La penisola su cui sorge l’omonimo faro prende il nome dal monaco romito Raineri che si occupava di tenere il fuoco sempre acceso, come testimoniano alcuni documenti del XII secolo, e che faceva in quel luogo vita solitaria “in una capannuccia sotto un’antica e rovinosa fabbrica, stimata dei tempi dei Mamertini, vicina al mare, in quel luogo istesso ov’è fabbricata la Torre, chiamata volgarmente Lanterna“. Dopo la ristrutturazione della torre sappiamo grazie allo storico Buonfiglio che le spese per il mantenimento della Lanterna provengono soprattutto da una donazione. Si tratta del “lascio che una donna greca, dell’isola di Candia, fece d’un oliveto, quale acquistò abitando in Messina, del cui oglio s’accendesse questo notturno lume, et è vicino il torrente di Bordonaro, nella contrada nomata Calorendi“.
Fino al 1814 e forse anche più tardi la Lanterna restò di proprietà comunale: era il Senato a mantenerne un custode, ad occuparsi delle riparazioni e ad accendere a sue spese il faro. Per sopperire a queste spese, però, riscuoteva la cosiddetta “gabella del Fano“. Nella seconda metà del 1800 fu eretta la torretta ottagonale a due livelli che ora è caratterizzata da una colorazione a strisce bianche e nere e sulla quale si trova il corpo della lanterna che ospita l’apparato ottico.
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