Bagno
Vignoni è una piccolissima frazione di San Quirico d’Orcia in provincia di
Siena, regione Toscana. Bagno
Vignoni è un piccolo e straordinario borgo nel cuore della Val d’Orcia, tra le
verdi colline di Siena. Questo luogo deve la sua fama alla piazza d’acqua
alimentata da una sorgente. L’acqua che sgorga dalla fonte a 1000 metri di
profondità, risale in superficie e viene raccolta nella piazza del paese. La
temperatura dell’acqua, fissa a 52° gradi, crea straordinari effetti
scenografici soprattutto d’inverno, quando entra in contatto con l’aria fredda.
E poi tutto intorno, case in pietra, balconi fioriti, piazzette, botteghe di
artisti e artigiani, creano uno straordinario insieme architettonico che rende
Bagno Vignoni uno dei borghi più belli del mondo. L’acqua che della
piazza viene incanalata in viottoli che percorrono l’intera città.
Fiumiciattoli di acqua fumante disegnano sinuosi sentieri nei quali è possibile
immergere mani e piedi per provare sulla propria pelle l’inebriante giovamento
dell’acqua termale. Nonostante la zona dei ruscelletti sia molto frequentata,
si riesce sempre a trovare un posto dove sedersi. I ruscelletti concludono la
loro strada sulla rupe su cui è poggiata Bagno Vignoni, cascando verso la parte
bassa della città e finendo in un’altra vasca, all’interno della quale è
possibile fare il bagno. In passato, questo naturale dislivello della zona,
veniva sfruttato per attivare i mulini presenti nella zona. L’antica storia
delle terme di Bagno Vignoni è testimoniata dagli illustri ospiti che l’hanno
amata. Prima di tutti, Lorenzo de Medici, detto “Il Magnifico”, uomo di grande
cultura umanistica e abilità politica, che gli permise di governare Firenze
accrescendo sempre più il prestigio e la forza della sua città. Era solito
ritirarsi alle terme di Bagno Vignoni per curarsi e studiare, abbracciato dalle
verdi colline che tanto amava. Un’altra illustre personalità del passato amava
ritirarsi alle terme di Bagno Vignoni. Si tratta di Santa Caterina da Siena
che, molto spesso, si recava in questi posti per raccogliersi in preghiera
solitaria. Il loggiato costruito sulla vasca fu dedicato proprio a lei, come
testimonianza del legame della Santa con questo luogo. Anche Papa
Pio II (Enea Silvio Piccolomini) nato nella vicina Corsignano, su cui fondò
Pienza, uno dei più mirabili esempi di urbanistica rinascimentale) e altri
personaggi che la sceglievano come sede di villeggiatura e riposo. Le ipotesi
sull'etimologia del nome si sprecano, anche se il nome riguarda comunque
qualcosa che ha avuto a che fare con i francesi.
domenica 30 settembre 2018
sabato 29 settembre 2018
Torino, capoluogo della regione Piemonte. Monumento al Conte Verde.
Torino,
capoluogo della regione Piemonte. Monumento al Conte Verde. Situato al centro di piazza
Palazzo di Città, davanti al Comune, il monumento rappresenta Amedeo VI di
Savoia, durante la guerra contro i Turchi, mentre trionfante ha la meglio su
due nemici riversi al suolo. La riproduzione dei costumi mostra grande
attenzione ai particolari secondo i canoni “troubadour” e neogotico, stili in
voga nell`Ottocento, ispirati al medioevo e al mondo cortese-cavalleresco. Figlio
di Aimone, detto il Pacifico e di Iolanda di Monferrato, Amedeo VI nacque a
Chambery il 4 gennaio del 1334. Giovane, scaltro ed intraprendente, Amedeo VI
in gioventù partecipò a numerosi tornei, nei quali era solito sfoggiare armi e
vessilli di colore verde, tanto che venne appunto soprannominato Il Conte
Verde: anche quando salì al trono, continuò a vestirsi con quel colore. Il
monumento a lui dedicato non venne però realizzato subito dopo la sua morte ma
bensì nel 1842, quando il Consiglio Comunale, in occasione delle nozze del
principe ereditario Vittorio Emanuele II con Maria Adelaide arciduchessa
d`Austria, decise di erigere il monumento al “Conte Verde”. Il modello in gesso
della statua, ideata da Giuseppe Boglioni, rimase nel cortile del Palazzo di
Città finché re Carlo Alberto decise di donare la statua alla città. La realizzazione
del monumento, che doveva sostituire la statua del Bogliani, venne però
commissionata all’artista Pelagio Palagi. I lavori iniziarono nel 1844 e
terminarono nel 1847, ma la statua rimase nei locali della Fonderia Fratelli
Colla fino all’inaugurazione del 1853. La statua di Amedeo VI di Savoia
(1334-1383), detto il Conte Verde, fu
eseguita nel 1847 da Pelagio Palagi (1775-1860). Il monumento, che raffigura il
conte durante la vittoriosa battaglia contro i Turchi, fu solennemente
inaugurato nel 1853 in piazza Palazzo di Città.
venerdì 28 settembre 2018
Lucca, capoluogo di provincia della regione Toscana. Chiesa di San Michele in Foro ( Piazza San Michele).
Lucca, capoluogo di
provincia della regione Toscana. Chiesa di San Michele in Foro ( Piazza San
Michele). A completare
il nome della chiesa di San Michele è proprio il luogo in cui fu edificata: il
foro, prima centro della vita pubblica, nell'antichità, e poi cuore pulsante
della città Comunale. Su questa piazza sorse il Palatium Civitatis, il Palazzo
Pubblico, ora scomparso, costruito proprio accanto alla chiesa e poi trasferito
nella Fortezza dell'Augusta. La piazza fu lastricata per la prima volta quando
nel '400 vi fu costruito il Palazzo Pretorio, ma fra '600 e '700 fu innalzato
il piano stradale, venne pavimentata e chiusa da colonnine con catenelle. Le
case che delimitano il perimetro della piazza sono tipicamente medievali e da
più di ottocento anni stanno lì ad osservare placidamente la vita che scorre
nel cuore della città. La chiesa di San Michele, di cui le fonti parlano per la
prima volta nel 795, fu edificata proprio qui. Eretta in un luogo centrale, ma
obliqua rispetto alla piazza, come molte altre chiese di Lucca, spicca in uno
spazio enorme in cui il cielo si apre finalmente dopo il rincorrersi di anguste
e tortuose vie medievali, come una meta finalmente raggiunta: tale era per i pellegrini
che passavano per la città percorrendo la Francigena. Si fermavano a San Michele per rifocillarsi, cogliendo l'occasione per
venerare loro illustri compagni di viaggio, come San Davino, un pellegrino
Armeno in viaggio verso Santiago de Compostela, che morì proprio mentre faceva
tappa a Lucca e il cui corpo si diceva avesse acquistato poteri taumaturgici
dopo la morte. Furono varie le vicende della
chiesa di San Michele: cambiò amministrazione più volte prima di divenire
privilegio della famiglia Gigli, che contribuì a rinnovarne sia le strutture
che le suppellettili. La chiesa, così come appare oggi,
frutto della ricostruzione di XI secolo voluta da papa Alessandro, è un
palinsesto delle vicende della città: nella sua architettura pisano-lucchese si
fondono romanico e gotico, ricordi di età classica e misteriose figure tratte
dai bestiari medievali che si affollano sulla facciata dal XII secolo. Nel cantiere di San Michele, fra XIII e XIV secolo lavorarono a Lucca
illustri architetti e probabilmente, nonostante lo si deduca solo dallo stile
delle decorazioni in facciata, anche Diotisalvi, l'autore del Battistero di
Pisa. L'intento originario del progetto era quello di innalzare la chiesa, ma
si riuscì solo a creare la facciata, altissima, visibile oggi come una
scenografia che si staglia contro il cielo. Fu in questo
periodo che vennero create, dalla scuola di Guidetto da Como, che lavorò anche
per il Duomo di San Martino, le caratteristiche "loggette", decorate
con l'uso di marmi policromi, che iniziano a parlare del gotico e che sono
ovviamente influenzate dallo stile lombardo. Infine, nel
punto più alto, fu aggiunta la grande statua di San Michele Arcangelo che
abbatte il drago, con ali metalliche e due angeli con la funzione di guglie
tipicamente gotiche per rendere la chiesa, che già svettava isolata, ancora più
protesa verso l'alto.
giovedì 27 settembre 2018
Siena, capoluogo di provincia della regione Toscana. Loggia della Mercanzia, Via di Città, 3.
Siena,
capoluogo di provincia della regione Toscana. Loggia della Mercanzia, Via di Città, 3. La Loggia fu pensata ed edificata
nel Quattrocento e costruita in trentuno anni, dal 1417 al 1448. Il committente
fu naturalmente il Comune di Siena, i cui amministratori dell’epoca intendevano
realizzare “una Loggia maestosa dove i mercanti e gli altri rispettabili
cittadini potessero radunarsi a trattare de loro negozi”. Nel corso degli anni
vi hanno lavorato importanti artisti e maestri come Sano di Matteo, Pietro del
Minella, Antonio Federighi e anche Jacopo della Quercia. L’occhio
dell’osservatore anche non attento rimane sempre colpito dalle belle statue
sopra posizionate: sono esse le raffigurazioni dei Santi Vittorio, Ansano e
Savino, scolpite da Antonio Federighi, e dei Santi Pietro e Paolo, opera del
Vecchietta. All’interno della Loggia sono poi posti due pancali in marmo
eseguiti dal Federighi e da Urbano da Cortona, mentre le volte sono decorate da
un elegante complesso di stucchi e di affreschi di età cinquecentesca (opera di
Pastorino Pastorini e Lorenzo Rustici). Nel 1765, per volere granducale, la
Loggia divenne pertinenza dei gentiluomini senesi della Società degli Uniti al
Casino dei Nobili e il complesso fu innalzato di un piano. Libertà e
democrazia Ma essendo divenuta la sede dei nobili e dei gentiluomini senesi,
essa fu presa “di mira” negli anni turbolenti e rivoluzionari della seconda
metà del Settecento. Raccontano infatti le cronache che nel 1797 alcuni giovani
senesi entrarono di forza al Casino dei Nobili per vedere il Palio dal balcone:
“Noi lo facciamo in segno di democrazia”, dissero. Tutto questo avvenne quasi
due anni prima dell’arrivo dei francesi a Siena e in Toscana.
mercoledì 26 settembre 2018
Perugia capoluogo dell’omonima provincia della regione Umbria. GALLERIA NAZIONALE DELL'UMBRIA, Corso Vannucci, 19.
Perugia capoluogo dell’omonima
provincia della regione Umbria. GALLERIA NAZIONALE DELL'UMBRIA, Corso Vannucci, 19. Le collezioni della Galleria
Nazionale dell’Umbria sono ospitate dal 1878 ai piani superiori di Palazzo dei
Priori, uno dei più interessanti esempi di edilizia civile gotica in Italia. La
raccolta museale è la più esaustiva e completa della regione, per la varietà e
la molteplicità delle testimonianze artistiche pertinenti ad un arco
cronologico compreso tra il XIII e il XIX secolo. Parte dei lavori qui
conservati costituivano il ricco patrimonio ad uso didattico dell’Accademia di
Perugia, fondata nel 1573. Ad esse si aggiunsero opere donate da privati e
quelle demanializzate dopo i provvedimenti di soppressione degli ordini e delle
corporazioni religiose, emanati prima dal governo napoleonico e in seguito
dallo Stato italiano. La consistenza numerica e il valore della raccolta
portarono nel 1863 all’istituzione di una Pinacoteca Civica, intitolata a
Pietro Vannucci. Nel 1918 fu ceduta allo Stato e assunse il nome di Regia
Galleria Vannucci, poi Galleria Nazionale dell’Umbria. L’ordinamento
museografico, presentato nella sua veste definitiva nel dicembre 2006, propone
le opere in sequenza cronologica. Le testimonianze dal XIII al XV secolo sono
esposte al terzo piano, quelle dal XVI al XIX secolo sono presentate al
secondo; il percorso è intervallato da sezioni monografiche dedicate ai tessuti
umbri, all’oreficeria, alle ceramiche, alla grafica antica, alla topografia.
martedì 25 settembre 2018
Assisi, provincia di Perugia della regione Umbria. La BASILICA DI SAN FRANCESCO AD ASSISI.
Assisi, provincia di Perugia della
regione Umbria. La BASILICA DI SAN FRANCESCO AD ASSISI. La Basilica di San Francesco sorge oggi là dove il Santo
aveva scelto di essere sepolto, nella zona di Assisi che nel medioevo era nota
come "colle dell'inferno", ovvero il luogo che in quell'epoca era
destinato alle esecuzioni pubbliche. Il cantiere della Basilica di San
Francesco fu aperto nel 1228 per volontà di Papa Gregorio IX e grazie
all'attività di frate Elia, vicario dell' ordine scelto dallo stesso San
Francesco. Furono sufficienti solo due anni per
terminare la struttura architettonica della Basilica inferiore di Assisi e solo
altri sei per inaugurare la Basilica superiore di San Francesco. L'aspetto
attuale della basilica di San Francesco è tuttavia il frutto di vari interventi
fra cui è bene ricordare la realizzazione del campanile con cuspidi (1239), la
costruzione di un portico antistante la Basilica inferiore ('400) e di un atrio
in pietra ancora per il portale della Basilica inferiore (1445), l'eliminazione
delle cuspidi dal campanile (1518). L'edificio è oggi composto da due chiese
sovrapposte, quella superiore ha aspetto gotico, luminoso e slanciato , quella
inferiore invece, a cui si accede attraverso un portale gotico del 200, è bassa
ed austera. Qui l'interno ad una navata con transetto ospita gli straordinari
"affreschi allegorici" di Giotto, la "Madonna Angeli e San
Francesco" e i "Cinque Santi" di Simone Martini, gli
"Episodi della vita e della passione di Cristo", la "Madonna e
Santi" e le "Stigmate" di Lorenzetti. Ancora
opere di Simone Martini e Giotto sono rispettivamente nella prima cappella
destra con la "Vita di San Martino" e nella terza con "Santi e
storie della Madonna". Nel 1818 in seguito agli scavi sotto l'altare
furono riportate alla luce e, dopo attento esame ufficialmente riconosciute, le
spoglia del Santo; solo due anni più tardi, per volontà del Papa Pio IX, fu
avviata la costruzione della cripta in stile neoclassico nella Basilica
inferiore. L'aspetto attuale è tuttavia il frutto di un'opera di
semplificazione avvenuta intorno al 1920. La chiesa superiore ad una sola
navata con abside e raffinate vetrate del 1200 è affrescata con il ciclo
"La vita del Santo" di Giotto realizzato fra il 1296 e il 1300, con
le "Storie del Vecchio e Nuovo Testamento" della scuola del Cimabue e
nel transetto, nella crociera e nell' abside con affreschi dello stesso Cimabue
risalenti al 1277 oltre ad opere di altri maestri quali Cavallini e Torriti.
domenica 23 settembre 2018
Pisa. Capoluogo di provincia della regione Toscana. Il Battistero.
Pisa. Capoluogo di
provincia della regione Toscana. Il Battistero. I lavori per la realizzazione del Battistero, il più
grande in Italia, iniziarono nel 1152 sotto le direttive dell’architetto
Diotislavi, la struttura posizionata davanti la Cattedrale, fu interamente
rivisitata da Nicola Pisano con il figlio Giovanni intorno a metà del Duecento;
i due la modificarono in stile gotico e aggiunsero una loggia e una cupola
emisferica. Al centro del Battistero di trova il Fonte Battesimale di Guido
Bigarelli da Arogno, inizialmente illuminato da una luce proveniente da
un’apertura sul soffitto, oggi coperta dalla Cupola. Il Pulpito di Nicola
Pisano (1255-1260) racconta scene della Vita di Cristo sui 5 pannelli, mentre
le colonne rappresentano le Virtù. Possiamo chiaramente percepire uno stile
classicheggiante nell’opera, non a caso Nicola Pisano viene definito un
precursore del Rinascimento.
sabato 22 settembre 2018
Perugia capoluogo dell’omonima provincia della regione Umbria. La BASILICA DI SAN DOMENICO Piazza Giordano Bruno.
Perugia capoluogo dell’omonima
provincia della regione Umbria. La BASILICA DI SAN
DOMENICO Piazza Giordano Bruno. Fondata nel 1304 e ampiamente
ricostruita su disegno di Maderno nel XVII secolo, è la più grande struttura
religiosa di tutta l'Umbria. Autentico capolavoro della scultura del XIV
secolo, conservato nella basilica, è il monumento funebre a Benedetto XI. Di
notevole pregio è anche il coro ligneo della fine del XV secolo e la vetrata
absidale del 1411, la seconda in Italia per grandezza (m 22x8) dopo quella del
duomo di Milano. Sopra le volte e sotto le due falde del tetto sussistono le
singolari "soffitte di S. Domenico", ampi vani di risulta della ricostruzione
Seicentesca, ricche di suggestioni e reperti della originaria struttura gotica,
con accesso diretto al poderoso campanile (XVI sec) con vista panoramica estesa
dalla Romagna all'Abruzzo, dalle Marche alla Toscana.
venerdì 21 settembre 2018
Napoli, capoluogo
della omonima provincia e della regione Campania. La cattedrale
metropolitana di SANTA MARIA ASSUNTA
è una basilica monumentale nonché duomo e sede dell'arcidiocesi della città di
Napoli. Il duomo sorge lungo il lato est della via omonima, in una piazzetta
contornata da portici, e ingloba a mo' di cappelle laterali altri due edifici
di culto sorti autonomamente rispetto alla cattedrale: la basilica di Santa
Restituta, che custodisce il battistero più antico d'Occidente, quello di San
Giovanni in Fonte, e la reale cappella del Tesoro di san Gennaro, che conserva
le reliquie del santo patrono della città. Si tratta di una delle più
importanti e grandi chiese della città, sia da un punto di vista artistico,
essa è di fatto la sovrapposizione di più stili che vanno dal gotico puro del
Trecento fino al neogotico ottocentesco, che sotto un profilo culturale,
ospitando infatti tre volte l'anno il rito dello scioglimento del sangue di san
Gennaro. Secondo la Cronaca di Partenope, risalente al XIV secolo, nell'area in
cui insiste il complesso religioso sorse l'oratorio di Santa Maria del
Principio dove Aspreno, il primo vescovo della città databile al I secolo,
decise di insediare l'episcopato di Napoli. A partire dal IV secolo nacquero
diversi edifici di culto nell'insula episcopale e tra queste si ricordano la
basilica di Santa Restituta, il battistero di San Giovanni in Fonte e diverse
cappelle annesse come quelle di San Lorenzo, Sant'Andrea e Santo Stefano. Per
la progettazione e la costruzione della nuova chiesa, per volontà del re Carlo
II di Napoli e d'intesa con l'arcivescovo Giacomo da Viterbo, che aveva
sollecitato al sovrano tale opera, vennero chiamati architetti di estrazione
francese. La seconda parte del cantiere fu eseguita da maestranze locali o
italiane: le fonti indicano Masuccio I, Giovanni Pisano e Nicola Pisano. La
basilica di Santa Restituta è una chiesa monumentale di Napoli, raggiungibile
dall'attuale duomo della città, di cui costituisce la terza cappella della
navata sinistra. Di origine paleocristiana, è la più antica basilica napoletana
e l'antica chiesa cattedrale della città.
giovedì 20 settembre 2018
Matera capoluogo di provincia della regione Basilicata. PIAZZA VITTORIO VENETO.
Matera capoluogo di provincia della regione Basilicata.
PIAZZA VITTORIO VENETO. Luogo
di incontro e di passeggio, la vivace Piazza Vittorio Veneto ospita spesso mercatini,
bancarelle e ritrattisti. Ottimo punto di partenza per andare alla scoperta
della suggestiva città dei Sassi di Matera, patrimonio mondiale dell’umanità
UNESCO. Dalla piazza si gode il panorama
del Sasso Barisano al quale cui si accede passando attraverso la loggia. La
Piazza è, inoltre, punto di partenza di un
percorso sotterraneo scavato nella roccia, composto di abitazioni,
botteghe, cantine, cisterne, pozzi e “palombari” (grandi strutture scavate per la
raccolta di acque piovane). Del quartiere interrato fanno parte, inoltre, la
Chiesa rupestre del S. Spirito e la Torre aragonese. La piazza Vittorio Veneto,
precedentemente chiamata Piazza Del Plebiscito, era conosciuta anche come
“piazza della Fontana” per la presenza in passato della grande “Fontana
Ferdinandea” monumentale, realizzata nel
1832 per raccogliere le acque provenienti dalla soprastante collina del
castello “De Montigny” , attualmente spostata poche centinaia di metri più in
basso lungo la strada, presso la villa comunale. L’attuale aspetto della piazza
è dovuto ai lavori di restauro del 1993,
quando si spostò il monumento ai caduti ( Benedetto d’Amore 1926 ) e si eliminò
la strada che attraversava la piazza,
per riportare alla luce il “fondaco di mezzo” , vecchio piano della città,
in parte visitabile, a cui si accende scendendo dalla scalinata di ferro vicino la grande fontana in pietra chiara da
cui sgorgano alti zampilli d’acqua. I locali ipogei che lo compongono si
estendono sotto tutta la piazza per più di 5000 mq. fino ad arrivare sotto il Convento
dell’Annunziata, che addirittura ha come
basamento nelle fondamenta un torrione appartenente probabilmente alla cinta
difensiva del Castello Tramontano , e comprendono neviere, cisterne, negozi,
magazzini e abitazioni.
mercoledì 19 settembre 2018
Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto.
Roma,
regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto. La chiesa dei Ss. Domenico e Sisto
(papa Sisto II°, venne sorpreso nel cimitero, probabilmente quello di San
Callisto, mentre insegnava la parola divina e fu decapitato con sei dei sette
diaconi di Roma), situata in largo Angelicum ( prospetta sulla Via salita del
Grillo), s'innalza con la sua ampia e caratteristica scalinata a due rampe,
terminante in una terrazza ellittica, sull'area precedentemente occupata dalla
chiesa di "S. Maria a Magnanapoli". La chiesa, dedicata al fondatore
dell'Ordine dei Domenicani, S. Domenico, ed a papa S. Sisto II, fu costruita
per volere di Pio V, insieme all'annesso convento, a seguito delle insistenti
suppliche delle Suore Domenicane, desiderose di lasciare il monastero di S. Sisto
situato in un luogo infestato dalla malaria. Finalmente nel 1575 le Suore si
trasferirono in questa chiesa, anche se non ancora ultimata, denominata poi S. Sisto
Nuovo perché sostitutiva dell'abbandonata chiesa a sua volta detta S. Sisto
Vecchio. Gli artefici di quest'opera furono Giacomo Della Porta, Nicola
Torriani, Orazio Torriani e Vincenzo Della Greca, che terminò la facciata nel
1655. Questa, divisa in due ordini e spartita da lesene,
presenta un bel portale, inquadrato da due colonne e due lesene che sorreggono
un timpano spezzato, al centro del quale vi è posta un'Immagine della Madonna.
Sull'architrave del portale, invece, vi è posto lo stemma dei Domenicani: un
cane con una torcia accesa tra i denti. Il cane rappresenta la fedeltà al
messaggio evangelico dei Domenicani, mentre la fiaccola simboleggia la
diffusione della Parola di Dio tra i fedeli e gli infedeli. Il cane, inoltre, è
il simbolo per eccellenza dei Domenicani perché essi vennero soprannominati,
con un gioco di parole, "Domini canes", ovvero i "cani del
Signore", probabilmente per l'ardore dimostrato, nel corso della loro
storia, nel difendere il Messaggio di Dio, "azzannando" gli eretici.
Un bel finestrone centrale nell'ordine superiore e quattro nicchie con le
statue di S. Domenico, S. Sisto, S. Tommaso d'Aquino e S. Pietro completano la
facciata, conclusa da un grande timpano triangolare sormontato da una croce e
da una serie di candelabri marmorei. Lavori di ampliamento e di restauro
dell'intero complesso furono effettuati durante i pontificati di Gregorio XIII,
Urbano VIII ed Innocenzo X. Nel 1870 lo Stato Italiano confiscò parte del
convento e lo destinò inizialmente a sede della Corte dei Conti e poi del Fondo
per il Culto. Nel 1928 il Governo Italiano autorizzò il Collegio S. Tommaso
d'Aquino ad acquistare l'ex Convento dei Ss. Domenico e Sisto, nel quale, dopo
opportuni restauri ed ampliamenti ad opera dell'architetto Tullio Passarelli,
si insediò, nel 1932, il Pontificio Collegio dell'Angelicum, proveniente dalla
sede originaria presso S. Maria sopra Minerva.
martedì 18 settembre 2018
Messina, capoluogo dell’omonima provincia della regione Sicilia. CHIESA DI S. ANTONIO ABATE, Corso Cavour n° 137.
Messina, capoluogo dell’omonima
provincia della regione Sicilia. CHIESA DI S. ANTONIO ABATE, Corso Cavour n°
137. Sul Corso Cavour sorge la chiesa di S. Antonio Abate,
progettata dall'ing. Francesco Barbaro e costruita dai f.lli Cardillo tra il
1928 e il 1930. Prima del terremoto del 1908, sullo stesso posto, sorgeva la
chiesa dell’Annunziata dei Teatini, eretta nel ‘600 su progetto dell’architetto
modenese Guarino Guarini. Esternamente si presenta simile alla Basilica di
Superga; il suo ingresso è affiancato da quattro colonne , due per lato, che le
danno un' austerità tipica delle chiese Romane. Subito dopo
l’ingresso, sulla sinistra, in una cappelletta è custodito un Crocefisso in
cartapesta con croce in legno dell’800. L’interno, che ha
forma circolare articolata su otto colonne centrali sulle quali poggia una
grande cupola con lanternino, custodisce una statua della "Madonna con
Gesù giovanetto", attribuita alla scuola del Montorsoli; una statua
in marmo di "Maria Addolorata" ed un pregevolissimo fonte
battesimale. Le volte absidali furono affrescate dal De Pasquale, con le
raffigurazioni dello "Sposalizio della Vergine",
l’"Annunziata" e la "Natività.
lunedì 17 settembre 2018
Rapallo è un comune della città metropolitana di Genova della regione Liguria. Basilica arci presbiteriale dei Santi Gervasio e Protasio.
Rapallo è un comune della città metropolitana di Genova
della regione Liguria. Basilica arci presbiteriale dei Santi Gervasio e
Protasio è situata nel cuore centro storico rapallese. Fu
edificata, in stile gotico-romanico, probabilmente in epoca medievale e una
targa al suo interno indica il 1118 come data della sua intitolazione, anche se
gli storici non sono concordi con questa datazione. Nel tempo fu
interessata da diversi rimaneggiamenti e modifiche, fino ai lavori di
ricostruzione tra il XVII e XVIII secolo che portarono alla cancellazione
del precedente aspetto architettonico gotico-romanico, facendole assumere
quello Settecentesco. Il campanile, alto e pendente, è del 1753 e nella seconda
metà dell'Ottocento vennero approntate ulteriori e sostanziali modifiche agli
interni e alla nuova facciata in stile neoclassico, dell'architetto Gio Batta
Olivieri. Nei primi anni del Novecento, grazie al nuovo arciprete monsignor
Cesare Boccoleri, ci fu la definitiva riedificazione della Basilica e la
costruzione della monumentale cupola, che terminò nel 1920. Anticamente
la parrocchia di Rapallo rivestiva grande importanza e la sua giurisdizione si
estendeva su un vasto territorio, dagli attuali comuni di Portofino fino a San
Pietro di Rovereto, sopra a Zoagli, e fino a Cicagna in val Fontana buona. Al
suo interno si tennero importanti riunioni popolari dove furono intraprese
decisioni della vita sociale, politica e religiosa della zona. Ancora oggi la
comunità parrocchiale rapallese è la più numerosa della diocesi di Chiavari con
circa 18.000 abitanti.
domenica 16 settembre 2018
Agrigento capoluogo dell’omonima provincia della regione Sicilia. IL TEMPIO DI ERCOLE.
Agrigento capoluogo dell’omonima provincia della regione
Sicilia. IL TEMPIO DI ERCOLE. Il
più antico tra i templi agrigentini è il Tempio di Ercole. Risalente
presumibilmente al VI secolo a. C. di esso parla Cicerone descrivendolo come
molto vicino all’agorà (oggi il piazzale del posto di ristoro). Ercole era
molto venerato dagli akragantini tanto che questi erano soliti dedicargli anche
delle feste dette “Eraclee”. Al suo interno vi era una statua di bronzo
raffigurante Ercole, venerato come eroe nazionale, il cui mento era divenuto lucido
perché veniva baciato dai fedeli. Il tempio venne distrutto, come molti altri,
a causa di un terremoto e solo intorno al 1920 si è provveduto ad innalzare le
otto colonne che oggi si possono ammirare. Costruito verso il 510 a.C., il
Tempio di Eracle/Ercole, il cosiddetto Herakleion, sorge nelle vicinanze di
Villa Aurea. E’ uno dei più antichi templi dorici della Sicilia e sicuramente
il più antico dei templi agrigentini, anteriore perfino a quello di Giove
Polieo, che ornava l’Acropoli. Il Tempio di Eracle/Ercole è famosissimo nella
storia agrigentina, per I'imponenza delle sue proporzioni e per le ricchezze
che lo adornavano. Fra queste si ricordano la celebre Alcmena dipinta da Zeusi,
e la statua in bronzo di Eracle/Ercole, che invano Verre – al dire di Cicerone
– tentò di rapire, per fonderla e farne moneta, com'era suo costume. Della
struttura originaria si conservano otto colonne del lato sud-ovest, rialzate
nel 1924. Come quasi tutti i primitivi templi dorici, anche questo era
periptero-esastilo-hipetras, cioè a colonnati e scoperto, ma aveva quindici
colonne, anziché quattordici, sui lati lunghi. Le rovine della cella mostrano
chiaramente che la sua distruzione fu causata da un terremoto. Il Tempio
misurava in lunghezza metri 73,42 e in larghezza metri 27,56, con colonne alte
più di dieci metri. Si nota la presenza, tra il pronao e la cella, di torri
scalarie per l’accesso al tetto, caratteristica poi di tutti i templi edificati
ad Akràgas, e in Sicilia. In epoca romana, la parte occidentale della cella fu
tripartita, forse perché l’edificio fu destinato al culto di una Triade Divina.
sabato 15 settembre 2018
Castello di Meleto,
comune di Gaiole in Chianti, provincia di Siena regione Toscana. Situato su
una collina che domina la valle del Massellone, a 2 km da Gaiole in Chianti, lo
storico ed elegante Castello Di Meleto offre camere e appartamenti con arredi
in stile toscano. Nel cuore del Chianti, tra Siena e Firenze, sorge il Castello
di Meleto, una dimora storica imponente, un'azienda agricola che produce vino
prelibato ma, soprattutto, un luogo incantato dove regalarsi momenti
indimenticabili tra passato e presente. Oggi agriturismo di grande charme, il
Castello di Meleto domina la valle del torrente Massellone. La costruzione
risale, nelle sue parti più antiche, all'anno Mille. Il Castello apparteneva ai
Monaci Benedettini e successivamente è diventato di proprietà della Famiglia
Ricasoli che dopo esserne entrata in possesso nel 1200, ha ampliato la
costruzione nel 1700 e l'ha trasformata in una splendida residenza di campagna.
Dal 1968 la proprietà è della Viticola Toscana Spa, un'azienda agricola con
splendidi vigneti specializzati nella produzione del vino Chianti Classico
DOCG. Il castello è circondato da sei belle case coloniche, ristrutturate
accuratamente nel 2000, mantenendo inalterato lo stile rustico toscano ed
utilizzate per agriturismo. Ogni casa dispone di giardino privato o terrazza e
si affaccia direttamente sulla campagna, immersa nel verde dei vigneti e
oliveti. Tra un assaggio di buon vino e uno della cucina tipica, è bello
rilassarsi in una delle due splendide piscine e lasciarsi inebriare dai profumi
delle viti e degli ulivi, dei ginepri e delle ginestre. Nei sotterranei del
Castello, vero monumento storico, un'affascinante enoteca permette di degustare
i vini, l'olio extravergine di oliva biologico e i salumi di Cinta Senese
provenienti dall'allevamento allo stato brado. E' possibile organizzare al
Castello banchetti in stile rinascimentale e medievale nella suggestiva cornice
delle sale affrescate. Inoltre, tutti i giorni sono possibili visite guidate
del piano nobile del Castello, del teatrino settecentesco, dei sotterranei con
le antiche cantine, prigioni e vie di fuga, per vivere a 360° un'esperienza
unica e indimenticabile in un vero Castello del Chianti. Il Castello con la sua
atmosfera magica e i suoi mille passaggi segreti è inoltre, una location particolarmente
suggestiva per matrimoni da favola. Gli sposi potranno scambiarsi le loro
promesse eterne circondati da uno charme unico e con un banchetto fiabesco, un
vero salto indietro nel tempo. A loro disposizione per la prima notte di nozze,
come gentile omaggio del Castello di Meleto, la camera Virginia nel Piano
Nobile li accoglierà per una indimenticabile prima notte per nozze da favola
nel cuore del Chianti.
Perugia capoluogo dell’omonima provincia della regione Umbria. Nobile Collegio del Cambio, Corso Vannucci, 25.
Perugia
capoluogo dell’omonima provincia della regione Umbria. Nobile Collegio del
Cambio, Corso Vannucci, 25. Antica sede della corporazione dei cambiatori di moneta.
L’Arte del Cambio trovò sede nei fondachi di Palazzo dei Priori tra il
1452 ed il 1457. Si accede dalla Sala dei Legisti, dove si trovano dei banconi
intagliati e intarsiati da Giampiero Zuccari (1615-1621), passando attraverso
la Sala delle Udienze, destinata alle riunioni e al ricevimento del pubblico.
Gli arredi lignei intagliati sono di Antonio da Mercatello e Domenico del Tasso
(1490-1501). Le pareti ospitano un ciclo di affreschi tra i più grandi esempi
di arte rinascimentale, realizzati da Pietro Vannucci detto il Perugino (e
aiuti) tra il 1498 e il 1500, ispirati a un programma iconografico in sintonia
con le tendenze filosofiche neoplatoniche. Questi affreschi sono stati definiti
da Edith Wharton, nel suo La decorazione della casa, come uno dei "tre
soffitti perfetti del mondo" insieme a quelli del Mantegna a Mantova e
dell'Araldi a Parma. Completa l’opera l’autoritratto del Perugino posto in una
finta cornice. Adiacente alla sala è la Cappella di San Giovanni Battista con
dipinti di Giannicola di Paolo, allievo del Perugino (1513-1528) ricca in
lapislazzuli e oro.
venerdì 14 settembre 2018
Cagliari capoluogo della Regione Sardegna. Cattedrale di Santa Maria.
Cagliari capoluogo della Regione
Sardegna. Cattedrale di Santa Maria. Costruita nel XIII sec. in stile romanico-pisano, subì
nel corso dei secoli varie trasformazioni in stile gotico, barocco e
neoromanico. L'interno della chiesa, con pianta a croce latina, si presenta a
tre navate con transetto e cappelle laterali. Nel braccio destro, all'interno
della cappella aragonese, è custodita una preziosa reliquia: una spina che si
vuole appartenesse alla corona di Gesù, che giunse a Cagliari nel 1527 insieme
ad altre reliquie ed opere d'arte trafugate da varie chiese di Roma e dallo
stesso appartamento pontificio. Poco prima di giungere in porto, la nave si
imbatté in una tempesta, e chi era a conoscenza della presenza del prezioso
carico, spinto forse dalla convinzione che la tempesta fosse espressione della
collera divina per i furti sacrileghi, confessò il fatto ad alcuni religiosi
presenti sulla nave, che giunti a Cagliari informarono l'arcivescovo
dell'accaduto. Il papa Clemente VII, venuto a conoscenza dei fatti, decise
comunque di lasciare in dono alla Cattedrale di Cagliari alcune reliquie, tra
cui la Sacra Spina e un trittico fiammingo del XV secolo attribuito al pittore
Rogier Van der Weyden; entrambi vengono esposti durante la festa
dell'Assunzione.
giovedì 13 settembre 2018
Viareggio, provincia di Lucca in Toscana. Chiesa di Sant'Andrea, via Sant’Andrea 55. La chiesa di Sant'Andrea si trova nella parte vecchia di Viareggio, in via Sant'Andrea 55. Nel 1836 il Duca di Lucca Carlo Ludovico di Borbone decretò la costruzione di una nuova parrocchia a Viareggio, che venne dedicata a Sant'Andrea. Nel 1839 la parrocchia venne assegnata ai Servi di Maria; l'anno successivo Papa Gregorio XVI emanava un breve pontificio con il quale assegnava in perpetuo la chiesa e la parrocchia ai Serviti. L'edificio venne costruito insieme all'annessa canonica nel 1842 su disegno dell'ingegnere Michele Cervelli di Lucca. In quell'anno l'arcivescovo di Lucca Gian Domenico Stefanelli emanò il decreto per istituire la nuova parrocchia scorporando da quella della chiesa di Sant'Antonio. L'ingegnere Cervelli, nella spoglia composizione dell'edificio, improntata al severo classicismo della Restaurazione, realizzò perfettamente un linguaggio architettonico decoroso e funzionale a un tempo: quel linguaggio che nelle intenzioni della committenza pubblica doveva contraddistinguere l'edilizia di neonato centro marittimo di Viareggio. All'interno della chiesa si trovano interessanti opere d'arte e numerose reliquie. Qui operò ed è sepolto sant'Antonio Maria Pucci. Nel giugno del 1963 è stata elevata alla dignità di basilica minore.
Viareggio, provincia
di Lucca in Toscana. Chiesa di Sant'Andrea, via Sant’Andrea 55. La chiesa
di Sant'Andrea si trova nella parte vecchia di Viareggio, in via Sant'Andrea
55. Nel 1836 il Duca di Lucca Carlo Ludovico di Borbone decretò la costruzione
di una nuova parrocchia a Viareggio, che venne dedicata a Sant'Andrea. Nel 1839
la parrocchia venne assegnata ai Servi di Maria; l'anno successivo Papa Gregorio
XVI emanava un breve pontificio con il quale assegnava in perpetuo la chiesa e
la parrocchia ai Serviti. L'edificio venne costruito insieme all'annessa
canonica nel 1842 su disegno dell'ingegnere Michele Cervelli di Lucca. In
quell'anno l'arcivescovo di Lucca Gian Domenico Stefanelli emanò il decreto per
istituire la nuova parrocchia scorporando da quella della chiesa di
Sant'Antonio. L'ingegnere Cervelli, nella spoglia composizione dell'edificio,
improntata al severo classicismo della Restaurazione, realizzò perfettamente un
linguaggio architettonico decoroso e funzionale a un tempo: quel linguaggio che
nelle intenzioni della committenza pubblica doveva contraddistinguere
l'edilizia di neonato centro marittimo di Viareggio. All'interno della chiesa
si trovano interessanti opere d'arte e numerose reliquie. Qui operò ed è sepolto
sant'Antonio Maria Pucci. Nel giugno del 1963 è stata elevata alla dignità di
basilica minore.
mercoledì 12 settembre 2018
Savona capoluogo della provincia omonima della Liguria. La torre del Brandale.
Savona capoluogo della provincia omonima della Liguria. La
torre del Brandale. Si trova nell'area antistante la
parte più antica del porto di Savona, come le torri Corsi e Guarnieri, i resti
di una loggia privata e il Palazzo degli Anziani. Quest'ultimo risale al XIV
secolo, mentre le torri sono tutte riferibili al XII secolo. Sembra che fosse
la principale delle cinquanta torri della città sulla cima delle quali venivano
accesi fuochi, con la funzione di fari; il nome "Brandale" può
infatti derivare da "Brand", corrispondente a "luce, falò",
oppure dalla famiglia Aldobrandeschi. Nella torre, acquistata dal Comune nel
1305, è stata installata la prima campana per richiamare il popolo a
Parlamento, nel 1349. La torre è stata abbassata, nel XVI secolo, e rialzata
nel 1931. In quest'occasione, con una sottoscrizione popolare è stata
acquistata la nuova campana. La torre ha un basamento ad arcate aperte ed è
oggi alta quasi cinquanta metri. Sul primo cornicione si trovano i dodici stemmi
in ceramica delle signorie che si sono avvicendate al comando della citta dal
XII secolo. Dalla torre si accede al Palazzo degli Anziani, che costituisce,
proprio assieme alla torre, una sorta di museo lapidario con resti di affreschi
medievali, iscrizioni, rilievi marmorei, fregi che provengono da distrutti
edifici del centro storico e che risalgono a un periodo compreso tra il XIV e
il XIX secolo. Il nucleo iniziale delle collezioni è stato ordinato da Poggio
Poggi negli anni Trenta del Novecento. Completano la raccolta statuine
presepiali di pastori, mentre nell'atrio è custodita anche la parte superiore
della campana civica del 1669.
lunedì 10 settembre 2018
Lucca, capoluogo di provincia della regione Toscana. Chiesa di San Michele in Foro ( Piazza San Michele).
Lucca, capoluogo di
provincia della regione Toscana. Chiesa di San Michele in Foro ( Piazza San
Michele). A completare
il nome della chiesa di San Michele è proprio il luogo in cui fu edificata: il
foro, prima centro della vita pubblica, nell'antichità, e poi cuore pulsante
della città Comunale. Su questa piazza sorse il Palatium Civitatis, il Palazzo
Pubblico, ora scomparso, costruito proprio accanto alla chiesa e poi trasferito
nella Fortezza dell'Augusta. La piazza fu lastricata per la prima volta quando
nel '400 vi fu costruito il Palazzo Pretorio, ma fra '600 e '700 fu innalzato
il piano stradale, venne pavimentata e chiusa da colonnine con catenelle. Le
case che delimitano il perimetro della piazza sono tipicamente medievali e da
più di ottocento anni stanno lì ad osservare placidamente la vita che scorre
nel cuore della città. La chiesa di San Michele, di cui le fonti parlano per la
prima volta nel 795, fu edificata proprio qui. Eretta in un luogo centrale, ma
obliqua rispetto alla piazza, come molte altre chiese di Lucca, spicca in uno
spazio enorme in cui il cielo si apre finalmente dopo il rincorrersi di anguste
e tortuose vie medievali, come una meta finalmente raggiunta: tale era per i pellegrini
che passavano per la città percorrendo la Francigena. Si fermavano a San Michele per rifocillarsi, cogliendo l'occasione per
venerare loro illustri compagni di viaggio, come San Davino, un pellegrino
Armeno in viaggio verso Santiago de Compostela, che morì proprio mentre faceva
tappa a Lucca e il cui corpo si diceva avesse acquistato poteri taumaturgici
dopo la morte. Furono varie le vicende della
chiesa di San Michele: cambiò amministrazione più volte prima di divenire
privilegio della famiglia Gigli, che contribuì a rinnovarne sia le strutture
che le suppellettili. La chiesa, così come appare oggi,
frutto della ricostruzione di XI secolo voluta da papa Alessandro, è un
palinsesto delle vicende della città: nella sua architettura pisano-lucchese si
fondono romanico e gotico, ricordi di età classica e misteriose figure tratte
dai bestiari medievali che si affollano sulla facciata dal XII secolo. Nel cantiere di San Michele, fra XIII e XIV secolo lavorarono a Lucca
illustri architetti e probabilmente, nonostante lo si deduca solo dallo stile
delle decorazioni in facciata, anche Diotisalvi, l'autore del Battistero di
Pisa. L'intento originario del progetto era quello di innalzare la chiesa, ma
si riuscì solo a creare la facciata, altissima, visibile oggi come una
scenografia che si staglia contro il cielo. Fu in questo
periodo che vennero create, dalla scuola di Guidetto da Como, che lavorò anche
per il Duomo di San Martino, le caratteristiche "loggette", decorate
con l'uso di marmi policromi, che iniziano a parlare del gotico e che sono
ovviamente influenzate dallo stile lombardo. Infine, nel
punto più alto, fu aggiunta la grande statua di San Michele Arcangelo che
abbatte il drago, con ali metalliche e due angeli con la funzione di guglie
tipicamente gotiche per rendere la chiesa, che già svettava isolata, ancora più
protesa verso l'alto.
domenica 9 settembre 2018
Torino capoluogo della regione Piemonte. Monumento al cavaliere d’Italia, piazza castello.
Torino
capoluogo della regione Piemonte. Monumento al cavaliere d’Italia, piazza
castello. Per ricordare e onorare il valore dell’Arma, nel 1922
a Roma si istituì il Comitato generale per le onoranze ai Cavalieri d’Italia
con l’intento di elevare un monumento equestre. Pochi giorni dopo il comitato,
presieduto dal Re e dal senatore Filippo Colonna, propose alla Città di Torino
di collocare l’opera in piazza Castello, dove era già ricordato il soldato
dell’Esercito Sardo; questa proposta venne accolta con orgoglio ed onore dalla Giunta
e dal Consiglio Comunale. La realizzazione del monumento venne affidata a
Pietro Canonica che si offrì di lavorare gratuitamente, mentre il bronzo
(materiale utilizzato per la costruzione dell’opera) fu offerto dal Ministero
della Guerra. Il monumento venne inaugurato, alla presenza di Re Vittorio Emanuele III,
il 21 maggio del 1923, con una carosello storico, parate dei militari e delle
associazioni. Nel 1937, per fare spazio all’opera dedicata ad Emanuele
Filiberto Duca d’Aosta, la statua venne spostata sul lato destro di Palazzo
Madama, dove è situata ancora oggi. Il
monumento equestre ritrae un militare dell’Arma della Cavalleria con le redini
in una mano e uno stendardo nell'altra. Eseguita da Pietro Canonica (1869-1959)
nel 1923, l'opera fu solennemente inaugurata nello stesso anno alla presenza
delle autorità, e poi spostata nella sua attuale posizione nel 1937. Il monumento rappresenta un soldato a cavallo su un piedistallo di granito,
che poggia su un basamento a gradoni. Il cavaliere dall’aria vigile, scruta
l’orizzonte volgendo lo sguardo alla sua destra mentre con il fucile in spalla,
con una mano tiene le redini e con l’altra uno stendardo; la posa del destriero
e del suo cavaliere è rilassata, lontana dalle immagini stereotipate di nobili
cavalieri che caricano al galoppo. Di contorno al basamento vi sono una serie
di alto rilievi con fregi militari. Con il termine Cavalleria si è soliti
indicare le unità militari montate a cavallo. Essa ebbe origini molto antiche,
venne infatti da sempre impiegata per l’esplorazione dei territori, per azioni
in battaglia dove venisse richiesta molta mobilità e velocità nell’attacco e fu
anche strategicamente determinante in alcune battaglie. In seguito cominciò ad
evidenziare i suoi limiti con il perfezionamento delle armi da fuoco e
l’avvento dei treni e degli autoveicoli.
sabato 8 settembre 2018
Bergamo,
Capoluogo della omonima provincia, della regione Lombardia. Basilica di Santa
Maria Maggiore, Piazza Duomo. E’ l’edificio sacro che, più
d’ogni altro, i padri della Chiesa vollero fosse come una Biblia Pauperum, una
Bibbia dei poveri, un luogo in cui, chiunque, potesse comprendere attraverso
l’arte il significato della parola di Dio, i contenuti spirituali della
letteratura sacra. La Basilica di Santa Maria Maggiore, definita “Cappella
votiva della città”, è formata da un
insieme di stili e d’arti eterogenee, dei periodi compresi fra il XII e il XIX
secolo, dove, temi religiosi convivono con presenze di matrice pagana o laica.
In questa chiesa tutto ciò che vedete ha una funzione didattica, tutte le immagini
e tutti i capolavori artistici hanno lo scopo di stimolare il visitatore a
ricercare in quella dimensione spirituale che dimora in ognuno di noi. La
storia racconta che, nel 1133, una forte siccità colpì le terre bergamasche e
che a questa seguì una carestia e la peste. La popolazione di Bergamo,
stremata, invocò l’aiuto della Maria Vergine e promise la costruzione di una
bellissima chiesa in segno di ringraziamento. Nel 1137, davanti al vescovo
Gregorio e a tutta la cittadinanza, fu posata la prima pietra della Basilica di
Santa Maria Maggiore. Mentre l’esterno della chiesa ha conservato l’originale
architettura romanica, l’interno ha subito, nel tempo, notevoli cambiamenti: la
Basilica ha un tiburio ottagonale e pianta a croce greca arricchita, in origine,
da 5 absidi: una grande centrale e quattro piccole ai lati del transetto. Nel
1472 però l’absidiola di nord-ovest fu abbattuta per ordine di Bartolomeo
Colleoni, che in quel luogo fece costruire la propria cappella funeraria. La
CAPPELLA DEL VOTO, fu la prima ad essere interessata dai lavori decorativi che
mutarono radicalmente l’interno della chiesa a partire dalla prima metà del
Cinquecento. Dall’austero stile Romanico, si passò all’ornamentale Barocco,
che, oggi ammiriamo. La Cappella ospita La Madonna col Bambino, San Rocco e San
Sebastiano, un pala d’altare del 1584 opera di Gian Paolo Lolmo. Il quadro fu
commissionato, dal Consiglio della Misericordia, per rispettare il solenne voto
popolare. La Vergine, con in braccio il Bambino Gesù, appare seduta all’interno
di un’aura luminosa, tra nubi abitate da cherubini.In basso San Rocco e San
Sebastiano supplicano la Vergine di guarire i fedeli dalla peste. Per
concludere la sua opera, Gian Paolo Lolmo, dipinse sullo sfondo il profilo
della città protetta dalle mura venete.
venerdì 7 settembre 2018
Catania capoluogo di provincia della regione Sicilia. Convitto, liceo e collegio Cutelli, via Vittorio Emanuele n° 56 .
Catania capoluogo di
provincia della regione Sicilia. Convitto, liceo e collegio Cutelli, via
Vittorio Emanuele n° 56 . Il convitto Cutelli, progettato da Francesco Battaglia e
Gian Battista Vaccarini su commissione di Mario Cutelli, è un nuovo esempio di
grande architettura settecentesca (1761). Si ha ragione di credere che nel 1756
Vaccarini si recasse a Napoli per scegliere i marmi destinati alla cappella del
Palazzo Reale di Caserta, e forse in questa visita prese conoscenza del nuovo e
più classico stile che il Vanvitelli e il Fuga andavano introducendo a Napoli.
Comunque le sue ultime opere, come il Collegio Cutelli e la Badia piccola di
San Benedetto, tradiscono la loro influenza. Nel Collegio Cutelli su via
Vittorio Emanuele, imboccato l’ingresso e superato il breve atrio coperto, si
raggiunge la corte, elemento di maggior spicco dell’intero edificio. Il piano
terra è definito da un portico circolare costituto da sedici archi a tutto
sesto, sostenuti da altrettanti pilastri cruciformi, composti da una sezione
trapezoidale con delle semicolonne appoggiate. Il dorico romano che
caratterizza la trabeazione circolare dell’atrio interno del Collegio Cutelli è
severo e monumentale come quello dell’atrio di Caserta, ma la pianta rotonda
del cortile impedisce all’insieme di essere troppo solenne. Sull’asse del
Collegio, di fronte all’ingresso, sorge uno scalone imponente, racchiuso in un
rettangolo dai vertici absidati. Esso porta iscritta la data 1779, undici anni
dopo la morte del Vaccarini, e deve quindi essere stato costruito da un suo
allievo. Ma molto probabilmente si basa su un disegno dello stesso architetto e
si accorda perfettamente con la sua ultima maniera,
più severa e classicheggiante. I pilastri della corte sostengono una lunga
balconata continua, anch’essa circolare, profonda quanto il portico
sottostante, con otto aperture di accesso. La parete del primo piano è
costituita da sedici moduli che richiamano le scansione del piano terreno con
grandi balconi alternati a finestroni, tutti decorati con elaborate
architetture in pietra bianca di Siracusa. Sopra la balconata del primo piano,
è presente un attico sagomato come una corona, decorato con vasi e conchiglie,
nella tradizione dei chiostri e dei cortili interni catanesi. Solo in piccola
parte l’edificio è dotato di un secondo piano, destinato alle abitazioni del
Rettore e del Vicerettore e ai vani ad esse annessi. Un solo dettaglio in tutto
il complesso mostra le tendenze barocche del Vaccarini: il pavimento a disegni
a raggiera in pietra bianca e lava, anche più gaio e leggero di quello del
Collegio dei Gesuiti.
giovedì 6 settembre 2018
Loreto provincia di Ancona, regione Marche. Basilica della Santa Casa.
Loreto provincia di
Ancona, regione Marche. Basilica della Santa Casa. Entrando nella Piazza della Madonna di Loreto rimarrete
estasiati da una delle piazze più belle, sicuramente, delle Marche. La Basilica
è stata realizzata dal 1468 alla metà del ‘700 e “il tempo impiegato per
l’erezione e i diversi artisti che vi hanno lavorato hanno privato l’edificio
di unità stilistica, compensata però dal pittoresco, imponente effetto
dell’insieme.” Gli artisti sono del calibro di Marino di Marco Cedrino,
Giuliano da Maiano, Baccio Pontelli, Giuliano da Sangallo, Francesco di Giorgio
Martini, Bramante, Andrea Sansovino, Antonio da Sangallo il Giovane. Per non
parlare degli affreschi all’interno: anche lì sarete rapiti nel guardare le
minuziose opere che hanno realizzato i pittori delle diverse epoche storiche,
tra i quali possiamo citare il Pomarancio o Maccari, per dirne alcuni. "La
Santa Casa di Loreto è il primo Santuario di portata internazionale dedicato
alla Vergine e vero cuore mariano della cristianità" (Giovanni Paolo lI).
Il Santuario di Loreto conserva infatti, secondo un'antica tradizione, oggi
comprovata dalle ricerche storiche e archeologiche, la casa nazaretana della
Madonna. La dimora terrena di Maria a Nazaret era costituita da due parti: da
una Grotta scavata nella roccia, tuttora venerata nella basilica
dell'Annunciazione a Nazaret, e da una camera in muratura antistante, composta
da tre pareti di pietre poste a chiusura della grotta. Secondo la tradizione,
nel 1291, quando i crociati furono espulsi definitivamente dalla Palestina, le
pareti in muratura della casa della Madonna furono trasportate "per
ministero angelico", prima in Illiria (a Tersatto, nell'odierna Croazia) e
poi nel territorio di Loreto (10 dicembre 1294). Oggi, in base a nuove
indicazioni documentali, ai risultati degli scavi archeologici a Nazaret e nel
sottosuolo della Santa Casa (1962-65) e a studi filologici e iconografici, si
va sempre più confermando l'ipotesi secondo cui le pietre della Santa Casa sono
state trasportate a Loreto su nave, per iniziativa della nobile famiglia
Angeli, che regnava sull'Epiro. Infatti, un documento del settembre 1294,
scoperto di recente, attesta che Niceforo Angeli, despota dell'Epiro, nel dare
la propria figlia Ithamar in sposa a Filippo di Taranto, quartogenito di Carlo
II d'Angiò, re di Napoli, trasmise a lui una serie di beni dotali, fra i quali
compaiono con spiccata evidenza: "le sante pietre portate via dalla Casa
della Nostra Signora la Vergine Madre di Dio". Murate tra le pietre della
Santa Casa sono state trovate cinque croci di stoffa rossa di crociati o, più
probabilmente, di cavalieri di un ordine militare che nel medioevo difendevano
i luoghi santi e le reliquie. Vi sono stati trovati anche alcuni resti di un
uovo di struzzo, il quale subito richiama la Palestina e una simbologia
riferentesi al mistero dell'Incarnazione. La Santa Casa inoltre, per la sua
struttura e per il materiale in pietra non reperibile in zona, è un manufatto
estraneo alla cultura e agli usi edilizi marchigiani. D'altra parte i raffronti
tecnici della Santa Casa con la Grotta di Nazaret hanno messo in luce la
coesistenza e la contiguità delle due parti. A conferma della tradizione è di
grande importanza un recente studio sul modo in cui sono lavorate le pietre,
cioè secondo l'uso dei Nabatei, diffuso nella Galilea ai tempi di Gesù. Di
grande interesse risultano anche numerosi graffiti incisi sulle pietre della
Santa Casa, giudicati dagli esperti di chiara origine giudeo-cristiana e assai
simili a quelli riscontrati a Nazaret. La Santa Casa, nel suo nucleo originario
è costituita solo da tre pareti perché la parte orientale, ove sorge l'altare,
era aperta verso la Grotta. Le tre pareti originarie - senza fondamenta proprie
e poggianti su un'antica via - si innalzano da terra per tre metri appena. Il
materiale sovrastante, costituito da mattoni locali, è stato aggiunto in
seguito, compresa la volta (1536), per rendere l'ambiente più adatto al culto.
Il rivestimento marmoreo, che avvolge le pareti della Santa Casa, fu voluto da
Giulio II e fu realizzato su disegno del Bramante (1507 c). da rinomati artisti
del Rinascimento italiano. La statua della Vergine col Bambino, in legno di
cedro del Libano, sostituisce quella del sec. XIV, distrutta da un incendio nel
1921. Grandi artisti si sono succeduti lungo i secoli per abbellire il
Santuario la cui fama si è diffusa rapidamente in tutto il mondo divenendo meta
privilegiata di milioni di pellegrini. L'insigne reliquia della Santa Casa di
Maria è per il pellegrino occasione e invito per meditare gli alti messaggi
teologici e spirituali legati al mistero dell'Incarnazione e all'annuncio della
Salvezza.
mercoledì 5 settembre 2018
Bagno Vignoni è una piccolissima frazione di San Quirico d’Orcia in provincia di Siena, regione Toscana.
Bagno
Vignoni è una piccolissima frazione di San Quirico d’Orcia in provincia di
Siena, regione Toscana. Bagno
Vignoni è un piccolo e straordinario borgo nel cuore della Val d’Orcia, tra le
verdi colline di Siena. Questo luogo deve la sua fama alla piazza d’acqua
alimentata da una sorgente. L’acqua che sgorga dalla fonte a 1000 metri di
profondità, risale in superficie e viene raccolta nella piazza del paese. La
temperatura dell’acqua, fissa a 52° gradi, crea straordinari effetti
scenografici soprattutto d’inverno, quando entra in contatto con l’aria fredda.
E poi tutto intorno, case in pietra, balconi fioriti, piazzette, botteghe di
artisti e artigiani, creano uno straordinario insieme architettonico che rende
Bagno Vignoni uno dei borghi più belli del mondo. L’acqua che della
piazza viene incanalata in viottoli che percorrono l’intera città.
Fiumiciattoli di acqua fumante disegnano sinuosi sentieri nei quali è possibile
immergere mani e piedi per provare sulla propria pelle l’inebriante giovamento
dell’acqua termale. Nonostante la zona dei ruscelletti sia molto frequentata,
si riesce sempre a trovare un posto dove sedersi. I ruscelletti concludono la
loro strada sulla rupe su cui è poggiata Bagno Vignoni, cascando verso la parte
bassa della città e finendo in un’altra vasca, all’interno della quale è
possibile fare il bagno. In passato, questo naturale dislivello della zona,
veniva sfruttato per attivare i mulini presenti nella zona. L’antica storia
delle terme di Bagno Vignoni è testimoniata dagli illustri ospiti che l’hanno
amata. Prima di tutti, Lorenzo de Medici, detto “Il Magnifico”, uomo di grande
cultura umanistica e abilità politica, che gli permise di governare Firenze
accrescendo sempre più il prestigio e la forza della sua città. Era solito
ritirarsi alle terme di Bagno Vignoni per curarsi e studiare, abbracciato dalle
verdi colline che tanto amava. Un’altra illustre personalità del passato amava
ritirarsi alle terme di Bagno Vignoni. Si tratta di Santa Caterina da Siena
che, molto spesso, si recava in questi posti per raccogliersi in preghiera
solitaria. Il loggiato costruito sulla vasca fu dedicato proprio a lei, come
testimonianza del legame della Santa con questo luogo. Anche Papa
Pio II (Enea Silvio Piccolomini) nato nella vicina Corsignano, su cui fondò
Pienza, uno dei più mirabili esempi di urbanistica rinascimentale) e altri
personaggi che la sceglievano come sede di villeggiatura e riposo. Le ipotesi
sull'etimologia del nome si sprecano, anche se il nome riguarda comunque
qualcosa che ha avuto a che fare con i francesi.
martedì 4 settembre 2018
Abbazia di San Lorenzo a Coltibuono in Chianti, Loc. Badia a Coltibuono, Gaiole In Chianti, provincia di Siena, regione Toscana.
Abbazia di
San Lorenzo a Coltibuono in Chianti, Loc. Badia a Coltibuono, Gaiole In Chianti,
provincia di Siena, regione Toscana. Siamo in Chianti nelle vicinanze di Montegrossi, dove nel 770 il
fiorentino Geremia de' Firidolfi costruì il nucleo primigenio di quello che fu
l'Abbazia di San Lorenzo a Coltibuono (oggi badia). La chiesa di Coltibuono,
dedicata a San Lorenzo, fu fondata, secondo la leggenda, da Geremia dei
Firidolfi. Esisteva già nel X secolo ed é sempre stata legata alla famiglia dei
Firidolfi, che nel 1049 vi istituì una comunità di canonici regolari sotto il suo
patronato. Coltibuono, trasformato in monastero, si arrricchì con un cospicuo
patrimonio immobiliare, come testimoniato da numerose carte del convento e dal
1095 fu inserito nella congregazione di Vallombrosa; nel 1160 Ugo Ricasoli fece
costruire il campanile della chiesa. Dopo il 1239, anno in cui l'abbazia fu
presa sotto la protezione di Firenze, iniziò un lungo periodo di decadenza. Nel
XV secolo la crisi di Coltibuono si accentuò e, secondo l'uso del tempo, il patrimonio
ecclesiastico fu amministrato da laici tramite un commenda. Alla fine del 1400
Lorenzo il Magnifico, nonostante le resistenze dei patroni Ricasoli, ottenne
per il figlio Giovanni, futuro papa Leone X, la commenda di San Lorenzo a
Coltibuono. Con la cacciata dei Medici e l'elezione di papa Alessandro VI, i
Ricasoli sperarono di recuperare il privilegio, ma nel 1502 l'abate di
Vallombrosa, appoggiato dalla repubblica fiorentina, riuscì ad espellerli
definitivamente riconoscendo all'antica casata solo uno "Jus
Honorificum". Successivamente l'Abbazia fu donata a San Giovanni Gualberto
passando sotto i possedimenti dell'Ordine Vallombrosiano. La chiesa ha
pianta a croce latina con abside semicircolare. Il campanile merlato fu
costruito nel 1160. La navata conserva la falsa volta settecentesca mentre le
volte a botte dei bracci del transetto sono originali. All'interno della
chiesa sono presenti diversi affreschi e stucchi di origine settecentesca
(barocca). Nel 1810 in seguito al deleterio editto emesso da Napoleone, il
convento venne chiuso e trasformato in fattoria!, mentre la badia fu declassata
a semplice chiesa parrocchiale.
lunedì 3 settembre 2018
Palermo, capoluogo della regione Sicilia. Galleria d'Arte Moderna Empedocle Restivo, piazza Croce dei Vespri.
Palermo, capoluogo della regione Sicilia. Galleria d'Arte
Moderna Empedocle Restivo, piazza Croce dei Vespri. Complesso Monumentale di Sant’Anna la Misericordia (o
alla Misericordia o della Misericordia), che si erge nel cuore del centro
storico palermitano, su piazza Croce dei Vespri, delimitato a monte da piazza
Borsa e da via Roma, vicino all’antico mercato dei Lattarini. Il complesso,
formato dall’ex convento francescano della chiesa di Sant’Anna (meraviglioso
esempio di Barocco palermitano) e dall’attiguo palazzo Bonet, presenta ancora
oggi le caratteristiche dell’architettura residenziale di fine ’400, in stile
gotico-catalano, e di una residenza conventuale risalente al ‘600, costruita
attorno ad un magnifico chiostro con colonne di marmo e archi a tutto sesto,
con un bel portale d’ingresso di chiara origine manierista. Il magnifico
chiostro-porticato del convento, realizzato a partire dal XVII secolo, è a
pianta quadrata con una sequenza di ventotto archi per lato, che saltano
all’occhio per la loro bicromia conferitagli dal colore grigio della pietra di
Billiemi del plinto, utilizzata per le colonne e i capitelli, e dal giallo
dorato della pietra calcarenitica utilizzata per gli archi. Istituita nel 1910
per iniziativa di Empedocle Restivo, la galleria ha sede nel quattrocentesco complesso
monumentale di S. Anna, appena restaurato e sito nel cuore del centro storico
della città. La galleria, con il nuovo ordinamento scientifico delle
collezioni, mostra le sue opere d'arte in un viaggio che si snoda tra i temi
emergenti della cultura e della storia dell'Ottocento e del Novecento. Tra gli
artisti presenti, gli scultori Mario Rutelli, Domenico Trentacoste, Ettore
Ximenes; i pittori, Domenico Morelli, Francesco Lojacono, Ettore De Maria
Bergler, Franz von Stuck (Il Peccato), e ancora Carlo Carrà (Paesaggio) ,
Renato Guttuso (Autoritratto) , Felice Casorati (Gli scolari), Fausto
Pirandello, Mario Sironi.
domenica 2 settembre 2018
Roma, regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto.
Roma,
regione Lazio e capitale d’Italia. Chiesa dei santi Domenico e Sisto. La chiesa dei Ss. Domenico e Sisto
(papa Sisto II°, venne sorpreso nel cimitero, probabilmente quello di San
Callisto, mentre insegnava la parola divina e fu decapitato con sei dei sette
diaconi di Roma), situata in largo Angelicum ( prospetta sulla Via salita del
Grillo), s'innalza con la sua ampia e caratteristica scalinata a due rampe,
terminante in una terrazza ellittica, sull'area precedentemente occupata dalla
chiesa di "S. Maria a Magnanapoli". La chiesa, dedicata al fondatore
dell'Ordine dei Domenicani, S. Domenico, ed a papa S. Sisto II, fu costruita
per volere di Pio V, insieme all'annesso convento, a seguito delle insistenti
suppliche delle Suore Domenicane, desiderose di lasciare il monastero di S. Sisto
situato in un luogo infestato dalla malaria. Finalmente nel 1575 le Suore si
trasferirono in questa chiesa, anche se non ancora ultimata, denominata poi S. Sisto
Nuovo perché sostitutiva dell'abbandonata chiesa a sua volta detta S. Sisto
Vecchio. Gli artefici di quest'opera furono Giacomo Della Porta, Nicola
Torriani, Orazio Torriani e Vincenzo Della Greca, che terminò la facciata nel
1655. Questa, divisa in due ordini e spartita da lesene,
presenta un bel portale, inquadrato da due colonne e due lesene che sorreggono
un timpano spezzato, al centro del quale vi è posta un'Immagine della Madonna.
Sull'architrave del portale, invece, vi è posto lo stemma dei Domenicani: un
cane con una torcia accesa tra i denti. Il cane rappresenta la fedeltà al
messaggio evangelico dei Domenicani, mentre la fiaccola simboleggia la
diffusione della Parola di Dio tra i fedeli e gli infedeli. Il cane, inoltre, è
il simbolo per eccellenza dei Domenicani perché essi vennero soprannominati,
con un gioco di parole, "Domini canes", ovvero i "cani del
Signore", probabilmente per l'ardore dimostrato, nel corso della loro
storia, nel difendere il Messaggio di Dio, "azzannando" gli eretici.
Un bel finestrone centrale nell'ordine superiore e quattro nicchie con le
statue di S. Domenico, S. Sisto, S. Tommaso d'Aquino e S. Pietro completano la
facciata, conclusa da un grande timpano triangolare sormontato da una croce e
da una serie di candelabri marmorei. Lavori di ampliamento e di restauro
dell'intero complesso furono effettuati durante i pontificati di Gregorio XIII,
Urbano VIII ed Innocenzo X. Nel 1870 lo Stato Italiano confiscò parte del
convento e lo destinò inizialmente a sede della Corte dei Conti e poi del Fondo
per il Culto. Nel 1928 il Governo Italiano autorizzò il Collegio S. Tommaso
d'Aquino ad acquistare l'ex Convento dei Ss. Domenico e Sisto, nel quale, dopo
opportuni restauri ed ampliamenti ad opera dell'architetto Tullio Passarelli,
si insediò, nel 1932, il Pontificio Collegio dell'Angelicum, proveniente dalla
sede originaria presso S. Maria sopra Minerva.
sabato 1 settembre 2018
Rapallo è un comune della città metropolitana di Genova della regione Liguria. Basilica arci presbiteriale dei Santi Gervasio e Protasio.
Rapallo è un comune della città metropolitana di Genova
della regione Liguria. Basilica arci presbiteriale dei Santi Gervasio e
Protasio è situata nel cuore centro storico rapallese. Fu
edificata, in stile gotico-romanico, probabilmente in epoca medievale e una
targa al suo interno indica il 1118 come data della sua intitolazione, anche se
gli storici non sono concordi con questa datazione. Nel tempo fu
interessata da diversi rimaneggiamenti e modifiche, fino ai lavori di
ricostruzione tra il XVII e XVIII secolo che portarono alla cancellazione
del precedente aspetto architettonico gotico-romanico, facendole assumere
quello Settecentesco. Il campanile, alto e pendente, è del 1753 e nella seconda
metà dell'Ottocento vennero approntate ulteriori e sostanziali modifiche agli
interni e alla nuova facciata in stile neoclassico, dell'architetto Gio Batta
Olivieri. Nei primi anni del Novecento, grazie al nuovo arciprete monsignor
Cesare Boccoleri, ci fu la definitiva riedificazione della Basilica e la
costruzione della monumentale cupola, che terminò nel 1920. Anticamente
la parrocchia di Rapallo rivestiva grande importanza e la sua giurisdizione si
estendeva su un vasto territorio, dagli attuali comuni di Portofino fino a San
Pietro di Rovereto, sopra a Zoagli, e fino a Cicagna in val Fontana buona. Al
suo interno si tennero importanti riunioni popolari dove furono intraprese
decisioni della vita sociale, politica e religiosa della zona. Ancora oggi la
comunità parrocchiale rapallese è la più numerosa della diocesi di Chiavari con
circa 18.000 abitanti.
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