. Possiamo chiaramente percepire uno stile
classicheggiante nell’opera, non a caso Nicola Pisano viene definito un
precursore del Rinascimento.
lunedì 18 giugno 2018
Vizzini, provincia di Catania, regione Sicilia. CASTELLO MEDIEVALE, via castello.
Vizzini, provincia di Catania,
regione Sicilia. CASTELLO MEDIEVALE, via castello. Recentemente
si è svolta la cerimonia d'inaugurazione del castello medievale di Vizzini,
realizzato nel XII secolo e oggetto negli ultimi anni di accurati lavori di
recupero e restauro, grazie ad un progetto redatto dal comune di Vizzini,
proprietario dell'edificio. Il castello è stato eretto dalla famiglia spagnola
dei Santapau in cima al colle in cui oggi si trova il quartiere Matrice. Il
terremoto del 1693 lo danneggiò, ma non lo rase la suolo. I Borboni lo
trasformarono in carcere, e tale rimase fino a metà del XX secolo. Con i lavori eseguiti sono state recuperate
le stanze esistenti, le antiche mura di cinta e l'ampio cortile, con il suo
pozzo centrale. Sono stati anche portati alla luce ambienti ricoperti nei
secoli da terra e materiale di risulta. Durante i lavori, scavando nelle
fondazioni di una stanza, sono state scoperte delle grotte di epoca bizantina.
Il castello è stato dotato di tutti gli impianti e dell'arredamento idoneo allo
svolgimento di conferenze. Infine, sono state abbattute tutte le barriere
architettoniche.
domenica 17 giugno 2018
Messina, capoluogo dell’omonima provincia della regione Sicilia. CHIESA DI S. ANTONIO ABATE, Corso Cavour n° 137.
Messina, capoluogo dell’omonima
provincia della regione Sicilia. CHIESA DI S. ANTONIO ABATE, Corso Cavour n°
137. Sul Corso Cavour sorge la chiesa di S. Antonio Abate,
progettata dall'ing. Francesco Barbaro e costruita dai f.lli Cardillo tra il
1928 e il 1930. Prima del terremoto del 1908, sullo stesso posto, sorgeva la
chiesa dell’Annunziata dei Teatini, eretta nel ‘600 su progetto dell’architetto
modenese Guarino Guarini. Esternamente si presenta simile alla Basilica di
Superga; il suo ingresso è affiancato da quattro colonne , due per lato, che le
danno un' austerità tipica delle chiese Romane. Subito dopo
l’ingresso, sulla sinistra, in una cappelletta è custodito un Crocefisso in
cartapesta con croce in legno dell’800. L’interno, che ha
forma circolare articolata su otto colonne centrali sulle quali poggia una
grande cupola con lanternino, custodisce una statua della "Madonna con
Gesù giovanetto", attribuita alla scuola del Montorsoli; una statua
in marmo di "Maria Addolorata" ed un pregevolissimo fonte
battesimale. Le volte absidali furono affrescate dal De Pasquale, con le
raffigurazioni dello "Sposalizio della Vergine",
l’"Annunziata" e la "Natività.
sabato 16 giugno 2018
Melfi è un comune italiano di 17 788 abitanti della provincia di Potenza, della regione Basilicata. Nella foto Largo Duomo.
Melfi è un comune italiano di 17 788 abitanti della
provincia di Potenza, della regione Basilicata. Nella foto Largo Duomo. Melfi
si colloca nell'estremo nord della Basilicata, alla base del Monte Vulture,
vulcano inattivo dall'era protostorica, al confine con la Puglia (provincia di Foggia)
e la Campania (provincia di Avellino), confine segnato dal fiume Ofanto.
Costituita da un centro storico di aspetto complessivamente medievale, la città
è diventata un importante centro industriale ed è sede di un gran numero di
imprese. Il polo industriale di San Nicola di Melfi, sorto nei primi anni
novanta, ospita la fabbrica automobilistica SATA, il più avanzato stabilimento
del gruppo FIAT in Italia, basato su sistemi innovativi d'automazione delle
fasi produttive e sull'organizzazione del lavoro che massimizza la
produttività. Sin dal 1866, sono stati fatti vari progetti per la creazione di
una provincia distaccata da quella di Potenza. La proposta del 1951 fu
approvata dai consigli comunali di 22 comuni, di cui 6 fuori regione, omogenei
per scambi commerciali e vie di comunicazione, oltre che morfologia, un
territorio esteso su 1.668 km², con una popolazione pari a 148 000
abitanti. Denominazione Abitanti: melfitani;
Santo Patrono: Sant'Alessandro. Etimologia (origine del nome): Si
ricollega all'antico nome Melpes, fiume della Lucania.
venerdì 15 giugno 2018
Savona capoluogo della provincia omonima della Liguria. La torre del Brandale.
Savona capoluogo della provincia omonima della Liguria. La
torre del Brandale. Si trova nell'area antistante la
parte più antica del porto di Savona, come le torri Corsi e Guarnieri, i resti
di una loggia privata e il Palazzo degli Anziani. Quest'ultimo risale al XIV
secolo, mentre le torri sono tutte riferibili al XII secolo. Sembra che fosse
la principale delle cinquanta torri della città sulla cima delle quali venivano
accesi fuochi, con la funzione di fari; il nome "Brandale" può
infatti derivare da "Brand", corrispondente a "luce, falò",
oppure dalla famiglia Aldobrandeschi. Nella torre, acquistata dal Comune nel
1305, è stata installata la prima campana per richiamare il popolo a
Parlamento, nel 1349. La torre è stata abbassata, nel XVI secolo, e rialzata
nel 1931. In quest'occasione, con una sottoscrizione popolare è stata
acquistata la nuova campana. La torre ha un basamento ad arcate aperte ed è
oggi alta quasi cinquanta metri. Sul primo cornicione si trovano i dodici stemmi
in ceramica delle signorie che si sono avvicendate al comando della citta dal
XII secolo. Dalla torre si accede al Palazzo degli Anziani, che costituisce,
proprio assieme alla torre, una sorta di museo lapidario con resti di affreschi
medievali, iscrizioni, rilievi marmorei, fregi che provengono da distrutti
edifici del centro storico e che risalgono a un periodo compreso tra il XIV e
il XIX secolo. Il nucleo iniziale delle collezioni è stato ordinato da Poggio
Poggi negli anni Trenta del Novecento. Completano la raccolta statuine
presepiali di pastori, mentre nell'atrio è custodita anche la parte superiore
della campana civica del 1669.
giovedì 14 giugno 2018
Bologna, capoluogo della regione Emilia e Romagna. BASILICA SAN GIACOMO MAGGIORE ( Piazza Gioacchino Rossini)
Bologna, capoluogo della regione
Emilia e Romagna. BASILICA SAN GIACOMO MAGGIORE ( Piazza Gioacchino Rossini) è una basilica della città di
Bologna. Fu fondata nel 1267 come chiesa dell'ordine degli Agostiniani. Al suo
interno si trova la cappella Bentivoglio, splendida architettura di metà
Quattrocento, ricca di opere d'arte rinascimentale. Già dal 1247 la comunità di
eremiti del beato Giovanni Bono da Mantova, detti Giamboniti, si era stabilita
a ridosso delle mura di Bologna lungo il corso del Savena, dove fondarono il
loro monastero e la chiesa dedicata a San Giacomo. Gli eremiti di San Giacomo
di Savena vennero a far parte del nuovo grande organismo detto "Ordine
Eremitano di Sant'Agostino", voluto nel 1256 da papa Alessandro IV, il cui
primo generale fu Lanfranco Settala da Milano, giambonita proveniente dalla
comunità bolognese. La
facciata, é la parte più antica di San Giacomo, a due spioventi, con slanciate
proporzioni tardo-romaniche. Gli ornati in pietra d'Istria sulle finestre
ogivali, di gusto veneziano, furono eseguiti da maestri lombardi nel 1295[1].
Forse ai primi del Trecento furono aggiunte in facciata le quattro celle
sepolcrali archiacute, di poco successive a quelle sotto il portico, e il
protiro originale fu modificato riadattando i leoni stilofori che
originariamente erano rivolti verso l'esterno. Sulla destra, l'entrata
dell'antico convento, ora Conservatorio "G. B. Martini", e la tomba
cinquecentesca di Annibale Coltelli. L'interno della basilica, é arioso e
imponente nel suo assetto rinascimentale, con sovrastrutture barocche. Le
grandi volte a vela recano gli affreschi con i Santi Nicola da Tolentino,
Agostino e Giacomo Maggiore, eseguiti nel 1495 dalla bottega del Francia e del
Costa.
mercoledì 13 giugno 2018
Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Altare della Patria, piazza Venezia.
Roma,
regione Lazio e capitale d’Italia. Altare della Patria, piazza Venezia.
Il
Vittoriano o Altare della Patria è un monumento di grandissima valenza
simbolica che riunisce in sé tutti i valori dell’Italia risorgimentale e della
nostra Costituzione. Questo è uno dei monumenti più emblematici della storia
del nostro Paese ed è il simbolo dell’Italia del Risorgimento e della monarchia
sabauda. La prima pietra fu posta da Umberto I di Savoia nel
1885, figlio di Vittorio Emanuele II, il primo re d’Italia. La necessità era
quella di avere un monumento commemorativo estremamente simbolico per testimoniare
i cambiamenti del Paese. La scelta di costruire il Vittoriano sul Campidoglio
non è stata certo casuale: si tratta infatti del primo colle su cui, secondo la
leggenda, fu fondata Roma nonché dove fu eretto il tempio a Giove Capitolino.
Simbolicamente
fu deciso di porre il Vittoriano non lontano dal Colosseo, massimo simbolo
della Roma imperiale e in contrapposizione a San Pietro, che rappresentava il
potere temporale dei Papi. Sempre per fare da contrappeso al potere dei papi,
fu costruito pochi anni dopo il palazzo di Giustizia vicino a Castel
Sant’Angelo, da sempre prigione sotto il controllo del Vaticano e perciò
simbolo di un potere religioso che ormai doveva lasciare il posto all’Italia
unita e laica. Per il progetto del Vittoriano fu indetto un concorso pubblico,
vinto da Giovanni Sacconi, giovane architetto de Le Marche che aveva un
progetto ambizioso e di forte valenza simbolica. Per erigere il monumento molti
furono gli espropri e le distruzioni ai danni soprattutto di edifici medievali
circostanti per fare largo alla nuova costruzione. Il lavori durarono quasi 25
anni per terminarla. All’inaugurazione dell’altare della patria, risalente al
1911, erano presenti tutte le più grandi personalità dello Stato. Questo
edificio rappresenta la Patria: ai due lati, dove sorge e tramonta il sole, vi
sono due fontane con i mari Adriatico e Tirreno, come ai lati della Penisola. In
alto, sui due propilei, troneggiano le scritte in caratteri cubitali “PATRIAE
UNITATI” e “CIVIUM LIBERTATI” ovvero “All’unità della patria” e “Alla libertà
dei cittadini” che rappresentano quindi i due principi fondamentali di unità e
libertà di cui si faceva promotore il nuovo Stato. L’enorme edificio, che con
le quadrighe raggiunge gli 81 metri di altezza, è tutto decorato da gruppi
scultorei eseguiti da vari artisti che rappresentano i valori del popolo
italiano: troviamo la Forza, il Diritto, l’Azione, la Concordia, il Sacrificio
ed il Pensiero. Al centro, accanto alla tomba del Milite Ignoto, posta nel 1921
a monito e memoria dopo la Prima Guerra Mondiale, troneggia la statua di Roma.
Sullo sfondo di un mosaico dorato a simboleggiare l’importanza della nuova
capitale e la sua centralità geografica e politica; sui due lati troviamo la
rappresentazione dell’agricoltura e dell’industria, cioè il lavoro su cui
poggia l’economia del Paese e l’amor patrio su cui si fonda la società. Sul
piedistallo che sorregge l’enorme statua equestre di Vittorio Emanuele II (Riguardo
l’enorme statua equestre in bronzo, fatta nel 1910 da Enrico Chiaradia, c’è una
curiosità che sembra incredibile: quando fu terminata ospitò all’interno della
pancia del cavallo una cena per venti persone, come testimoniano foto d’epoca) troviamo
quattordici città italiane. Sopra, in corrispondenza delle colonne che fanno da
quinta al re a cavallo, vi sono invece allegorie delle sedici regioni
dell’epoca, frutto del lavoro di artisti provenienti dalla regione che
rappresentava. Due alte colonne, sormontate da vittorie alate, coronano
quest’esaltazione dell’Italia e dei suoi valori, del suo popolo e della sua
storia. L’interno del colonnato che costituisce la terrazza è decorato con
marmi e mosaici di Giulio Bargellini. Rappresentano la Fede, il Lavoro, la
Forza e la Sapienza da un lato, la Legge, il Valore, la Pace e l’Unione
dell’altro. Persino i motivi vegetali che decorano l’altare della patria hanno
un significato preciso: l’alloro rappresenta il valore, la palma la vittoria,
la quercia la forza, il mirto il sacrificio e l’ulivo la pace. La terrazza
delle quadrighe è accessibile e visitabile tramite un suggestivo ascensore a
vetri: Ti lascerà a bocca aperta la vista sulla città eterna (prezzo 7 euro,
ridotto 3,50). Da qui si gode una delle viste panoramiche più belle di Roma.
martedì 12 giugno 2018
Lucca, capoluogo di provincia della regione Toscana. Chiesa di San Michele in Foro ( Piazza San Michele).
Lucca, capoluogo di
provincia della regione Toscana. Chiesa di San Michele in Foro ( Piazza San
Michele). A completare
il nome della chiesa di San Michele è proprio il luogo in cui fu edificata: il
foro, prima centro della vita pubblica, nell'antichità, e poi cuore pulsante
della città Comunale. Su questa piazza sorse il Palatium Civitatis, il Palazzo
Pubblico, ora scomparso, costruito proprio accanto alla chiesa e poi trasferito
nella Fortezza dell'Augusta. La piazza fu lastricata per la prima volta quando
nel '400 vi fu costruito il Palazzo Pretorio, ma fra '600 e '700 fu innalzato
il piano stradale, venne pavimentata e chiusa da colonnine con catenelle. Le
case che delimitano il perimetro della piazza sono tipicamente medievali e da
più di ottocento anni stanno lì ad osservare placidamente la vita che scorre
nel cuore della città. La chiesa di San Michele, di cui le fonti parlano per la
prima volta nel 795, fu edificata proprio qui. Eretta in un luogo centrale, ma
obliqua rispetto alla piazza, come molte altre chiese di Lucca, spicca in uno
spazio enorme in cui il cielo si apre finalmente dopo il rincorrersi di anguste
e tortuose vie medievali, come una meta finalmente raggiunta: tale era per i pellegrini
che passavano per la città percorrendo la Francigena. Si fermavano a San Michele per rifocillarsi, cogliendo l'occasione per
venerare loro illustri compagni di viaggio, come San Davino, un pellegrino
Armeno in viaggio verso Santiago de Compostela, che morì proprio mentre faceva
tappa a Lucca e il cui corpo si diceva avesse acquistato poteri taumaturgici
dopo la morte. Furono varie le vicende della
chiesa di San Michele: cambiò amministrazione più volte prima di divenire
privilegio della famiglia Gigli, che contribuì a rinnovarne sia le strutture
che le suppellettili. La chiesa, così come appare oggi,
frutto della ricostruzione di XI secolo voluta da papa Alessandro, è un
palinsesto delle vicende della città: nella sua architettura pisano-lucchese si
fondono romanico e gotico, ricordi di età classica e misteriose figure tratte
dai bestiari medievali che si affollano sulla facciata dal XII secolo. Nel cantiere di San Michele, fra XIII e XIV secolo lavorarono a Lucca
illustri architetti e probabilmente, nonostante lo si deduca solo dallo stile
delle decorazioni in facciata, anche Diotisalvi, l'autore del Battistero di
Pisa. L'intento originario del progetto era quello di innalzare la chiesa, ma
si riuscì solo a creare la facciata, altissima, visibile oggi come una
scenografia che si staglia contro il cielo. Fu in questo
periodo che vennero create, dalla scuola di Guidetto da Como, che lavorò anche
per il Duomo di San Martino, le caratteristiche "loggette", decorate
con l'uso di marmi policromi, che iniziano a parlare del gotico e che sono
ovviamente influenzate dallo stile lombardo. Infine, nel
punto più alto, fu aggiunta la grande statua di San Michele Arcangelo che
abbatte il drago, con ali metalliche e due angeli con la funzione di guglie
tipicamente gotiche per rendere la chiesa, che già svettava isolata, ancora più
protesa verso l'alto.
lunedì 11 giugno 2018
Assisi, provincia di Perugia della regione Umbria. La BASILICA DI SAN FRANCESCO AD ASSISI.
Assisi, provincia di Perugia della
regione Umbria. La BASILICA DI SAN FRANCESCO AD ASSISI. La Basilica di San Francesco sorge oggi là dove il Santo
aveva scelto di essere sepolto, nella zona di Assisi che nel medioevo era nota
come "colle dell'inferno", ovvero il luogo che in quell'epoca era
destinato alle esecuzioni pubbliche. Il cantiere della Basilica di San
Francesco fu aperto nel 1228 per volontà di Papa Gregorio IX e grazie
all'attività di frate Elia, vicario dell' ordine scelto dallo stesso San
Francesco. Furono sufficienti solo due anni per
terminare la struttura architettonica della Basilica inferiore di Assisi e solo
altri sei per inaugurare la Basilica superiore di San Francesco. L'aspetto
attuale della basilica di San Francesco è tuttavia il frutto di vari interventi
fra cui è bene ricordare la realizzazione del campanile con cuspidi (1239), la
costruzione di un portico antistante la Basilica inferiore ('400) e di un atrio
in pietra ancora per il portale della Basilica inferiore (1445), l'eliminazione
delle cuspidi dal campanile (1518). L'edificio è oggi composto da due chiese
sovrapposte, quella superiore ha aspetto gotico, luminoso e slanciato , quella
inferiore invece, a cui si accede attraverso un portale gotico del 200, è bassa
ed austera. Qui l'interno ad una navata con transetto ospita gli straordinari
"affreschi allegorici" di Giotto, la "Madonna Angeli e San
Francesco" e i "Cinque Santi" di Simone Martini, gli
"Episodi della vita e della passione di Cristo", la "Madonna e
Santi" e le "Stigmate" di Lorenzetti. Ancora
opere di Simone Martini e Giotto sono rispettivamente nella prima cappella
destra con la "Vita di San Martino" e nella terza con "Santi e
storie della Madonna". Nel 1818 in seguito agli scavi sotto l'altare
furono riportate alla luce e, dopo attento esame ufficialmente riconosciute, le
spoglia del Santo; solo due anni più tardi, per volontà del Papa Pio IX, fu
avviata la costruzione della cripta in stile neoclassico nella Basilica
inferiore. L'aspetto attuale è tuttavia il frutto di un'opera di
semplificazione avvenuta intorno al 1920. La chiesa superiore ad una sola
navata con abside e raffinate vetrate del 1200 è affrescata con il ciclo
"La vita del Santo" di Giotto realizzato fra il 1296 e il 1300, con
le "Storie del Vecchio e Nuovo Testamento" della scuola del Cimabue e
nel transetto, nella crociera e nell' abside con affreschi dello stesso Cimabue
risalenti al 1277 oltre ad opere di altri maestri quali Cavallini e Torriti.
domenica 10 giugno 2018
Siena, capoluogo di provincia della regione Toscana. Loggia della Mercanzia, Via di Città, 3.
Siena,
capoluogo di provincia della regione Toscana. Loggia della Mercanzia, Via di Città, 3. La Loggia fu pensata ed edificata
nel Quattrocento e costruita in trentuno anni, dal 1417 al 1448. Il committente
fu naturalmente il Comune di Siena, i cui amministratori dell’epoca intendevano
realizzare “una Loggia maestosa dove i mercanti e gli altri rispettabili
cittadini potessero radunarsi a trattare de loro negozi”. Nel corso degli anni
vi hanno lavorato importanti artisti e maestri come Sano di Matteo, Pietro del
Minella, Antonio Federighi e anche Jacopo della Quercia. L’occhio
dell’osservatore anche non attento rimane sempre colpito dalle belle statue
sopra posizionate: sono esse le raffigurazioni dei Santi Vittorio, Ansano e
Savino, scolpite da Antonio Federighi, e dei Santi Pietro e Paolo, opera del
Vecchietta. All’interno della Loggia sono poi posti due pancali in marmo
eseguiti dal Federighi e da Urbano da Cortona, mentre le volte sono decorate da
un elegante complesso di stucchi e di affreschi di età cinquecentesca (opera di
Pastorino Pastorini e Lorenzo Rustici). Nel 1765, per volere granducale, la
Loggia divenne pertinenza dei gentiluomini senesi della Società degli Uniti al
Casino dei Nobili e il complesso fu innalzato di un piano. Libertà e
democrazia Ma essendo divenuta la sede dei nobili e dei gentiluomini senesi,
essa fu presa “di mira” negli anni turbolenti e rivoluzionari della seconda
metà del Settecento. Raccontano infatti le cronache che nel 1797 alcuni giovani
senesi entrarono di forza al Casino dei Nobili per vedere il Palio dal balcone:
“Noi lo facciamo in segno di democrazia”, dissero. Tutto questo avvenne quasi
due anni prima dell’arrivo dei francesi a Siena e in Toscana.
sabato 9 giugno 2018
Perugia capoluogo dell’omonima provincia della regione Umbria. FONTANA MAGGIORE.
Perugia
capoluogo dell’omonima provincia della regione Umbria. FONTANA MAGGIORE. La Fontana Maggiore (1275-1278) è uno dei principali monumenti della
città e di tutta la scultura medievale. È
costituita da due vasche marmoree poligonali concentriche sormontate da una
tazza bronzea. Le due vasche poligonali concentriche sono decorate a
bassorilievi finemente scolpiti da Nicola e Giovanni Pisano: in quella
inferiore sono rappresentati i simboli e le scene della tradizione agraria e
della cultura feudale, i mesi dell'anno con i segni zodiacali e le arti
liberali, la bibbia e la storia di Roma; in quella superiore sono raffigurati
nelle statue poste agli spigoli personaggi biblici e mitologici. Fu progettata
in stile gotico, tra il 1275 ed il 1278, da Nicola Pisano e dal figlio
Giovanni, con la collaborazione di frà Bevignate da Cingoli per la parte
architettonica, di Rosso Perugini per la parte superiore bronzea, di Boninsegna
Veneziano per la parte idraulica: venne realizzata per celebrare l'arrivo
dell'acqua nell'acropoli della città grazie al nuovo acquedotto, che
convogliava nel centro di Perugia le acque provenienti dal monte Pacciano,
situato a pochi chilometri. La fontana venne danneggiata dal terremoto del
1348, con conseguente ricostruzione arbitraria dell'ordine dei pannelli; è
stata sottoposta a restauro una prima volta nel 1948/49 e poi ancora nel
1995/99. Servì d'ispirazione a Jacopo di Grondalo per la costruzione della
fontana Sturinalto di Fabriano, nel 1285. La fontana, predisposta in bottega e
poi montata al centro della piazza, fu realizzata in pietra di Assisi. È
costituita da due vasche marmoree poligonali concentriche sormontate da una
tazza bronzea (opera del fonditore perugino Rosso Padellaio) ornata da un
gruppo bronzeo di Ninfe dal quale sgorga l'acqua. La fontana ha la decorazione
incentrata in 50 bassorilievi e 24 statue con cui Nicola Pisano e il giovane
figlio Giovanni ornarono le due vasche poligonali concentriche. Nella vasca
inferiore sono rappresentati i Mesi dell'anno con i segni zodiacali e le scene
della tradizione agraria e della cultura feudale, le Arti liberali e personaggi
della Bibbia e della storia di Roma.
venerdì 8 giugno 2018
NORCIA, provincia di Perugia, regione Umbria. CATTEDRALE DI SANTA MARIA ARGENTEA.
NORCIA, provincia di Perugia, regione
Umbria. CATTEDRALE DI SANTA MARIA ARGENTEA. Accanto alla Castellina nel centro di Norcia, in
posizione leggermente spostata rispetto agli altri edifici che si affacciano
sulla piazza, si trova la Cattedrale di Santa Maria Argentea, così chiamata in
ricordo di una pieve altomedievale che venne demolita nel 1554 per far posto
alla realizzazione della Castellina. Edificata in stile rinascimentale tra il
1560 ed il 1574, presenta una semplice facciata in pietra bianca con tetto a
capanna, delimitata da lesene ai lati, un bel portale centrale del XVI sec.
sormontato da un timpano ed uno laterale dalle fattezze gotiche del XV sec. proveniente
dalla demolita pieve. A lato è posta la torre campanaria a pianta quadrata con
basamento in pietra che venne innalzato nel 1869 e che presenta quattro grandi
archi a tutto sesto. L’interno si
presenta suddiviso in tre navate con cappelle gentilizie e custodisce pregevoli
dipinti e numerose opere d’arte tra cui un crocifisso ligneo di Giovanni
Tedesco del 1494, un altare di marmi bianchi e policromi opera di Francesco
Duquesnoy del 1640 e un pregevole affresco del 1528 opera di Francesco
Sparapane. Quest’ultimo raffigura la Madonna con il Bambino con affianco i
Santi Scolastica e Benedetto dove quest’ultimo sostiene un modello di Norcia
sul quale svetta il campanile gotico crollato ne XVIII sec. L’affresco in
origine si trovava nei pressi di Porta Maccarone e il 2 giugno del 1641 venne
portato all’interno della Cattedrale per meglio conservarlo.
giovedì 7 giugno 2018
Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto. La chiesa dei Ss. Domenico e Sisto (papa Sisto II°, venne sorpreso nel cimitero, probabilmente quello di San Callisto, mentre insegnava la parola divina e fu decapitato con sei dei sette diaconi di Roma), situata in largo Angelicum ( prospetta sulla Via salita del Grillo), s'innalza con la sua ampia e caratteristica scalinata a due rampe, terminante in una terrazza ellittica, sull'area precedentemente occupata dalla chiesa di "S. Maria a Magnanapoli". La chiesa, dedicata al fondatore dell'Ordine dei Domenicani, S. Domenico, ed a papa S. Sisto II, fu costruita per volere di Pio V, insieme all'annesso convento, a seguito delle insistenti suppliche delle Suore Domenicane, desiderose di lasciare il monastero di S. Sisto situato in un luogo infestato dalla malaria. Finalmente nel 1575 le Suore si trasferirono in questa chiesa, anche se non ancora ultimata, denominata poi S. Sisto Nuovo perché sostitutiva dell'abbandonata chiesa a sua volta detta S. Sisto Vecchio. Gli artefici di quest'opera furono Giacomo Della Porta, Nicola Torriani, Orazio Torriani e Vincenzo Della Greca, che terminò la facciata nel 1655. Questa, divisa in due ordini e spartita da lesene, presenta un bel portale, inquadrato da due colonne e due lesene che sorreggono un timpano spezzato, al centro del quale vi è posta un'Immagine della Madonna. Sull'architrave del portale, invece, vi è posto lo stemma dei Domenicani: un cane con una torcia accesa tra i denti. Il cane rappresenta la fedeltà al messaggio evangelico dei Domenicani, mentre la fiaccola simboleggia la diffusione della Parola di Dio tra i fedeli e gli infedeli. Il cane, inoltre, è il simbolo per eccellenza dei Domenicani perché essi vennero soprannominati, con un gioco di parole, "Domini canes", ovvero i "cani del Signore", probabilmente per l'ardore dimostrato, nel corso della loro storia, nel difendere il Messaggio di Dio, "azzannando" gli eretici. Un bel finestrone centrale nell'ordine superiore e quattro nicchie con le statue di S. Domenico, S. Sisto, S. Tommaso d'Aquino e S. Pietro completano la facciata, conclusa da un grande timpano triangolare sormontato da una croce e da una serie di candelabri marmorei. Lavori di ampliamento e di restauro dell'intero complesso furono effettuati durante i pontificati di Gregorio XIII, Urbano VIII ed Innocenzo X. Nel 1870 lo Stato Italiano confiscò parte del convento e lo destinò inizialmente a sede della Corte dei Conti e poi del Fondo per il Culto. Nel 1928 il Governo Italiano autorizzò il Collegio S. Tommaso d'Aquino ad acquistare l'ex Convento dei Ss. Domenico e Sisto, nel quale, dopo opportuni restauri ed ampliamenti ad opera dell'architetto Tullio Passarelli, si insediò, nel 1932, il Pontificio Collegio dell'Angelicum, proveniente dalla sede originaria presso S. Maria sopra Minerva.
Roma,
regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto. La chiesa dei Ss. Domenico e Sisto
(papa Sisto II°, venne sorpreso nel cimitero, probabilmente quello di San
Callisto, mentre insegnava la parola divina e fu decapitato con sei dei sette
diaconi di Roma), situata in largo Angelicum ( prospetta sulla Via salita del
Grillo), s'innalza con la sua ampia e caratteristica scalinata a due rampe,
terminante in una terrazza ellittica, sull'area precedentemente occupata dalla
chiesa di "S. Maria a Magnanapoli". La chiesa, dedicata al fondatore
dell'Ordine dei Domenicani, S. Domenico, ed a papa S. Sisto II, fu costruita
per volere di Pio V, insieme all'annesso convento, a seguito delle insistenti
suppliche delle Suore Domenicane, desiderose di lasciare il monastero di S. Sisto
situato in un luogo infestato dalla malaria. Finalmente nel 1575 le Suore si
trasferirono in questa chiesa, anche se non ancora ultimata, denominata poi S. Sisto
Nuovo perché sostitutiva dell'abbandonata chiesa a sua volta detta S. Sisto
Vecchio. Gli artefici di quest'opera furono Giacomo Della Porta, Nicola
Torriani, Orazio Torriani e Vincenzo Della Greca, che terminò la facciata nel
1655. Questa, divisa in due ordini e spartita da lesene,
presenta un bel portale, inquadrato da due colonne e due lesene che sorreggono
un timpano spezzato, al centro del quale vi è posta un'Immagine della Madonna.
Sull'architrave del portale, invece, vi è posto lo stemma dei Domenicani: un
cane con una torcia accesa tra i denti. Il cane rappresenta la fedeltà al
messaggio evangelico dei Domenicani, mentre la fiaccola simboleggia la
diffusione della Parola di Dio tra i fedeli e gli infedeli. Il cane, inoltre, è
il simbolo per eccellenza dei Domenicani perché essi vennero soprannominati,
con un gioco di parole, "Domini canes", ovvero i "cani del
Signore", probabilmente per l'ardore dimostrato, nel corso della loro
storia, nel difendere il Messaggio di Dio, "azzannando" gli eretici.
Un bel finestrone centrale nell'ordine superiore e quattro nicchie con le
statue di S. Domenico, S. Sisto, S. Tommaso d'Aquino e S. Pietro completano la
facciata, conclusa da un grande timpano triangolare sormontato da una croce e
da una serie di candelabri marmorei. Lavori di ampliamento e di restauro
dell'intero complesso furono effettuati durante i pontificati di Gregorio XIII,
Urbano VIII ed Innocenzo X. Nel 1870 lo Stato Italiano confiscò parte del
convento e lo destinò inizialmente a sede della Corte dei Conti e poi del Fondo
per il Culto. Nel 1928 il Governo Italiano autorizzò il Collegio S. Tommaso
d'Aquino ad acquistare l'ex Convento dei Ss. Domenico e Sisto, nel quale, dopo
opportuni restauri ed ampliamenti ad opera dell'architetto Tullio Passarelli,
si insediò, nel 1932, il Pontificio Collegio dell'Angelicum, proveniente dalla
sede originaria presso S. Maria sopra Minerva.
mercoledì 6 giugno 2018
Pisa. Capoluogo di provincia della regione Toscana. Il Battistero.
Pisa. Capoluogo di
provincia della regione Toscana. Il Battistero. I lavori per la realizzazione del Battistero, il più
grande in Italia, iniziarono nel 1152 sotto le direttive dell’architetto
Diotislavi, la struttura posizionata davanti la Cattedrale, fu interamente
rivisitata da Nicola Pisano con il figlio Giovanni intorno a metà del Duecento;
i due la modificarono in stile gotico e aggiunsero una loggia e una cupola
emisferica. Al centro del Battistero di trova il Fonte Battesimale di Guido
Bigarelli da Arogno, inizialmente illuminato da una luce proveniente da
un’apertura sul soffitto, oggi coperta dalla Cupola. Il Pulpito di Nicola
Pisano (1255-1260) racconta scene della Vita di Cristo sui 5 pannelli, mentre
le colonne rappresentano le Virtù. Possiamo chiaramente percepire uno stile
classicheggiante nell’opera, non a caso Nicola Pisano viene definito un
precursore del Rinascimento.
martedì 5 giugno 2018
Bologna, capoluogo della regione Emilia e Romagna. La CHIESA DEI SANTI BARTOLOMEO E GAETANO.
Bologna, capoluogo della regione
Emilia e Romagna. La
CHIESA DEI SANTI BARTOLOMEO E GAETANO. Si trova a Bologna, nelle immediate adiacenze delle Due torri. Nell'ottobre del
1924 papa Pio XI l'ha elevata alla dignità di basilica minore. La tradizione
parla di una chiesa dedicata a san Bartolomeo già nel V secolo, eretta da san
Petronio sulle fondazioni di una chiesa paleocristiana. Nel luogo in cui sorge
la basilica odierna, esisteva nel XIII invece una chiesa di modeste dimensioni,
con la facciata rivolta a Piazza di Porta Ravegnana. Nel 1599 i padri Teatini
subentrarono nella reggenza della chiesa, e diedero l'avvio, dal 1627, ad una
completa ristrutturazione del complesso. Il disegno fu affidato a Giovanni
Battista Natali, detto il Falzetta, rivisto da Agostino Barelli, architetto del
Senato bolognese: inglobando il portico del palazzo Gozzadini, il nuovo
edificio risultava di maggiori dimensioni e con un diverso orientamento, con la
facciata rivolta su Strada Maggiore. Nel 1671 venne canonizzato San Gaetano,
fondatore dell'ordine dei Teatini, ed i Padri ne unirono il titolo a quello
dell'apostolo Bartolomeo. Le lunette del portico vennero quindi decorate con
scene della vita di San Gaetano. Venne conservato, della precedente chiesa, il
portale quattrocentesco posto sul lato rivolto alle Due Torri, e nel 1694
vennero completati il campanile e la cupola. La cuspide del campanile venne
aggiunta mezzo secolo dopo. Nella scalinata si trova un'opera a olio
dell'importante incisore bolognese Ludovico Mattioli. Sopra la porta d'ingresso
è conservato l'organo costruito da Giuseppe Colonna e restaurato negli anni '70
da Formentelli. Possiede una tastiera di 45 tasti (Do1-Do5) con ottava corta e
pedaliera di 18 tasti (Do1-La2) costantemente unita al manuale. I registri sono
azionati da manette ad incastro poste su due file parallele a destra della
tastiera a scorrimento verticale con incastro.
lunedì 4 giugno 2018
Agrigento capoluogo dell’omonima provincia della regione Sicilia. IL TEMPIO DI ERCOLE.
Agrigento capoluogo dell’omonima provincia della regione
Sicilia. IL TEMPIO DI ERCOLE. Il
più antico tra i templi agrigentini è il Tempio di Ercole. Risalente
presumibilmente al VI secolo a. C. di esso parla Cicerone descrivendolo come
molto vicino all’agorà (oggi il piazzale del posto di ristoro). Ercole era
molto venerato dagli akragantini tanto che questi erano soliti dedicargli anche
delle feste dette “Eraclee”. Al suo interno vi era una statua di bronzo
raffigurante Ercole, venerato come eroe nazionale, il cui mento era divenuto lucido
perché veniva baciato dai fedeli. Il tempio venne distrutto, come molti altri,
a causa di un terremoto e solo intorno al 1920 si è provveduto ad innalzare le
otto colonne che oggi si possono ammirare. Costruito verso il 510 a.C., il
Tempio di Eracle/Ercole, il cosiddetto Herakleion, sorge nelle vicinanze di
Villa Aurea. E’ uno dei più antichi templi dorici della Sicilia e sicuramente
il più antico dei templi agrigentini, anteriore perfino a quello di Giove
Polieo, che ornava l’Acropoli. Il Tempio di Eracle/Ercole è famosissimo nella
storia agrigentina, per I'imponenza delle sue proporzioni e per le ricchezze
che lo adornavano. Fra queste si ricordano la celebre Alcmena dipinta da Zeusi,
e la statua in bronzo di Eracle/Ercole, che invano Verre – al dire di Cicerone
– tentò di rapire, per fonderla e farne moneta, com'era suo costume. Della
struttura originaria si conservano otto colonne del lato sud-ovest, rialzate
nel 1924. Come quasi tutti i primitivi templi dorici, anche questo era
periptero-esastilo-hipetras, cioè a colonnati e scoperto, ma aveva quindici
colonne, anziché quattordici, sui lati lunghi. Le rovine della cella mostrano
chiaramente che la sua distruzione fu causata da un terremoto. Il Tempio
misurava in lunghezza metri 73,42 e in larghezza metri 27,56, con colonne alte
più di dieci metri. Si nota la presenza, tra il pronao e la cella, di torri
scalarie per l’accesso al tetto, caratteristica poi di tutti i templi edificati
ad Akràgas, e in Sicilia. In epoca romana, la parte occidentale della cella fu
tripartita, forse perché l’edificio fu destinato al culto di una Triade Divina.
domenica 3 giugno 2018
Viareggio, provincia di Lucca in Toscana. Chiesa di Sant'Andrea, via Sant’Andrea 55.
Viareggio, provincia
di Lucca in Toscana. Chiesa di Sant'Andrea, via Sant’Andrea 55. La chiesa
di Sant'Andrea si trova nella parte vecchia di Viareggio, in via Sant'Andrea
55. Nel 1836 il Duca di Lucca Carlo Ludovico di Borbone decretò la costruzione
di una nuova parrocchia a Viareggio, che venne dedicata a Sant'Andrea. Nel 1839
la parrocchia venne assegnata ai Servi di Maria; l'anno successivo Papa Gregorio
XVI emanava un breve pontificio con il quale assegnava in perpetuo la chiesa e
la parrocchia ai Serviti. L'edificio venne costruito insieme all'annessa
canonica nel 1842 su disegno dell'ingegnere Michele Cervelli di Lucca. In
quell'anno l'arcivescovo di Lucca Gian Domenico Stefanelli emanò il decreto per
istituire la nuova parrocchia scorporando da quella della chiesa di
Sant'Antonio. L'ingegnere Cervelli, nella spoglia composizione dell'edificio,
improntata al severo classicismo della Restaurazione, realizzò perfettamente un
linguaggio architettonico decoroso e funzionale a un tempo: quel linguaggio che
nelle intenzioni della committenza pubblica doveva contraddistinguere
l'edilizia di neonato centro marittimo di Viareggio. All'interno della chiesa
si trovano interessanti opere d'arte e numerose reliquie. Qui operò ed è sepolto
sant'Antonio Maria Pucci. Nel giugno del 1963 è stata elevata alla dignità di
basilica minore.
sabato 2 giugno 2018
Orvieto, provincia di Terni, regione Umbria. LA FORTEZZA DELL'ALBORNOZ.
Orvieto, provincia di
Terni, regione Umbria. LA FORTEZZA DELL'ALBORNOZ. Nella parte sinistra di
Piazza Cahen sorge la Fortezza dell'Albornoz, fondata per ordine del Cardinale
Albornoz, sotto l'ordine di Papa Innocenzo VI e su istruzione del condottiero
ed ingegnere militare Ugolino di Montemarte. In epoca etrusca, nell'area in cui
sarebbe sorta la Rocca si ergeva un tempio detto, dagli archeologi, Augurale.
Nell'anno 1359 (1353) il Cardinale Egidio Albornoz, legato di Papa Innocenzo VI
e legato del Patrimonio, fece edificare la Rocca di S. Martino, presso S.
Lorenzo delle Donne o delle Vigne, ossia presso il Camposanto. Dopo la vittoria
militare e diplomatica del Cardinale, i suoi Capitani e i suoi Vicari non si
sentivano tranquilli senza strutture fortificate e fu decisa la costruzione di
una rocca addossata alla Porta Postierla o Soliana, detta poi Porta Rocca, sul
limite orientale della rupe. Di forma quadrilatera, con un palazzotto contiguo
alla porta e alle strutture di servizio lungo le mura, la rocca era protetta da
un fossato con due ponti levatoi.
venerdì 1 giugno 2018
Rapallo è un comune della città metropolitana di Genova della regione Liguria. Basilica arci presbiteriale dei Santi Gervasio e Protasio.
Rapallo è un comune della città metropolitana di Genova
della regione Liguria. Basilica arci presbiteriale dei Santi Gervasio e
Protasio è situata nel cuore centro storico rapallese. Fu
edificata, in stile gotico-romanico, probabilmente in epoca medievale e una
targa al suo interno indica il 1118 come data della sua intitolazione, anche se
gli storici non sono concordi con questa datazione. Nel tempo fu
interessata da diversi rimaneggiamenti e modifiche, fino ai lavori di
ricostruzione tra il XVII e XVIII secolo che portarono alla cancellazione
del precedente aspetto architettonico gotico-romanico, facendole assumere
quello Settecentesco. Il campanile, alto e pendente, è del 1753 e nella seconda
metà dell'Ottocento vennero approntate ulteriori e sostanziali modifiche agli
interni e alla nuova facciata in stile neoclassico, dell'architetto Gio Batta
Olivieri. Nei primi anni del Novecento, grazie al nuovo arciprete monsignor
Cesare Boccoleri, ci fu la definitiva riedificazione della Basilica e la
costruzione della monumentale cupola, che terminò nel 1920. Anticamente
la parrocchia di Rapallo rivestiva grande importanza e la sua giurisdizione si
estendeva su un vasto territorio, dagli attuali comuni di Portofino fino a San
Pietro di Rovereto, sopra a Zoagli, e fino a Cicagna in val Fontana buona. Al
suo interno si tennero importanti riunioni popolari dove furono intraprese
decisioni della vita sociale, politica e religiosa della zona. Ancora oggi la
comunità parrocchiale rapallese è la più numerosa della diocesi di Chiavari con
circa 18.000 abitanti.
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