sabato 30 novembre 2019

Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Altare della Patria, piazza Venezia.

Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Altare della Patria, piazza Venezia. Il Vittoriano o Altare della Patria è un monumento di grandissima valenza simbolica che riunisce in sé tutti i valori dell’Italia risorgimentale e della nostra Costituzione. Questo è uno dei monumenti più emblematici della storia del nostro Paese ed è il simbolo dell’Italia del Risorgimento e della monarchia sabauda. La prima pietra fu posta da Umberto I di Savoia nel 1885, figlio di Vittorio Emanuele II, il primo re d’Italia. La necessità era quella di avere un monumento commemorativo estremamente simbolico per testimoniare i cambiamenti del Paese. La scelta di costruire il Vittoriano sul Campidoglio non è stata certo casuale: si tratta infatti del primo colle su cui, secondo la leggenda, fu fondata Roma nonché dove fu eretto il tempio a Giove Capitolino. Simbolicamente fu deciso di porre il Vittoriano non lontano dal Colosseo, massimo simbolo della Roma imperiale e in contrapposizione a San Pietro, che rappresentava il potere temporale dei Papi. Sempre per fare da contrappeso al potere dei papi, fu costruito pochi anni dopo il palazzo di Giustizia vicino a Castel Sant’Angelo, da sempre prigione sotto il controllo del Vaticano e perciò simbolo di un potere religioso che ormai doveva lasciare il posto all’Italia unita e laica. Per il progetto del Vittoriano fu indetto un concorso pubblico, vinto da Giovanni Sacconi, giovane architetto de Le Marche che aveva un progetto ambizioso e di forte valenza simbolica. Per erigere il monumento molti furono gli espropri e le distruzioni ai danni soprattutto di edifici medievali circostanti per fare largo alla nuova costruzione. Il lavori durarono quasi 25 anni per terminarla. All’inaugurazione dell’altare della patria, risalente al 1911, erano presenti tutte le più grandi personalità dello Stato. Questo edificio rappresenta la Patria: ai due lati, dove sorge e tramonta il sole, vi sono due fontane con i mari Adriatico e Tirreno, come ai lati della Penisola. In alto, sui due propilei, troneggiano le scritte in caratteri cubitali “PATRIAE UNITATI” e “CIVIUM LIBERTATI” ovvero “All’unità della patria” e “Alla libertà dei cittadini” che rappresentano quindi i due principi fondamentali di unità e libertà di cui si faceva promotore il nuovo Stato. L’enorme edificio, che con le quadrighe raggiunge gli 81 metri di altezza, è tutto decorato da gruppi scultorei eseguiti da vari artisti che rappresentano i valori del popolo italiano: troviamo la Forza, il Diritto, l’Azione, la Concordia, il Sacrificio ed il Pensiero. Al centro, accanto alla tomba del Milite Ignoto, posta nel 1921 a monito e memoria dopo la Prima Guerra Mondiale, troneggia la statua di Roma. Sullo sfondo di un mosaico dorato a simboleggiare l’importanza della nuova capitale e la sua centralità geografica e politica; sui due lati troviamo la rappresentazione dell’agricoltura e dell’industria, cioè il lavoro su cui poggia l’economia del Paese e l’amor patrio su cui si fonda la società. Sul piedistallo che sorregge l’enorme statua equestre di Vittorio Emanuele II (Riguardo l’enorme statua equestre in bronzo, fatta nel 1910 da Enrico Chiaradia, c’è una curiosità che sembra incredibile: quando fu terminata ospitò all’interno della pancia del cavallo una cena per venti persone, come testimoniano foto d’epoca) troviamo quattordici città italiane. Sopra, in corrispondenza delle colonne che fanno da quinta al re a cavallo, vi sono invece allegorie delle sedici regioni dell’epoca, frutto del lavoro di artisti provenienti dalla regione che rappresentava. Due alte colonne, sormontate da vittorie alate, coronano quest’esaltazione dell’Italia e dei suoi valori, del suo popolo e della sua storia. L’interno del colonnato che costituisce la terrazza è decorato con marmi e mosaici di Giulio Bargellini. Rappresentano la Fede, il Lavoro, la Forza e la Sapienza da un lato, la Legge, il Valore, la Pace e l’Unione dell’altro. Persino i motivi vegetali che decorano l’altare della patria hanno un significato preciso: l’alloro rappresenta il valore, la palma la vittoria, la quercia la forza, il mirto il sacrificio e l’ulivo la pace. La terrazza delle quadrighe è accessibile e visitabile tramite un suggestivo ascensore a vetri: Ti lascerà a bocca aperta la vista sulla città eterna (prezzo 7 euro, ridotto 3,50). Da qui si gode una delle viste panoramiche più belle di Roma.

venerdì 29 novembre 2019


Orvieto, provincia di Terni, regione Umbria. LA CHIESA DI SANT'ANDREA (E BARTOLOMEO). La chiesa ha una struttura a croce romana, articolata in tre navate con transetto e abside semicircolare. La copertura delle navate è a capriate lignee, mentre l'incrocio fra il corpo centrale e il transetto è coperto da volte a crociera sorrette da pilastri a fascio. I muri perimetrali sono realizzati in tufo, il pavimento in marmo. Appartiene alla chiesa la torre dodecagonale che è molto simile a quella presente nell'Abbazia di San Severo e Martirio. All'interno vi sono un pulpito cosmatesco, un'edicola tombale, i resti di un corpus di affreschi che comprendono opere risalenti al ‘300, al '600, alla fine dell'800.Nella cripta sono visibili resti delle precedenti fasi di utilizzo del complesso, che costituisce un luogo di culto già dal periodo villanoviano. Lo strato più notevole è quello superiore, in cui sono conservati estesi resti di mosaici pavimentali appartenenti al XII secolo.

giovedì 28 novembre 2019


Pisa regione Toscana. Campo dei miracoli, Torre pendente.  Inserita in un contesto meraviglioso, piazza dei miracoli (patrimonio dell'umanità), si erge la torre di Pisa, che con la sua inclinazione di 4 gradi, dando la sensazione che possa cedere da un momento all'altro... suscita l'interesse di migliaia di turisti curiosi che rimangono ogni anno estasiati ed affascinati dalla singolarità e stranezza di uno dei monumenti più belli del mondo. Quando si nomina Pisa si pensa subito alla famosa Torre Pendente, monumento che ha assunto importanza nei secoli per via della sua accentuata pendenza che ha fatto preoccupare e allo stesso tempo, ha attratto la curiosità di numerosi esperti e di semplici turisti; per tale motivo la Torre (campanile della Cattedrale di Santa Maria Assunta in Piazza del Duomo), è stata rinominata Torre Pendente. Nel 1173 iniziano i lavori di costruzione della torre di Pisa che si conclude però nel 1350, 56metri, 8 piani, 7 campane. La Torre di Pisa, posta su un terreno argilloso e sabbioso, sembra cominciò ad inclinarsi fin dall'edificazione del terzo piano tanto che si dovettero sospendere i lavori per poi riprenderli anni dopo, costruendo i piani successivi con una curvatura in senso opposto alla pendenza. Il progetto originale si pensa sia stato di Diotisalvi, che nello stesso periodo stava costruendo anche il Battistero. La costruzione continuò fino al completamento nel 1350, raggiungendo un'altezza di circa 56 metri e un peso di 14.523 tonnellate, riuscendo a mantenerla in equilibrio perché la verticale che passa per il baricentro cade all'interno della base di appoggio. I piani complessivi sono 8, circondati da una loggetta con archi a tutto sesto, che riprendono il motivo della facciata della cattedrale e poiché la torre ne costituisce appunto il campanile, vennero collocate 7 campane: Assunta (la più grande che pesa 3620 kg), Crocifisso, San Ranieri, Dal Pozzo, Pasquereccia, Terza, Vespruccio, le quali suonano ancora oggi prima delle messe in Duomo ed a mezzogiorno tramite un sistema elettronico e che un tempo era adibite ognuna ad un momento della giornata liturgica. La campana Pasquareccia, la più antica, si chiamava originariamente Giustizia e si trovava nell'omonimo palazzo e veniva impiegata per avvisare della morte dei traditori. La struttura del campanile è costituita da due stanze: una alla base della torre, conosciuta come Sala del pesce, avendo al suo interno un bassorilievo raffigurante appunto un pesce e l'altra è la cella campanaria, posta al settimo anello, delimitata dalle mura del camminamento superiore, a cielo aperto, mentre al centro, tramite un'apertura, è possibile vedere il pianterreno della torre. Per salire in cima alla torre, occorre percorrere tre rampe di scale a chiocciola.

mercoledì 27 novembre 2019

Catania capoluogo di provincia della regione Sicilia. Convitto, liceo e collegio Cutelli, via Vittorio Emanuele n° 56 .


Catania capoluogo di provincia della regione Sicilia. Convitto, liceo e collegio Cutelli, via Vittorio Emanuele n° 56 .  Il convitto Cutelli, progettato da Francesco Battaglia e Gian Battista Vaccarini su commissione di Mario Cutelli, è un nuovo esempio di grande architettura settecentesca (1761). Si ha ragione di credere che nel 1756 Vaccarini si recasse a Napoli per scegliere i marmi destinati alla cappella del Palazzo Reale di Caserta, e forse in questa visita prese conoscenza del nuovo e più classico stile che il Vanvitelli e il Fuga andavano introducendo a Napoli. Comunque le sue ultime opere, come il Collegio Cutelli e la Badia piccola di San Benedetto, tradiscono la loro influenza. Nel Collegio Cutelli su via Vittorio Emanuele, imboccato l’ingresso e superato il breve atrio coperto, si raggiunge la corte, elemento di maggior spicco dell’intero edificio. Il piano terra è definito da un portico circolare costituto da sedici archi a tutto sesto, sostenuti da altrettanti pilastri cruciformi, composti da una sezione trapezoidale con delle semicolonne appoggiate. Il dorico romano che caratterizza la trabeazione circolare dell’atrio interno del Collegio Cutelli è severo e monumentale come quello dell’atrio di Caserta, ma la pianta rotonda del cortile impedisce all’insieme di essere troppo solenne. Sull’asse del Collegio, di fronte all’ingresso, sorge uno scalone imponente, racchiuso in un rettangolo dai vertici absidati. Esso porta iscritta la data 1779, undici anni dopo la morte del Vaccarini, e deve quindi essere stato costruito da un suo allievo. Ma molto probabilmente si basa su un disegno dello stesso architetto e si accorda perfettamente con la sua ultima maniera, più severa e classicheggiante. I pilastri della corte sostengono una lunga balconata continua, anch’essa circolare, profonda quanto il portico sottostante, con otto aperture di accesso. La parete del primo piano è costituita da sedici moduli che richiamano le scansione del piano terreno con grandi balconi alternati a finestroni, tutti decorati con elaborate architetture in pietra bianca di Siracusa. Sopra la balconata del primo piano, è presente un attico sagomato come una corona, decorato con vasi e conchiglie, nella tradizione dei chiostri e dei cortili interni catanesi. Solo in piccola parte l’edificio è dotato di un secondo piano, destinato alle abitazioni del Rettore e del Vicerettore e ai vani ad esse annessi. Un solo dettaglio in tutto il complesso mostra le tendenze barocche del Vaccarini: il pavimento a disegni a raggiera in pietra bianca e lava, anche più gaio e leggero di quello del Collegio dei Gesuiti.

martedì 26 novembre 2019


Gaiole in Chianti, località Coltibuono, provincia di Siena, regione Toscana.  Badia di San Lorenzo. Si hanno notizie di una chiesa fin dal X secolo e precedentemente di un oratorio dedicato a San Lorenzo, ma i documenti ci attestano che l’abbazia che oggi vediamo è stata edificata nel 1037 e consacrata solo nel 1049. Costituisce una delle più significative testimonianze del romanico nel Chianti. Essa sorge in una zona strategicamente e politicamente importante, ai confini dei contadi di Firenze, Siena e Arezzo, in un’area dominata a lungo dalla potente consorteria feudale dei Firidolfi Ricasoli, i quali furono fondatori e patroni del monastero. L’edificio religioso, il cui nome in latino significa “buon raccolto”, viene donato a Giovanni Gualberto, monaco che dà vita al movimento dei Benedettini riformati di Vallombrosa, e sin dal 1095 viene inserito nei possedimenti dell’ordine Vallombrosano. Durante il XII secolo, l’abbazia si arricchisce costantemente grazie a lasciti e donazioni e giunge a controllare numerosi altri centri religiosi della zona. Dal 1239 passa sotto la protezione della repubblica di Firenze e nel 1488 viene data in commenda, insieme alla Badia a Passignano, al cardinale Giovanni de’ Medici, il futuro papa Leone X. L’edificio attuale ha una pianta a croce latina e si sviluppa su un’unica navata che termina nell’abside semicircolare. La copertura del tetto non presenta più le originali capriate a vista ma volte a botte, risalenti al XVIII secolo, epoca in cui l’abbazia viene notevolmente modificata. Sopra il transetto è eretta una singolare cupola ottagonale, che all’esterno appare racchiusa da una massiccia struttura cubica, tipo pagoda, accanto al possente campanile merlato dal carattere più militare che religioso. All’interno, sotto l’altare maggiore, sono conservati i resti del Beato Benedetto Ricasoli che, divenuto monaco, visse in realtà in un eremo detto “Castellaccio”, non lontano dalla badia. All’esterno l’edificio risulta privo di qualsiasi elemento scultoreo, come la maggior parte delle fabbriche vallombrosane. Sulla destra della chiesa si sviluppano gli ambienti anticamente adibiti a monastero. Nel 1810, al tempo delle soppressioni napoleoniche, la chiesa viene ridotta a parrocchia e l’intera struttura viene trasformata in villa-fattoria. Da quel momento si registrano numerosi passaggi di proprietà con vicende anche molto rocambolesche fino all’arrivo della famiglia Stucchi Prinetti, attuale proprietaria dei terreni, dell’azienda vinicola e dell’agriturismo Badia a Coltibuono. Da aprile a ottobre vengono organizzate visite guidate pomeridiane all’interno dell’ex monastero e della cantina, mentre la chiesa è aperta tutto l’anno per le funzioni domenicali e dei giorni festivi.

lunedì 25 novembre 2019


Camogli, provincia di Genova, della regione Liguria. Basilica di Santa Maria Assunta. La chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta è stata insignita del titolo di Basilica minore il 18 novembre 1988, anno mariano, dal pontefice Giovanni Paolo II. Il tempio sorge sullo sperone roccioso dell'Isola ed è il risultato di innumerevoli trasformazioni ed ampliamenti dell'originaria cappella del castello intitolata a S. Maria, la cui presenza agli inizi del XII secolo è testimoniata da alcuni documenti. L'attuale configurazione è il risultato di un radicale ingrandimento che risale al 1845 quando furono edificate le due facciate, quella con l'ingresso principale rivolto verso l'abitato dell'Isola e l'altra domina la monumentale scalinata che collega il sagrato con la sottostante Piazza Colombo. L'interno a tre navate in stile barocco classicheggiante è ricco di ori, stucchi, marmi policromi, messi in risalto dai lampadari. Lo schema decorativo unitario fu progettato dall'architetto Dufour mentre gli affreschi furono realizzati da Nicolò Barbino e Francesco Semino. Importanti opere scultoree e pittoriche eseguite da autori di scuola genovese (Francesco Maria Schiaffino, Francesco Ravaschio, Luca Cambiaso, Domenico Fiasella, Bernardo Castello) ornano gli altari laterali. Sull'altare maggiore è collocata la statua lignea dell'Assunta opera di Bernardo Schiaffino. La sacrestia è in barocco chiavarese e risale al 1790 vi è posta la tela di Luca Cambiaso raffigurante la Deposizione. Di grande pregio è anche l'organo costruito nel 1873 dal pavese Luigi Lingiardi, restaurato nel 1988. Il sagrato è realizzato con la tecnica del "risseu", un tempo molto usata nei borghi di mare. Si tratta di sassi bianchi e grigi raccolti sulla spiaggia e sapientemente collocati a formare disegni e figure geometriche. Sulla parete di un'abitazione prospiciente il sagrato è stato collocato nel 2006 un murale in ceramica opera dell'artista Alessia Ratti raffigurante l'"Isola" nel 1518.

domenica 24 novembre 2019


Castello di Meleto, comune di Gaiole in Chianti, provincia di Siena regione Toscana. Situato su una collina che domina la valle del Massellone, a 2 km da Gaiole in Chianti, lo storico ed elegante Castello Di Meleto offre camere e appartamenti con arredi in stile toscano. Nel cuore del Chianti, tra Siena e Firenze, sorge il Castello di Meleto, una dimora storica imponente, un'azienda agricola che produce vino prelibato ma, soprattutto, un luogo incantato dove regalarsi momenti indimenticabili tra passato e presente. Oggi agriturismo di grande charme, il Castello di Meleto domina la valle del torrente Massellone. La costruzione risale, nelle sue parti più antiche, all'anno Mille. Il Castello apparteneva ai Monaci Benedettini e successivamente è diventato di proprietà della Famiglia Ricasoli che dopo esserne entrata in possesso nel 1200, ha ampliato la costruzione nel 1700 e l'ha trasformata in una splendida residenza di campagna. Dal 1968 la proprietà è della Viticola Toscana Spa, un'azienda agricola con splendidi vigneti specializzati nella produzione del vino Chianti Classico DOCG. Il castello è circondato da sei belle case coloniche, ristrutturate accuratamente nel 2000, mantenendo inalterato lo stile rustico toscano ed utilizzate per agriturismo. Ogni casa dispone di giardino privato o terrazza e si affaccia direttamente sulla campagna, immersa nel verde dei vigneti e oliveti. Tra un assaggio di buon vino e uno della cucina tipica, è bello rilassarsi in una delle due splendide piscine e lasciarsi inebriare dai profumi delle viti e degli ulivi, dei ginepri e delle ginestre. Nei sotterranei del Castello, vero monumento storico, un'affascinante enoteca permette di degustare i vini, l'olio extravergine di oliva biologico e i salumi di Cinta Senese provenienti dall'allevamento allo stato brado. E' possibile organizzare al Castello banchetti in stile rinascimentale e medievale nella suggestiva cornice delle sale affrescate. Inoltre, tutti i giorni sono possibili visite guidate del piano nobile del Castello, del teatrino settecentesco, dei sotterranei con le antiche cantine, prigioni e vie di fuga, per vivere a 360° un'esperienza unica e indimenticabile in un vero Castello del Chianti. Il Castello con la sua atmosfera magica e i suoi mille passaggi segreti è inoltre, una location particolarmente suggestiva per matrimoni da favola. Gli sposi potranno scambiarsi le loro promesse eterne circondati da uno charme unico e con un banchetto fiabesco, un vero salto indietro nel tempo. A loro disposizione per la prima notte di nozze, come gentile omaggio del Castello di Meleto, la camera Virginia nel Piano Nobile li accoglierà per una indimenticabile prima notte per nozze da favola nel cuore del Chianti.

sabato 23 novembre 2019


Bologna, capoluogo della regione Emilia e Romagna. LE DUE TORRI (simbolo della città), entrambe pendenti, sono situate all'incrocio tra le vie che portavano alle cinque porte dell'antica cerchia di mura "dei torresotti". La più pendente delle due torri, la Garisenda, fu citata più volte da Dante, nella Divina Commedia e nelle Rime, a riprova del suo soggiorno a Bologna. Le due torri furono oggetto della omonima poesia di Giosuè Carducci contenuta nelle Odi barbare. I nomi di Asinelli (la maggiore) e Garisenda (la minore) derivano dalle famiglie a cui tradizionalmente se ne attribuisce la costruzione, fra il 1109 ed il 1119. In realtà la scarsezza di documenti risalenti ad epoche così remote rende meno certa l'origine delle torri: per quello che riguarda la famiglia degli Asinelli, ad esempio, vengono citati in associazione alla famosa torre per la prima volta solo nel 1185, quasi settant'anni dopo la data presunta di costruzione. Si ritiene che l'Asinelli inizialmente fosse molto più alta (i muri in cima sono di uno spessore che permetterebbe l'innalzamento di altri 20-25 metri) la sommità che vediamo oggi è dovuta a un rifacimento di epoca Bentivogliesca (1488) che la ridusse agli attuali 97,2 m (con uno strapiombo di 2,2 m). Il Comune ne divenne il proprietario nel XIV secolo e la utilizzò come prigione e fortilizio. Negli stessi anni intorno alla torre fu realizzata una costruzione in legno, posta a trenta metri da terra e unita con una passerella aerea (distrutta da un incendio nel 1398) alla Garisenda. Si dice che la costruzione fosse voluta da Giovanni Visconti, Duca di Milano, per tenere meglio d'occhio il turbolento Mercato di Mezzo (oggi via Rizzoli) e poter sedare per tempo eventuali rivolte. All'epoca i Visconti avevano preso il potere in Bologna in seguito alla decadenza della Signoria dei Pepoli, e quindi erano invisi alla popolazione.

venerdì 22 novembre 2019


Bergamo, Capoluogo della omonima provincia, della regione Lombardia. Basilica di Santa Maria Maggiore, Piazza Duomo.  E’ l’edificio sacro che, più d’ogni altro, i padri della Chiesa vollero fosse come una Biblia Pauperum, una Bibbia dei poveri, un luogo in cui, chiunque, potesse comprendere attraverso l’arte il significato della parola di Dio, i contenuti spirituali della letteratura sacra. La Basilica di Santa Maria Maggiore, definita “Cappella votiva della città”,  è formata da un insieme di stili e d’arti eterogenee, dei periodi compresi fra il XII e il XIX secolo, dove, temi religiosi convivono con presenze di matrice pagana o laica. In questa chiesa tutto ciò che vedete ha una funzione didattica, tutte le immagini e tutti i capolavori artistici hanno lo scopo di stimolare il visitatore a ricercare in quella dimensione spirituale che dimora in ognuno di noi. La storia racconta che, nel 1133, una forte siccità colpì le terre bergamasche e che a questa seguì una carestia e la peste. La popolazione di Bergamo, stremata, invocò l’aiuto della Maria Vergine e promise la costruzione di una bellissima chiesa in segno di ringraziamento. Nel 1137, davanti al vescovo Gregorio e a tutta la cittadinanza, fu posata la prima pietra della Basilica di Santa Maria Maggiore. Mentre l’esterno della chiesa ha conservato l’originale architettura romanica, l’interno ha subito, nel tempo, notevoli cambiamenti: la Basilica ha un tiburio ottagonale e pianta a croce greca arricchita, in origine, da 5 absidi: una grande centrale e quattro piccole ai lati del transetto. Nel 1472 però l’absidiola di nord-ovest fu abbattuta per ordine di Bartolomeo Colleoni, che in quel luogo fece costruire la propria cappella funeraria. La CAPPELLA DEL VOTO, fu la prima ad essere interessata dai lavori decorativi che mutarono radicalmente l’interno della chiesa a partire dalla prima metà del Cinquecento. Dall’austero stile Romanico, si passò all’ornamentale Barocco, che, oggi ammiriamo. La Cappella ospita La Madonna col Bambino, San Rocco e San Sebastiano, un pala d’altare del 1584 opera di Gian Paolo Lolmo. Il quadro fu commissionato, dal Consiglio della Misericordia, per rispettare il solenne voto popolare. La Vergine, con in braccio il Bambino Gesù, appare seduta all’interno di un’aura luminosa, tra nubi abitate da cherubini.In basso San Rocco e San Sebastiano supplicano la Vergine di guarire i fedeli dalla peste. Per concludere la sua opera, Gian Paolo Lolmo, dipinse sullo sfondo il profilo della città protetta dalle mura venete.

giovedì 21 novembre 2019


Santa Margherita Ligure è un comune della città metropolitana di Genova in Liguria. Basilica di S. Margherita di Antiochia, patrona della città, la cui bella facciata è contornata da due alti campanili, ospita importanti dipinti di Scuola genovese. San Giacomo di Corte, già possedimento dell’Abbazia di San Fruttuoso, e passata poi in commenda alla Famiglia Doria, si trova in straordinaria posizione panoramica e presenta un importante ciclo di affreschi di Nicolò Barabino. Sulle alture della città, da una parte il Santuario di N.S. del Carmine di Nozarego, edificato nel ‘700, e dall’altra San Lorenzo della Costa nella quale sono conservati il pregevole Trittico di Sant’Andrea, di scuola fiamminga del XV secolo, ed un dipinto di Luca Cambiaso.

Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto.

Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto. La chiesa dei Ss. Domenico e Sisto (papa Sisto II°, venne sorpreso nel cimitero, probabilmente quello di San Callisto, mentre insegnava la parola divina e fu decapitato con sei dei sette diaconi di Roma), situata in largo Angelicum ( prospetta sulla Via salita del Grillo), s'innalza con la sua ampia e caratteristica scalinata a due rampe, terminante in una terrazza ellittica, sull'area precedentemente occupata dalla chiesa di "S. Maria a Magnanapoli". La chiesa, dedicata al fondatore dell'Ordine dei Domenicani, S. Domenico, ed a papa S. Sisto II, fu costruita per volere di Pio V, insieme all'annesso convento, a seguito delle insistenti suppliche delle Suore Domenicane, desiderose di lasciare il monastero di S. Sisto situato in un luogo infestato dalla malaria. Finalmente nel 1575 le Suore si trasferirono in questa chiesa, anche se non ancora ultimata, denominata poi S. Sisto Nuovo perché sostitutiva dell'abbandonata chiesa a sua volta detta S. Sisto Vecchio. Gli artefici di quest'opera furono Giacomo Della Porta, Nicola Torriani, Orazio Torriani e Vincenzo Della Greca, che terminò la facciata nel 1655. Questa, divisa in due ordini e spartita da lesene, presenta un bel portale, inquadrato da due colonne e due lesene che sorreggono un timpano spezzato, al centro del quale vi è posta un'Immagine della Madonna. Sull'architrave del portale, invece, vi è posto lo stemma dei Domenicani: un cane con una torcia accesa tra i denti. Il cane rappresenta la fedeltà al messaggio evangelico dei Domenicani, mentre la fiaccola simboleggia la diffusione della Parola di Dio tra i fedeli e gli infedeli. Il cane, inoltre, è il simbolo per eccellenza dei Domenicani perché essi vennero soprannominati, con un gioco di parole, "Domini canes", ovvero i "cani del Signore", probabilmente per l'ardore dimostrato, nel corso della loro storia, nel difendere il Messaggio di Dio, "azzannando" gli eretici. Un bel finestrone centrale nell'ordine superiore e quattro nicchie con le statue di S. Domenico, S. Sisto, S. Tommaso d'Aquino e S. Pietro completano la facciata, conclusa da un grande timpano triangolare sormontato da una croce e da una serie di candelabri marmorei. Lavori di ampliamento e di restauro dell'intero complesso furono effettuati durante i pontificati di Gregorio XIII, Urbano VIII ed Innocenzo X. Nel 1870 lo Stato Italiano confiscò parte del convento e lo destinò inizialmente a sede della Corte dei Conti e poi del Fondo per il Culto. Nel 1928 il Governo Italiano autorizzò il Collegio S. Tommaso d'Aquino ad acquistare l'ex Convento dei Ss. Domenico e Sisto, nel quale, dopo opportuni restauri ed ampliamenti ad opera dell'architetto Tullio Passarelli, si insediò, nel 1932, il Pontificio Collegio dell'Angelicum, proveniente dalla sede originaria presso S. Maria sopra Minerva.

mercoledì 20 novembre 2019


Napoli, capoluogo della omonima provincia e della regione Campania. La cattedrale metropolitana di SANTA MARIA ASSUNTA è una basilica monumentale nonché duomo e sede dell'arcidiocesi della città di Napoli. Il duomo sorge lungo il lato est della via omonima, in una piazzetta contornata da portici, e ingloba a mo' di cappelle laterali altri due edifici di culto sorti autonomamente rispetto alla cattedrale: la basilica di Santa Restituta, che custodisce il battistero più antico d'Occidente, quello di San Giovanni in Fonte, e la reale cappella del Tesoro di san Gennaro, che conserva le reliquie del santo patrono della città. Si tratta di una delle più importanti e grandi chiese della città, sia da un punto di vista artistico, essa è di fatto la sovrapposizione di più stili che vanno dal gotico puro del Trecento fino al neogotico ottocentesco, che sotto un profilo culturale, ospitando infatti tre volte l'anno il rito dello scioglimento del sangue di san Gennaro. Secondo la Cronaca di Partenope, risalente al XIV secolo, nell'area in cui insiste il complesso religioso sorse l'oratorio di Santa Maria del Principio dove Aspreno, il primo vescovo della città databile al I secolo, decise di insediare l'episcopato di Napoli. A partire dal IV secolo nacquero diversi edifici di culto nell'insula episcopale e tra queste si ricordano la basilica di Santa Restituta, il battistero di San Giovanni in Fonte e diverse cappelle annesse come quelle di San Lorenzo, Sant'Andrea e Santo Stefano. Per la progettazione e la costruzione della nuova chiesa, per volontà del re Carlo II di Napoli e d'intesa con l'arcivescovo Giacomo da Viterbo, che aveva sollecitato al sovrano tale opera, vennero chiamati architetti di estrazione francese. La seconda parte del cantiere fu eseguita da maestranze locali o italiane: le fonti indicano Masuccio I, Giovanni Pisano e Nicola Pisano. La basilica di Santa Restituta è una chiesa monumentale di Napoli, raggiungibile dall'attuale duomo della città, di cui costituisce la terza cappella della navata sinistra. Di origine paleocristiana, è la più antica basilica napoletana e l'antica chiesa cattedrale della città.

martedì 19 novembre 2019


Orvieto, provincia di Terni, regione Umbria. DUOMO. La cattedrale di Santa Maria Assunta è il principale luogo di culto cattolico di Orvieto, in provincia di Terni, chiesa madre della diocesi di Orvieto-Todi e capolavoro dell'architettura gotica dell'Italia Centrale. Nel gennaio del 1889 papa Leone XIII l'ha elevata alla dignità di basilica minore. La costruzione della chiesa fu avviata nel 1290 per volontà di papa Niccolò IV, allo scopo di dare degna collocazione al Corporale del miracolo di Bolsena. Disegnato in stile romanico da un artista sconosciuto (probabilmente Arnolfo di Cambio), in principio la direzione dei lavori fu affidata a fra Bevignate da Perugia a cui succedette ben presto, prima della fine del secolo, Giovanni di Uguccione, che introdusse le prime forme gotiche. Ai primi anni del Trecento lo scultore e architetto senese Lorenzo Maitani assunse il ruolo di capomastro dell'opera. Questi ampliò in forme gotiche l'abside e il transetto e determinò, pur non terminandola, l'aspetto della facciata che vediamo ancora oggi. Alla morte del Maitani, avvenuta nel 1330, i lavori erano tutt'altro che conclusi. Il ruolo di capomastro venne assunto da vari architetti-scultori che si succedettero nel corso degli anni, spesso per brevi periodi. Nel 1350-1356 venne costruita la Cappella del Corporale. Nel 1408-1444 venne costruita la Cappella di San Brizio, affrescata però solo più tardi (1447-1504). Anche i lavori della facciata si protrassero negli anni, fino ad essere completati solo nella seconda metà del 1500 da Ippolito Scalza, che costruì 3 delle 4 guglie della facciata. Il Duomo è da sempre intitolato alla Madonna Assunta, ed è provvisto di cinque campane rinascimentali in tonalità di Mi bemolle.

lunedì 18 novembre 2019

Matera capoluogo di provincia della regione Basilicata. PIAZZA VITTORIO VENETO.


Matera capoluogo di provincia della regione Basilicata. PIAZZA VITTORIO VENETO. Luogo di incontro e di passeggio, la vivace Piazza Vittorio Veneto ospita spesso mercatini, bancarelle e ritrattisti. Ottimo punto di partenza per andare alla scoperta della suggestiva città dei Sassi di Matera, patrimonio mondiale dell’umanità UNESCO. Dalla piazza si  gode il panorama del Sasso Barisano al quale cui si accede passando attraverso la loggia. La Piazza è, inoltre, punto di partenza di un  percorso sotterraneo scavato nella roccia, composto di abitazioni, botteghe, cantine, cisterne, pozzi e “palombari” (grandi strutture scavate per la raccolta di acque piovane). Del quartiere interrato fanno parte, inoltre, la Chiesa rupestre del S. Spirito e la Torre aragonese. La piazza Vittorio Veneto, precedentemente chiamata Piazza Del Plebiscito, era conosciuta anche come “piazza della Fontana” per la presenza in passato della grande “Fontana Ferdinandea”  monumentale, realizzata nel 1832 per raccogliere le acque provenienti dalla soprastante collina del castello “De Montigny” , attualmente spostata poche centinaia di metri più in basso lungo la strada, presso la villa comunale. L’attuale aspetto della piazza è dovuto ai lavori di restauro  del 1993, quando si spostò il monumento ai caduti ( Benedetto d’Amore 1926 ) e si eliminò la strada che attraversava la piazza,  per riportare alla luce il “fondaco di mezzo” , vecchio piano della città, in parte visitabile, a cui si accende scendendo dalla scalinata di ferro  vicino la grande fontana in pietra chiara da cui sgorgano alti zampilli d’acqua. I locali ipogei che lo compongono si estendono sotto tutta la piazza per più di 5000 mq.  fino ad arrivare sotto il Convento dell’Annunziata,  che addirittura ha come basamento nelle fondamenta un torrione appartenente probabilmente alla cinta difensiva del Castello Tramontano , e comprendono neviere, cisterne, negozi, magazzini e  abitazioni.

domenica 17 novembre 2019

Messina, capoluogo dell’omonima provincia della regione Sicilia. CHIESA DI S. ANTONIO ABATE, Corso Cavour n° 137.

Messina, capoluogo dell’omonima provincia della regione Sicilia. CHIESA DI S. ANTONIO ABATE, Corso Cavour n° 137. Sul Corso Cavour sorge la chiesa di S. Antonio Abate, progettata dall'ing. Francesco Barbaro e costruita dai f.lli Cardillo tra il 1928 e il 1930. Prima del terremoto del 1908, sullo stesso posto, sorgeva la chiesa dell’Annunziata dei Teatini, eretta nel ‘600 su progetto dell’architetto modenese Guarino Guarini. Esternamente si presenta simile alla Basilica di Superga; il suo ingresso è affiancato da quattro colonne , due per lato, che le danno un' austerità  tipica delle chiese  Romane. Subito dopo l’ingresso, sulla sinistra, in una cappelletta è custodito un Crocefisso in cartapesta con croce in legno dell’800. L’interno, che ha forma circolare articolata su otto colonne centrali sulle quali poggia una grande cupola con lanternino, custodisce una statua della "Madonna con Gesù giovanetto", attribuita alla scuola del Montorsoli;  una statua in marmo di "Maria Addolorata" ed un pregevolissimo fonte battesimale. Le volte absidali furono affrescate dal De Pasquale, con le raffigurazioni dello "Sposalizio della Vergine", l’"Annunziata" e la "Natività.  

sabato 16 novembre 2019

Rapallo è un comune della città metropolitana di Genova della regione Liguria. Basilica arci presbiteriale dei Santi Gervasio e Protasio.

Rapallo è un comune della città metropolitana di Genova della regione Liguria. Basilica arci presbiteriale dei Santi Gervasio e Protasio è situata nel cuore  centro storico rapallese. Fu edificata, in stile gotico-romanico, probabilmente in epoca medievale e una targa al suo interno indica il 1118 come data della sua intitolazione, anche se gli storici non sono concordi con questa datazione. Nel tempo fu  interessata da diversi rimaneggiamenti e modifiche, fino ai lavori di ricostruzione tra il XVII e XVIII secolo che portarono alla cancellazione del precedente aspetto architettonico gotico-romanico, facendole assumere quello Settecentesco. Il campanile, alto e pendente, è del 1753 e nella seconda metà dell'Ottocento vennero approntate ulteriori e sostanziali modifiche agli interni e alla nuova facciata in stile neoclassico, dell'architetto Gio Batta Olivieri. Nei primi anni del Novecento, grazie al nuovo arciprete monsignor Cesare Boccoleri, ci fu la definitiva riedificazione della Basilica e la costruzione della monumentale cupola, che terminò nel 1920. Anticamente la parrocchia di Rapallo rivestiva grande importanza e la sua giurisdizione si estendeva su un vasto territorio, dagli attuali comuni di Portofino fino a San Pietro di Rovereto, sopra a Zoagli, e fino a Cicagna in val Fontana buona. Al suo interno si tennero importanti riunioni popolari dove furono intraprese decisioni della vita sociale, politica e religiosa della zona. Ancora oggi la comunità parrocchiale rapallese è la più numerosa della diocesi di Chiavari con circa 18.000 abitanti.

venerdì 15 novembre 2019

Perugia capoluogo dell’omonima provincia della regione Umbria. GALLERIA NAZIONALE DELL'UMBRIA, Corso Vannucci, 19.

Perugia capoluogo dell’omonima provincia della regione Umbria. GALLERIA NAZIONALE DELL'UMBRIA, Corso Vannucci, 19.  Le collezioni della Galleria Nazionale dell’Umbria sono ospitate dal 1878 ai piani superiori di Palazzo dei Priori, uno dei più interessanti esempi di edilizia civile gotica in Italia. La raccolta museale è la più esaustiva e completa della regione, per la varietà e la molteplicità delle testimonianze artistiche pertinenti ad un arco cronologico compreso tra il XIII e il XIX secolo. Parte dei lavori qui conservati costituivano il ricco patrimonio ad uso didattico dell’Accademia di Perugia, fondata nel 1573. Ad esse si aggiunsero opere donate da privati e quelle demanializzate dopo i provvedimenti di soppressione degli ordini e delle corporazioni religiose, emanati prima dal governo napoleonico e in seguito dallo Stato italiano. La consistenza numerica e il valore della raccolta portarono nel 1863 all’istituzione di una Pinacoteca Civica, intitolata a Pietro Vannucci. Nel 1918 fu ceduta allo Stato e assunse il nome di Regia Galleria Vannucci, poi Galleria Nazionale dell’Umbria.L’ordinamento museografico, presentato nella sua veste definitiva nel dicembre 2006, propone le opere in sequenza cronologica. Le testimonianze dal XIII al XV secolo sono esposte al terzo piano, quelle dal XVI al XIX secolo sono presentate al secondo; il percorso è intervallato da sezioni monografiche dedicate ai tessuti umbri, all’oreficeria, alle ceramiche, alla grafica antica, alla topografia.

giovedì 14 novembre 2019

Savona capoluogo della provincia omonima della Liguria. La torre del Brandale.

Savona capoluogo della provincia omonima della Liguria. La torre del Brandale. Si trova nell'area antistante la parte più antica del porto di Savona, come le torri Corsi e Guarnieri, i resti di una loggia privata e il Palazzo degli Anziani. Quest'ultimo risale al XIV secolo, mentre le torri sono tutte riferibili al XII secolo. Sembra che fosse la principale delle cinquanta torri della città sulla cima delle quali venivano accesi fuochi, con la funzione di fari; il nome "Brandale" può infatti derivare da "Brand", corrispondente a "luce, falò", oppure dalla famiglia Aldobrandeschi. Nella torre, acquistata dal Comune nel 1305, è stata installata la prima campana per richiamare il popolo a Parlamento, nel 1349. La torre è stata abbassata, nel XVI secolo, e rialzata nel 1931. In quest'occasione, con una sottoscrizione popolare è stata acquistata la nuova campana. La torre ha un basamento ad arcate aperte ed è oggi alta quasi cinquanta metri. Sul primo cornicione si trovano i dodici stemmi in ceramica delle signorie che si sono avvicendate al comando della citta dal XII secolo. Dalla torre si accede al Palazzo degli Anziani, che costituisce, proprio assieme alla torre, una sorta di museo lapidario con resti di affreschi medievali, iscrizioni, rilievi marmorei, fregi che provengono da distrutti edifici del centro storico e che risalgono a un periodo compreso tra il XIV e il XIX secolo. Il nucleo iniziale delle collezioni è stato ordinato da Poggio Poggi negli anni Trenta del Novecento. Completano la raccolta statuine presepiali di pastori, mentre nell'atrio è custodita anche la parte superiore della campana civica del 1669.

mercoledì 13 novembre 2019

Orvieto, provincia di Terni, regione Umbria. LA FORTEZZA DELL'ALBORNOZ.

Orvieto, provincia di Terni, regione Umbria. LA FORTEZZA DELL'ALBORNOZ. Nella parte sinistra di Piazza Cahen sorge la Fortezza dell'Albornoz, fondata per ordine del Cardinale Albornoz, sotto l'ordine di Papa Innocenzo VI e su istruzione del condottiero ed ingegnere militare Ugolino di Montemarte. In epoca etrusca, nell'area in cui sarebbe sorta la Rocca si ergeva un tempio detto, dagli archeologi, Augurale. Nell'anno 1359 (1353) il Cardinale Egidio Albornoz, legato di Papa Innocenzo VI e legato del Patrimonio, fece edificare la Rocca di S. Martino, presso S. Lorenzo delle Donne o delle Vigne, ossia presso il Camposanto. Dopo la vittoria militare e diplomatica del Cardinale, i suoi Capitani e i suoi Vicari non si sentivano tranquilli senza strutture fortificate e fu decisa la costruzione di una rocca addossata alla Porta Postierla o Soliana, detta poi Porta Rocca, sul limite orientale della rupe. Di forma quadrilatera, con un palazzotto contiguo alla porta e alle strutture di servizio lungo le mura, la rocca era protetta da un fossato con due ponti levatoi.

martedì 12 novembre 2019

Abbazia di San Lorenzo a Coltibuono in Chianti, Loc. Badia a Coltibuono, Gaiole In Chianti, provincia di Siena, regione Toscana.

Abbazia di San Lorenzo a Coltibuono in Chianti, Loc. Badia a Coltibuono, Gaiole In Chianti, provincia di Siena, regione Toscana. Siamo in Chianti nelle vicinanze di Montegrossi, dove nel 770 il fiorentino Geremia de' Firidolfi costruì il nucleo primigenio di quello che fu l'Abbazia di San Lorenzo a Coltibuono (oggi badia). La chiesa di Coltibuono, dedicata a San Lorenzo, fu fondata, secondo la leggenda, da Geremia dei Firidolfi. Esisteva già nel X secolo ed é sempre stata legata alla famiglia dei Firidolfi, che nel 1049 vi istituì una comunità di canonici regolari sotto il suo patronato. Coltibuono, trasformato in monastero, si arrricchì con un cospicuo patrimonio immobiliare, come testimoniato da numerose carte del convento e dal 1095 fu inserito nella congregazione di Vallombrosa; nel 1160 Ugo Ricasoli fece costruire il campanile della chiesa. Dopo il 1239, anno in cui l'abbazia fu presa sotto la protezione di Firenze, iniziò un lungo periodo di decadenza. Nel XV secolo la crisi di Coltibuono si accentuò e, secondo l'uso del tempo, il patrimonio ecclesiastico fu amministrato da laici tramite un commenda. Alla fine del 1400 Lorenzo il Magnifico, nonostante le resistenze dei patroni Ricasoli, ottenne per il figlio Giovanni, futuro papa Leone X, la commenda di San Lorenzo a Coltibuono. Con la cacciata dei Medici e l'elezione di papa Alessandro VI, i Ricasoli sperarono di recuperare il privilegio, ma nel 1502 l'abate di Vallombrosa, appoggiato dalla repubblica fiorentina, riuscì ad espellerli definitivamente riconoscendo all'antica casata solo uno "Jus Honorificum". Successivamente l'Abbazia fu donata a San Giovanni Gualberto passando sotto i possedimenti dell'Ordine Vallombrosiano. La chiesa ha pianta a croce latina con abside semicircolare. Il campanile merlato fu costruito nel 1160. La navata conserva la falsa volta settecentesca mentre le volte a botte dei bracci del transetto sono originali. All'interno della chiesa sono presenti diversi affreschi e stucchi di origine settecentesca (barocca). Nel 1810 in seguito al deleterio editto emesso da Napoleone, il convento venne chiuso e trasformato in fattoria!, mentre la badia fu declassata a semplice chiesa parrocchiale.

lunedì 11 novembre 2019

Catania capoluogo di provincia della regione Sicilia. Convitto, liceo e collegio Cutelli, via Vittorio Emanuele n° 56 .


Catania capoluogo di provincia della regione Sicilia. Convitto, liceo e collegio Cutelli, via Vittorio Emanuele n° 56 .  Il convitto Cutelli, progettato da Francesco Battaglia e Gian Battista Vaccarini su commissione di Mario Cutelli, è un nuovo esempio di grande architettura settecentesca (1761). Si ha ragione di credere che nel 1756 Vaccarini si recasse a Napoli per scegliere i marmi destinati alla cappella del Palazzo Reale di Caserta, e forse in questa visita prese conoscenza del nuovo e più classico stile che il Vanvitelli e il Fuga andavano introducendo a Napoli. Comunque le sue ultime opere, come il Collegio Cutelli e la Badia piccola di San Benedetto, tradiscono la loro influenza. Nel Collegio Cutelli su via Vittorio Emanuele, imboccato l’ingresso e superato il breve atrio coperto, si raggiunge la corte, elemento di maggior spicco dell’intero edificio. Il piano terra è definito da un portico circolare costituto da sedici archi a tutto sesto, sostenuti da altrettanti pilastri cruciformi, composti da una sezione trapezoidale con delle semicolonne appoggiate. Il dorico romano che caratterizza la trabeazione circolare dell’atrio interno del Collegio Cutelli è severo e monumentale come quello dell’atrio di Caserta, ma la pianta rotonda del cortile impedisce all’insieme di essere troppo solenne. Sull’asse del Collegio, di fronte all’ingresso, sorge uno scalone imponente, racchiuso in un rettangolo dai vertici absidati. Esso porta iscritta la data 1779, undici anni dopo la morte del Vaccarini, e deve quindi essere stato costruito da un suo allievo. Ma molto probabilmente si basa su un disegno dello stesso architetto e si accorda perfettamente con la sua ultima maniera, più severa e classicheggiante. I pilastri della corte sostengono una lunga balconata continua, anch’essa circolare, profonda quanto il portico sottostante, con otto aperture di accesso. La parete del primo piano è costituita da sedici moduli che richiamano le scansione del piano terreno con grandi balconi alternati a finestroni, tutti decorati con elaborate architetture in pietra bianca di Siracusa. Sopra la balconata del primo piano, è presente un attico sagomato come una corona, decorato con vasi e conchiglie, nella tradizione dei chiostri e dei cortili interni catanesi. Solo in piccola parte l’edificio è dotato di un secondo piano, destinato alle abitazioni del Rettore e del Vicerettore e ai vani ad esse annessi. Un solo dettaglio in tutto il complesso mostra le tendenze barocche del Vaccarini: il pavimento a disegni a raggiera in pietra bianca e lava, anche più gaio e leggero di quello del Collegio dei Gesuiti.

Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Altare della Patria, piazza Venezia.

Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Altare della Patria, piazza Venezia. Il Vittoriano o Altare della Patria è un monumento di grandissima valenza simbolica che riunisce in sé tutti i valori dell’Italia risorgimentale e della nostra Costituzione. Questo è uno dei monumenti più emblematici della storia del nostro Paese ed è il simbolo dell’Italia del Risorgimento e della monarchia sabauda. La prima pietra fu posta da Umberto I di Savoia nel 1885, figlio di Vittorio Emanuele II, il primo re d’Italia. La necessità era quella di avere un monumento commemorativo estremamente simbolico per testimoniare i cambiamenti del Paese. La scelta di costruire il Vittoriano sul Campidoglio non è stata certo casuale: si tratta infatti del primo colle su cui, secondo la leggenda, fu fondata Roma nonché dove fu eretto il tempio a Giove Capitolino. Simbolicamente fu deciso di porre il Vittoriano non lontano dal Colosseo, massimo simbolo della Roma imperiale e in contrapposizione a San Pietro, che rappresentava il potere temporale dei Papi. Sempre per fare da contrappeso al potere dei papi, fu costruito pochi anni dopo il palazzo di Giustizia vicino a Castel Sant’Angelo, da sempre prigione sotto il controllo del Vaticano e perciò simbolo di un potere religioso che ormai doveva lasciare il posto all’Italia unita e laica. Per il progetto del Vittoriano fu indetto un concorso pubblico, vinto da Giovanni Sacconi, giovane architetto de Le Marche che aveva un progetto ambizioso e di forte valenza simbolica. Per erigere il monumento molti furono gli espropri e le distruzioni ai danni soprattutto di edifici medievali circostanti per fare largo alla nuova costruzione. Il lavori durarono quasi 25 anni per terminarla. All’inaugurazione dell’altare della patria, risalente al 1911, erano presenti tutte le più grandi personalità dello Stato. Questo edificio rappresenta la Patria: ai due lati, dove sorge e tramonta il sole, vi sono due fontane con i mari Adriatico e Tirreno, come ai lati della Penisola. In alto, sui due propilei, troneggiano le scritte in caratteri cubitali “PATRIAE UNITATI” e “CIVIUM LIBERTATI” ovvero “All’unità della patria” e “Alla libertà dei cittadini” che rappresentano quindi i due principi fondamentali di unità e libertà di cui si faceva promotore il nuovo Stato. L’enorme edificio, che con le quadrighe raggiunge gli 81 metri di altezza, è tutto decorato da gruppi scultorei eseguiti da vari artisti che rappresentano i valori del popolo italiano: troviamo la Forza, il Diritto, l’Azione, la Concordia, il Sacrificio ed il Pensiero. Al centro, accanto alla tomba del Milite Ignoto, posta nel 1921 a monito e memoria dopo la Prima Guerra Mondiale, troneggia la statua di Roma. Sullo sfondo di un mosaico dorato a simboleggiare l’importanza della nuova capitale e la sua centralità geografica e politica; sui due lati troviamo la rappresentazione dell’agricoltura e dell’industria, cioè il lavoro su cui poggia l’economia del Paese e l’amor patrio su cui si fonda la società. Sul piedistallo che sorregge l’enorme statua equestre di Vittorio Emanuele II (Riguardo l’enorme statua equestre in bronzo, fatta nel 1910 da Enrico Chiaradia, c’è una curiosità che sembra incredibile: quando fu terminata ospitò all’interno della pancia del cavallo una cena per venti persone, come testimoniano foto d’epoca) troviamo quattordici città italiane. Sopra, in corrispondenza delle colonne che fanno da quinta al re a cavallo, vi sono invece allegorie delle sedici regioni dell’epoca, frutto del lavoro di artisti provenienti dalla regione che rappresentava. Due alte colonne, sormontate da vittorie alate, coronano quest’esaltazione dell’Italia e dei suoi valori, del suo popolo e della sua storia. L’interno del colonnato che costituisce la terrazza è decorato con marmi e mosaici di Giulio Bargellini. Rappresentano la Fede, il Lavoro, la Forza e la Sapienza da un lato, la Legge, il Valore, la Pace e l’Unione dell’altro. Persino i motivi vegetali che decorano l’altare della patria hanno un significato preciso: l’alloro rappresenta il valore, la palma la vittoria, la quercia la forza, il mirto il sacrificio e l’ulivo la pace. La terrazza delle quadrighe è accessibile e visitabile tramite un suggestivo ascensore a vetri: Ti lascerà a bocca aperta la vista sulla città eterna (prezzo 7 euro, ridotto 3,50). Da qui si gode una delle viste panoramiche più belle di Roma.

domenica 10 novembre 2019

Bagno Vignoni è una piccolissima frazione di San Quirico d’Orcia in provincia di Siena, regione Toscana.

Bagno Vignoni è una piccolissima frazione di San Quirico d’Orcia in provincia di Siena, regione Toscana. Bagno Vignoni è un piccolo e straordinario borgo nel cuore della Val d’Orcia, tra le verdi colline di Siena. Questo luogo deve la sua fama alla piazza d’acqua alimentata da una sorgente. L’acqua che sgorga dalla fonte a 1000 metri di profondità, risale in superficie e viene raccolta nella piazza del paese. La temperatura dell’acqua, fissa a 52° gradi, crea straordinari effetti scenografici soprattutto d’inverno, quando entra in contatto con l’aria fredda. E poi tutto intorno, case in pietra, balconi fioriti, piazzette, botteghe di artisti e artigiani, creano uno straordinario insieme architettonico che rende Bagno Vignoni uno dei borghi più belli del mondo. L’acqua che della piazza viene incanalata in viottoli che percorrono l’intera città. Fiumiciattoli di acqua fumante disegnano sinuosi sentieri nei quali è possibile immergere mani e piedi per provare sulla propria pelle l’inebriante giovamento dell’acqua termale. Nonostante la zona dei ruscelletti sia molto frequentata, si riesce sempre a trovare un posto dove sedersi. I ruscelletti concludono la loro strada sulla rupe su cui è poggiata Bagno Vignoni, cascando verso la parte bassa della città e finendo in un’altra vasca, all’interno della quale è possibile fare il bagno. In passato, questo naturale dislivello della zona, veniva sfruttato per attivare i mulini presenti nella zona. L’antica storia delle terme di Bagno Vignoni è testimoniata dagli illustri ospiti che l’hanno amata. Prima di tutti, Lorenzo de Medici, detto “Il Magnifico”, uomo di grande cultura umanistica e abilità politica, che gli permise di governare Firenze accrescendo sempre più il prestigio e la forza della sua città. Era solito ritirarsi alle terme di Bagno Vignoni per curarsi e studiare, abbracciato dalle verdi colline che tanto amava. Un’altra illustre personalità del passato amava ritirarsi alle terme di Bagno Vignoni. Si tratta di Santa Caterina da Siena che, molto spesso, si recava in questi posti per raccogliersi in preghiera solitaria. Il loggiato costruito sulla vasca fu dedicato proprio a lei, come testimonianza del legame della Santa con questo luogo. Anche Papa Pio II (Enea Silvio Piccolomini) nato nella vicina Corsignano, su cui fondò Pienza, uno dei più mirabili esempi di urbanistica rinascimentale) e altri personaggi che la sceglievano come sede di villeggiatura e riposo. Le ipotesi sull'etimologia del nome si sprecano, anche se il nome riguarda comunque qualcosa che ha avuto a che fare con i francesi.

sabato 9 novembre 2019

Lucca, capoluogo di provincia della regione Toscana. Chiesa di San Michele in Foro ( Piazza San Michele).

Lucca, capoluogo di provincia della regione Toscana. Chiesa di San Michele in Foro ( Piazza San Michele). A completare il nome della chiesa di San Michele è proprio il luogo in cui fu edificata: il foro, prima centro della vita pubblica, nell'antichità, e poi cuore pulsante della città Comunale. Su questa piazza sorse il Palatium Civitatis, il Palazzo Pubblico, ora scomparso, costruito proprio accanto alla chiesa e poi trasferito nella Fortezza dell'Augusta. La piazza fu lastricata per la prima volta quando nel '400 vi fu costruito il Palazzo Pretorio, ma fra '600 e '700 fu innalzato il piano stradale, venne pavimentata e chiusa da colonnine con catenelle. Le case che delimitano il perimetro della piazza sono tipicamente medievali e da più di ottocento anni stanno lì ad osservare placidamente la vita che scorre nel cuore della città. La chiesa di San Michele, di cui le fonti parlano per la prima volta nel 795, fu edificata proprio qui. Eretta in un luogo centrale, ma obliqua rispetto alla piazza, come molte altre chiese di Lucca, spicca in uno spazio enorme in cui il cielo si apre finalmente dopo il rincorrersi di anguste e tortuose vie medievali, come una meta finalmente raggiunta: tale era per i pellegrini che passavano per la città percorrendo la Francigena. Si fermavano a San Michele per rifocillarsi, cogliendo l'occasione per venerare loro illustri compagni di viaggio, come San Davino, un pellegrino Armeno in viaggio verso Santiago de Compostela, che morì proprio mentre faceva tappa a Lucca e il cui corpo si diceva avesse acquistato poteri taumaturgici dopo la morte. Furono varie le vicende della chiesa di San Michele: cambiò amministrazione più volte prima di divenire privilegio della famiglia Gigli, che contribuì a rinnovarne sia le strutture che le suppellettili. La chiesa, così come appare oggi, frutto della ricostruzione di XI secolo voluta da papa Alessandro, è un palinsesto delle vicende della città: nella sua architettura pisano-lucchese si fondono romanico e gotico, ricordi di età classica e misteriose figure tratte dai bestiari medievali che si affollano sulla facciata dal XII secolo. Nel cantiere di San Michele, fra XIII e XIV secolo lavorarono a Lucca illustri architetti e probabilmente, nonostante lo si deduca solo dallo stile delle decorazioni in facciata, anche Diotisalvi, l'autore del Battistero di Pisa. L'intento originario del progetto era quello di innalzare la chiesa, ma si riuscì solo a creare la facciata, altissima, visibile oggi come una scenografia che si staglia contro il cielo. Fu in questo periodo che vennero create, dalla scuola di Guidetto da Como, che lavorò anche per il Duomo di San Martino, le caratteristiche "loggette", decorate con l'uso di marmi policromi, che iniziano a parlare del gotico e che sono ovviamente influenzate dallo stile lombardo. Infine, nel punto più alto, fu aggiunta la grande statua di San Michele Arcangelo che abbatte il drago, con ali metalliche e due angeli con la funzione di guglie tipicamente gotiche per rendere la chiesa, che già svettava isolata, ancora più protesa verso l'alto.

venerdì 8 novembre 2019

Cagliari capoluogo della Regione Sardegna. Cattedrale di Santa Maria.

Cagliari capoluogo della Regione Sardegna. Cattedrale di Santa Maria. Costruita nel XIII sec. in stile romanico-pisano, subì nel corso dei secoli varie trasformazioni in stile gotico, barocco e neoromanico. L'interno della chiesa, con pianta a croce latina, si presenta a tre navate con transetto e cappelle laterali. Nel braccio destro, all'interno della cappella aragonese, è custodita una preziosa reliquia: una spina che si vuole appartenesse alla corona di Gesù, che giunse a Cagliari nel 1527 insieme ad altre reliquie ed opere d'arte trafugate da varie chiese di Roma e dallo stesso appartamento pontificio. Poco prima di giungere in porto, la nave si imbatté in una tempesta, e chi era a conoscenza della presenza del prezioso carico, spinto forse dalla convinzione che la tempesta fosse espressione della collera divina per i furti sacrileghi, confessò il fatto ad alcuni religiosi presenti sulla nave, che giunti a Cagliari informarono l'arcivescovo dell'accaduto. Il papa Clemente VII, venuto a conoscenza dei fatti, decise comunque di lasciare in dono alla Cattedrale di Cagliari alcune reliquie, tra cui la Sacra Spina e un trittico fiammingo del XV secolo attribuito al pittore Rogier Van der Weyden; entrambi vengono esposti durante la festa dell'Assunzione.

giovedì 7 novembre 2019

Torino capoluogo della regione Piemonte. Monumento al cavaliere d’Italia, piazza castello.

Torino capoluogo della regione Piemonte. Monumento al cavaliere d’Italia, piazza castello. Per ricordare e onorare il valore dell’Arma, nel 1922 a Roma si istituì il Comitato generale per le onoranze ai Cavalieri d’Italia con l’intento di elevare un monumento equestre. Pochi giorni dopo il comitato, presieduto dal Re e dal senatore Filippo Colonna, propose alla Città di Torino di collocare l’opera in piazza Castello, dove era già ricordato il soldato dell’Esercito Sardo; questa proposta venne accolta con orgoglio ed onore dalla Giunta e dal Consiglio Comunale. La realizzazione del monumento venne affidata a Pietro Canonica che si offrì di lavorare gratuitamente, mentre il bronzo (materiale utilizzato per la costruzione dell’opera) fu offerto dal Ministero della Guerra. Il monumento venne inaugurato, alla presenza di Re Vittorio Emanuele III, il 21 maggio del 1923, con una carosello storico, parate dei militari e delle associazioni. Nel 1937, per fare spazio all’opera dedicata ad Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, la statua venne spostata sul lato destro di Palazzo Madama, dove è situata ancora oggi.  Il monumento equestre ritrae un militare dell’Arma della Cavalleria con le redini in una mano e uno stendardo nell'altra. Eseguita da Pietro Canonica (1869-1959) nel 1923, l'opera fu solennemente inaugurata nello stesso anno alla presenza delle autorità, e poi spostata nella sua attuale posizione nel 1937. Il monumento rappresenta un soldato a cavallo su un piedistallo di granito, che poggia su un basamento a gradoni. Il cavaliere dall’aria vigile, scruta l’orizzonte volgendo lo sguardo alla sua destra mentre con il fucile in spalla, con una mano tiene le redini e con l’altra uno stendardo; la posa del destriero e del suo cavaliere è rilassata, lontana dalle immagini stereotipate di nobili cavalieri che caricano al galoppo. Di contorno al basamento vi sono una serie di alto rilievi con fregi militari. Con il termine Cavalleria si è soliti indicare le unità militari montate a cavallo. Essa ebbe origini molto antiche, venne infatti da sempre impiegata per l’esplorazione dei territori, per azioni in battaglia dove venisse richiesta molta mobilità e velocità nello attacco e fu anche strategicamente determinante in alcune battaglie. In seguito cominciò ad evidenziare i suoi limiti con il perfezionamento delle armi da fuoco e l’avvento dei treni e degli autoveicoli.

mercoledì 6 novembre 2019

Catania capoluogo di provincia della regione Sicilia. Convitto, liceo e collegio Cutelli, via Vittorio Emanuele n° 56 .


Catania capoluogo di provincia della regione Sicilia. Convitto, liceo e collegio Cutelli, via Vittorio Emanuele n° 56 .  Il convitto Cutelli, progettato da Francesco Battaglia e Gian Battista Vaccarini su commissione di Mario Cutelli, è un nuovo esempio di grande architettura settecentesca (1761). Si ha ragione di credere che nel 1756 Vaccarini si recasse a Napoli per scegliere i marmi destinati alla cappella del Palazzo Reale di Caserta, e forse in questa visita prese conoscenza del nuovo e più classico stile che il Vanvitelli e il Fuga andavano introducendo a Napoli. Comunque le sue ultime opere, come il Collegio Cutelli e la Badia piccola di San Benedetto, tradiscono la loro influenza. Nel Collegio Cutelli su via Vittorio Emanuele, imboccato l’ingresso e superato il breve atrio coperto, si raggiunge la corte, elemento di maggior spicco dell’intero edificio. Il piano terra è definito da un portico circolare costituto da sedici archi a tutto sesto, sostenuti da altrettanti pilastri cruciformi, composti da una sezione trapezoidale con delle semicolonne appoggiate. Il dorico romano che caratterizza la trabeazione circolare dell’atrio interno del Collegio Cutelli è severo e monumentale come quello dell’atrio di Caserta, ma la pianta rotonda del cortile impedisce all’insieme di essere troppo solenne. Sull’asse del Collegio, di fronte all’ingresso, sorge uno scalone imponente, racchiuso in un rettangolo dai vertici absidati. Esso porta iscritta la data 1779, undici anni dopo la morte del Vaccarini, e deve quindi essere stato costruito da un suo allievo. Ma molto probabilmente si basa su un disegno dello stesso architetto e si accorda perfettamente con la sua ultima maniera, più severa e classicheggiante. I pilastri della corte sostengono una lunga balconata continua, anch’essa circolare, profonda quanto il portico sottostante, con otto aperture di accesso. La parete del primo piano è costituita da sedici moduli che richiamano le scansione del piano terreno con grandi balconi alternati a finestroni, tutti decorati con elaborate architetture in pietra bianca di Siracusa. Sopra la balconata del primo piano, è presente un attico sagomato come una corona, decorato con vasi e conchiglie, nella tradizione dei chiostri e dei cortili interni catanesi. Solo in piccola parte l’edificio è dotato di un secondo piano, destinato alle abitazioni del Rettore e del Vicerettore e ai vani ad esse annessi. Un solo dettaglio in tutto il complesso mostra le tendenze barocche del Vaccarini: il pavimento a disegni a raggiera in pietra bianca e lava, anche più gaio e leggero di quello del Collegio dei Gesuiti.

martedì 5 novembre 2019


Bergamo, Capoluogo della omonima provincia, della regione Lombardia. Rocca Viscontea. Una cittadella fortificata, nel punto più centrale di Bergamo realizzata con lo scopo di difendersi dagli attacchi nemici e come presidio in caso di insurrezione popolare, certo, ma soprattutto per ricordare in ogni momento ai sudditi locali il vasto potere di chi li governava: la famiglia Visconti, che era a capo del Ducato di Milano e dominatrice di Bergamo dal 1332 al 1428. Oggi questo spazio è diventato una caratteristica piazza di Città Alta e ospita ancora diversi segni del suo variegato passato. Arrivando dal centro storico, si passa sotto la Torre della Campanella: ad ovest si vede una postierla medievale (porticina di ingresso nelle preesistenti mura medievali). Attraversando la torre, si incontra una strada romana (il breve tratto lastricato prima dell’acciottolato che conduce alla postierla) e si passa sotto le volte ribassate e i pilastri cilindrici di epoca romanica, appartenenti a un’antica residenza privata. Appena si esce dal porticato, si trova il giardino La Crotta, un luogo magico con alberi e cespugli intervallati da sentieri fatti di lastre rettangolari d'arenaria. Nascoste tra il verde, appartate panchine in pietra ti aspettano per una sosta romantica. Sul lato nord della piazza si può vedere svettare la Torre di Adalberto ma non si può visitare: è priva di accessi a piano terra e l’unico modo per entravi è usare una scala fino all’uscio posto a metà costruzione! Il perché è presto detto, questa torre era anche nota come la “torre della Fame” e qui venivano imprigionati coloro che si macchiavano di gravi reati. La posizione della cittadella era altamente strategica: complementare alla Rocca (altra struttura militare) che era costruita a est sul colle Sant'Eufemia, racchiudeva il centro storico di Bergamo tra due colli fortificati che formavano un unico e coordinato complesso difensivo. Anche dal punto di vista simbolico, la città risultava in tal modo dominata dalle costruzioni dei Visconti, da cui era tenuta in notevole soggezione. Il forte vero e proprio, chiamato Firma Fides, sorgeva in posizione sopraelevata sul colle S. Giovanni, dove oggi puoi vedere il Seminario vescovile. L’attuale piazza della Cittadella risale invece al 1379: era il cortile dell’Hospitium Magnum, che ospitava gli alloggiamenti per la guarnigione militare. Attualmente, nella piazza della Cittadella potrai visitare anche il rinomato polo culturale costituito dal Civico Museo Archeologico e dal museo di Scienze Naturali "E. Caffi".

lunedì 4 novembre 2019

Matera capoluogo di provincia della regione Basilicata.


Matera capoluogo di provincia della regione Basilicata. Matera conta circa 55.000 abitanti, si trova a 401 m. dal livello del mare e dista solo 45 chilometri dalle spiagge. Apprezzata e visitata per i suoi Sassi, offre anche tante altre perle di bellezza e di cultura che le nostre guide sapranno illustrarvi con maestria. Si consiglia una visita al Duomo del XIII secolo, in stile romanico pugliese, che si erge imponente sul colle della Civita, primo insediamento umano della città, risalente al periodo medioevale caratterizzato da mura e fortificazioni. La Cattedrale, internamente ristrutturata nel periodo barocco, ospita interessanti opere lignee e pittoriche di artisti locali, tra cui spiccano il cinquecentesco presepe in pietra di Altobello Persio e il coro ligneo del ‘400 di Giovanni Tantino di Ariano Irpino. Molto interessanti anche le altre chiese romaniche nel centro storico, San Giovanni Battista e San Domenico. Lungo la dorsale seicentesca del “Piano” si possono ammirare le costruzioni civili e religiose del periodo barocco tra cui le chiese di San Francesco d’Assisi, del Purgatorio e di Santa Chiara, sino a giungere a Palazzo Lanfranchi, adiacente alla chiesetta della Madonna del Carmine attualmente sede di importanti mostre d’arte. Sorto come seminario alla fine del 1600, e già Liceo ginnasio, dove insegnò per alcuni anni Giovanni Pascoli, Palazzo Lanfranchi e stato recentemente ristrutturato ed ospita il Museo d’arte medioevale e moderna di Basilicata. Presenti, nella sua splendida cornice, un’ ampia collezione di dipinti di Carlo Levi, numerose opere di scuola napoletana del ‘600 e ‘700 e varie opere lignee e pittoriche provenienti da diversi centri della provincia, restaurate ad opera della Sovrintendenza, nonché mostre periodiche di grande pregio. Etimologia (origine del nome): Deriva dal latino materies e materia, "legname da lavoro", o da una base mat, altura. Nome abitanti: materani. Santo Patrono: Madonna della Bruna che si celebra IL  2 luglio.

domenica 3 novembre 2019


Assisi, provincia di Perugia della regione Umbria. PIAZZA CHIESA NUOVA Già in un documento del 1398, viene citata una piccola chiesa costruita sul luogo che la tradizione identifica come la Casa Paterna di San Francesco d'Assisi che era un'importante tappa dei pellegrinaggi sulle orme di Francesco d'Assisi. Nel 1615, per volere del Re di Spagna Filippo III, fu fatta costruire, su progetto di Rufino da Cerchiara, una nuova chiesa in stile barocco al posto di quella medioevale. All'interno la chiesa si presenta con la pianta a croce greca e con cupola nel vano centrale: questa scelta stilistica non è casuale, poiché l'architetto si ispirò alla struttura della chiesa romana di Sant'Eligio degli Orefici, opera di Raffaello Sanzio. La decorazione interna della chiesa è quasi interamente pittorica, decorato da dipinti che raffigurano gli Evangelisti e Storie della vita di San Francesco. Di fianco alla chiesa, all'interno dell'edificio del convento, sono ancora visibili alcuni vani dell'antica casa di San Francesco, come la sua camera, il sottoscala, detto "carcere", in cui fu rinchiuso dal padre per punirlo della sua decisione di lasciare tutto per vivere da povero ed il magazzino del negozio del padre. Sulla piazza è stato posto un monumento a Pietro Bernardone dei Moriconi, e alla nobile Signora Pica Bourlemont, genitori di San Francesco d’Assisi. Davanti all'edificio religioso si trova un piazzale dove è possibile ammirare la statua in bronzo dedicata ai genitori del Santo fatta da Roberto Joppolo. I genitori, Pietro e Pica, si tengono per mano e guardano davanti a loro. Pica indossa un velo ed una gonna lunga, mentre Pietro è vestito con abiti tradizionali. La statua non è una meta particolarmente turistica, ma si può unire ad una visita della vecchia casa di San Francesco, ora chiesa nuova di Assisi.

sabato 2 novembre 2019

Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto.

Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto. La chiesa dei Ss. Domenico e Sisto (papa Sisto II°, venne sorpreso nel cimitero, probabilmente quello di San Callisto, mentre insegnava la parola divina e fu decapitato con sei dei sette diaconi di Roma), situata in largo Angelicum ( prospetta sulla Via salita del Grillo), s'innalza con la sua ampia e caratteristica scalinata a due rampe, terminante in una terrazza ellittica, sull'area precedentemente occupata dalla chiesa di "S. Maria a Magnanapoli". La chiesa, dedicata al fondatore dell'Ordine dei Domenicani, S. Domenico, ed a papa S. Sisto II, fu costruita per volere di Pio V, insieme all'annesso convento, a seguito delle insistenti suppliche delle Suore Domenicane, desiderose di lasciare il monastero di S. Sisto situato in un luogo infestato dalla malaria. Finalmente nel 1575 le Suore si trasferirono in questa chiesa, anche se non ancora ultimata, denominata poi S. Sisto Nuovo perché sostitutiva dell'abbandonata chiesa a sua volta detta S. Sisto Vecchio. Gli artefici di quest'opera furono Giacomo Della Porta, Nicola Torriani, Orazio Torriani e Vincenzo Della Greca, che terminò la facciata nel 1655. Questa, divisa in due ordini e spartita da lesene, presenta un bel portale, inquadrato da due colonne e due lesene che sorreggono un timpano spezzato, al centro del quale vi è posta un'Immagine della Madonna. Sull'architrave del portale, invece, vi è posto lo stemma dei Domenicani: un cane con una torcia accesa tra i denti. Il cane rappresenta la fedeltà al messaggio evangelico dei Domenicani, mentre la fiaccola simboleggia la diffusione della Parola di Dio tra i fedeli e gli infedeli. Il cane, inoltre, è il simbolo per eccellenza dei Domenicani perché essi vennero soprannominati, con un gioco di parole, "Domini canes", ovvero i "cani del Signore", probabilmente per l'ardore dimostrato, nel corso della loro storia, nel difendere il Messaggio di Dio, "azzannando" gli eretici. Un bel finestrone centrale nell'ordine superiore e quattro nicchie con le statue di S. Domenico, S. Sisto, S. Tommaso d'Aquino e S. Pietro completano la facciata, conclusa da un grande timpano triangolare sormontato da una croce e da una serie di candelabri marmorei. Lavori di ampliamento e di restauro dell'intero complesso furono effettuati durante i pontificati di Gregorio XIII, Urbano VIII ed Innocenzo X. Nel 1870 lo Stato Italiano confiscò parte del convento e lo destinò inizialmente a sede della Corte dei Conti e poi del Fondo per il Culto. Nel 1928 il Governo Italiano autorizzò il Collegio S. Tommaso d'Aquino ad acquistare l'ex Convento dei Ss. Domenico e Sisto, nel quale, dopo opportuni restauri ed ampliamenti ad opera dell'architetto Tullio Passarelli, si insediò, nel 1932, il Pontificio Collegio dell'Angelicum, proveniente dalla sede originaria presso S. Maria sopra Minerva.